Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica dell’Ottava del Natale – S. Famiglia B

Lc 2,22-40; Gen 15,1-6; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19
1. Simeone è mosso dallo Spirito
Dobbiamo cercare un motivo degno del dono di Dio per spiegare come "Simeone, uomo santo e gradito a Dio", - cosí è scritto nel Vangelo, - "aspettando la consolazione di Israele, ottenne dallo Spirito Santo l`assicurazione che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo
del Signore" (Lc 2,25-26). Che gli giovò vedere Cristo? Gli fu forse soltanto promesso di vederlo, senza ritrarne alcun vantaggio, oppure tutto questo nasconde qualche dono degno di Dio, che il beato Simeone si era meritato e ricevette? "Una donna toccò l`orlo dell`abito di Gesú e fu risanata" (Lc 8,44). Se costei ha ricevuto un cosí grande dono per aver toccato l`estrema parte del suo abito, che cosa dobbiamo pensare sia accaduto a Simeone, "che accolse tra le sue braccia" il fanciullo e, tenendolo tra le braccia, gioiva e si allietava, rendendosi conto di portare il fanciullo che era venuto per liberare i prigionieri? Lui stesso stava per essere liberato dai vincoli del corpo, ed egli sapeva che nessuno poteva far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza della vita futura, se non colui che teneva in braccio.
Per questo dice, rivolgendosi a lui: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace" (Lc 2,29); infatti fin che io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli. Dobbiamo intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda tra le sue mani Gesú, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là dove desidera.
Considerate quante cose erano state preordinate in anticipo perché Simeone meritasse di tenere in braccio il Figlio di Dio. Dapprima aveva ricevuto l`assicurazione dallo Spirito Santo «che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore».
Non era poi venuto al tempio né per caso né semplicemente ma venne al tempio mosso dallo Spirito di Dio: "infatti tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio" (Rm 8,14). Lo Spirito Santo lo condusse dunque al tempio. Anche tu, se vuoi tenere in braccio Gesú e stringerlo tra le mani, se vuoi esser degno di essere liberato dalla prigione, dedica ogni tuo sforzo per essere condotto dallo Spirito e venire al tempio di Dio. Ecco, ora tu stai nel tempio del Signore Gesú, cioè nella sua Chiesa; questo è il tempio costruito di "pietre vive" (1Pt 2,5). Ma tu stai nel tempio del Signore quando la tua vita e i tuoi costumi sono quanto mai degni del nome che designa la Chiesa.
Se verrai al tempio mosso dallo Spirito, troverai il fanciullo Gesú, lo solleverai nelle tue braccia e dirai: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola" (Lc 2,29). Osserva nello stesso tempo che la pace si aggiunge allo scioglimento e alla liberazione. Non dice infatti Simeone: io voglio morire, ma aggiunge voglio morire «in pace». Anche al beato Abramo fu promessa la stessa cosa: "Quanto a te, andrai dai tuoi padri in pace, dopo aver vissuto in una felice vecchiaia" (Gen 15,15). Chi è che muore in pace, se non colui che possiede "la pace di Dio, pace che va al di là di ogni intelligenza e custodisce il cuore" (Fil 4,7) di chi la possiede? Chi se ne va da questo secolo in pace, se non colui che comprende che "Dio era in Cristo per riconciliare con sé il mondo" (2Cor 5,19), colui che non nutre inimicizia e rancore verso Dio, ma ha conseguito in sé, con le buone opere, la pienezza della pace e della concordia, e se ne va quindi in pace per raggiungere i santi padri, verso i quali se n`è andato anche Abramo?
Ma perché parlo dei patriarchi? Si tratta di raggiungere lo stesso capo e Signore dei patriarchi, Gesú, di cui è detto: "Meglio è morire ed essere con Cristo" (Fil 1,23). Possiede Gesú colui che osa dire: "Vivo, non piú io, ma vive Cristo in me" (Gal 2,20). Affinché dunque anche noi, qui presenti nel tempio, tenendo in braccio il Figlio di Dio e serrandolo tra le nostre mani, siamo degni di essere liberati e di partire verso una migliore vita, preghiamo Dio onnipotente, preghiamo lo stesso fanciullo Gesú, con il quale noi desideriamo parlare tenendolo in braccio, Gesú "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

(Origene, In Evang. Luc., 15, 1-5)

2. Simeone figura di chi aspetta il Signore

"Ed ecco a Gerusalemme c`era un uomo di nome Simeone uomo giusto e timorato, che aspettava la consolazione d`Israele" (Lc 2,25). Non soltanto dagli angeli e dai profeti, dai pastori e dai genitori, ma anche dai vecchi e dai giusti riceve testimonianza la nascita del Signore. Tutte le età, l`uno e l`altro sesso e gli eventi miracolosi rendono testimonianza: una vergine partorisce, una donna sterile ha un figlio, un muto parla, Elisabetta profetizza, il mago adora, il bambino chiuso nel seno materno salta per la gioia, una vedova rende grazie, un giusto è in attesa.
Era davvero un giusto, perché egli non attendeva nel suo interesse ma in quello del popolo. Per suo conto egli desiderava essere sciolto dai legami di questo corpo fragile; ma attendeva di vedere il Messia promesso: ben sapeva, infatti, che sarebbero stati «beati gli occhi» che lo avrebbero visto (cf. Lc 10,23).
"Ora" - disse - "lascia andare il tuo servo" (Lc 2,29). Vedi questo giusto, stretto quasi nel carcere del corpo, che desidera sciogliersene per cominciare a essere con Cristo, perché "sciogliersi ed essere con Cristo è molto meglio" (Fil 1,23). Ma colui che vuole essere liberato, venga a Gerusalemme, venga al tempio, attenda l`Unto del Signore, riceva nelle sue mani il Verbo di Dio e lo stringa fra le braccia della sua fede. Allora sarà liberato, e non vedrà piú la morte, egli che ha visto la vita.
Vedi quale eccezionale abbondanza di grazia diffonde su tutti la nascita del Signore, e come la profezia è negata agli increduli, ma non ai giusti (cf. 1Cor 14,22). Ecco che anche Simeone profetizza che il Signore Gesú Cristo è venuto per la rovina e per la risurrezione di molti, per fare tra i giusti e gli ingiusti la divisione secondo i meriti, e per darci, come giudice vero e equo, sia le pene sia i premi, a seconda delle nostre azioni.

(Ambrogio, Exp. in Luc., 2, 58-60)

3. I dolori di Maria

Questa donna ripiena di grazie che superano ogni misura naturale, i dolori, che non conobbe nel parto, li subí al tempo della passione, sentendosi lacerare tutta dal materno affetto e sentendosi trafitta come da spade, quando vedeva venir ucciso, come uno scellerato, colui ch`essa aveva conosciuto ch`era Dio, quando lo generò. Cosí dev`essere compresa la profezia: "La spada del dolore ti trafiggerà l`anima (Lc 2,35). Però la letizia della risurrezione, che cantava la divinità di colui ch`era morto nella carne, assorbí tutto il dolore.

(Giovanni Damasceno, De fide orthod., 4, 14)




lunedì 22 dicembre 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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