D. Gianni Mazzali SDB MESSA DI NATALE A MEZZANOTTE - 25 dicembre 2014

 25 dicembre 2014 |Natale del Signore - Anno B  | Omelia
"E fra mille anni la gente correrà a seimila chilometri l'ora su macchine a razzo superatomico e per fare che cosa? Per arrivare in fondo all'anno e rimanere a bocca aperta davanti allo stesso Bambinello di gesso che una di queste sere il compagno Peppone ha pitturato con pennellino" (Giovanni Guareschi, Natale del 1950).
Tre parole di salvezza nella notte
Lo stesso accade anche a noi, noi che siamo Chiesa, a cui,
alla conclusione di ogni anno, viene riproposto lo stesso mistero con gli stessi testi, ma con rinnovata fede e ferma convinzione.
La prima parola è racchiusa in un brano di Isaia, scritto 8 secoli prima di Cristo, in una terra da sempre teatro di conquiste, di lotte, di esilio, di sopraffazioni. Zabulon e Neftali sono i primi territori che l'esercito conquistatore del re assiro Tiglat Pileser III ha fatto propri nel piccole lembo della terra di Palestina, popolata di Aramei. Tempo di esilio, tempo di oscurità, di terrore, di sopraffazione.
Il profeta proietta sullo schermo della tenebra contemporanea, attorno alla figura di un figlio, di un principe, regalatoci da Dio la verità della salvezza come luce, gioia, liberazione. Quasi con un grido Isaia proclama il messaggio della grande luce, del bambino nato per noi, del dono di un figlio, del principe della pace.
Una seconda parola antica e sempre attuale è quella della lettera di Paolo a Tito, suo ambasciatore a Creta, scritta probabilmente da Roma, quando Paolo era prigioniero in catene ed attendeva il giudizio dell'imperatore, forse nel 60 d.C.
E' apparsa la grazia di Dio. Gesù è la grazia di Dio, l'amore di Dio Padre reso visibile palpabile in un uomo che è suo figlio, Gesù di Nazaret, il Salvatore. La salvezza che egli ci dona, che è a nostra disposizione, si realizza in un contesto di combattimento e di vittoria contro il male.
La terza parola ci viene dal Vangelo di Luca, scritto probabilmente nel 70 d.C. Nelle maglie della storia dei grandi, dei potenti, dell'impero di Roma di Cesare Augusto, dei suoi rappresentanti e luogotenenti si intreccia una piccola, insignificante storia familiare. Diviene storia di un popolo, epilogo di una lunga storia di salvezza. Domina l'annuncio degli angeli: Gesù, il bimbo avvolto in fasce, Gesù, è il Cristo Redentore.

Tre grandi parole quelle di Isaia, di Paolo e di Luca che indagano in un mistero antico, suprema novità dell'uomo e della storia.
Dio è venuto a noi in modo tale che d'ora in poi non gli è più possibile, senza il mondo e senza di noi, ritrovare l'espressione imponente della sua gloria. E' importante lasciarsi catturare dalla dolce forza di questo mistero e sconfiggere la superficialità, la banalità, la distrazione.

Una prima grande verità per noi uomini e donne, piccoli e grandi sopraffatti e distratti da tante cose, da tanto fare e tanto dire. Una carezza, un bacio sono apprezzati quando si sperimenta un profondo bisogno di amore. La gioia è concreta, quasi fisica, quando, dopo una esperienza di tenebra, di smarrimento, di abbandono, di solitudine si rivede la luce. Gesù Salvatore, il Bambino di Betlemme è la carezza, il bacio di un Dio che è uomo e capisce fino in fondo, anche nelle pieghe più nascoste, la nostra esistenza, la nostra carne, l'anelito del nostro spirito. Possiamo con sincerità offrire la nostra guancia, la nostra aridità, le nostre chiusure, la nostra autosufficienza, le nostre oscurità. Il mistero del Natale ci dice che Dio, in Gesù entra davvero nella nostra vita, si fa piccolo, perché in lui, siamo catturati dalla sua grandezza. Solo chi umilmente riconosce la propria oscurità può apprezzare il dono della luce. E' necessario essere piccoli, umili per entrare in questo mistero. L'umanità di Dio in Gesù è la garanzia, la forza del senso, del valore della nostra esperienza umana, della nostra vocazione alla vita, nonostante le sue contraddizioni.

Tre grandi doni

Possiamo trasformare le grandi parole della Scrittura in tre grandi prospettive di autentica umanità e di fede per vivere la salvezza che Gesù ci ha conquistato con il mistero dell'incarnazione.

La luce. Consentiamo a Gesù di fare piena luce nella nostra vita e nella vita del mondo, della nostra società, delle nostre istituzioni, della Chiesa. Luce per una cultura della vita, per una cultura dell'amore, del rispetto della terra che Dio stesso ci ha affidata. Per una cultura di impegno solidale per la giustizia, specie oggi con tanta precarietà, la povertà che si va allargando, un insostenibile tasso di disoccupazione, spesso tanta disperazione e rabbia. Abbiamo bisogno di una luce che da soli non siamo in gradi di produrre e scivoliamo verso la tenebra.

La gioia. Non la gioia fatua di circostanza che genera insoddisfazione, vuoto, insicurezza. La gioia che nasce dall'accettazione di sé, della propria persona, degli altri. Gioia che è umiltà, verità profonda di noi stessi e degli altri. Gioia che è abbandono. Gioia che nasce da una pace che viene dal profondo.

La salvezza. Gesù ci restituisce il significato più profondo della nostra umanità e questo significa essere salvi. Ritrovare il senso del vivere e del morire, del gioire e del soffrire. Vengono dilatati i nostri orizzonti e percepiamo che al male non è consentito di scrivere l'ultima parola.

Per capire, io devo ascoltare lui che mi dice:
"Per toccarmi, lasciate i vostri bisturi...
Per vedermi, lasciate i vostri sistemi di televisione...
Per sentire le pulsazioni del divino nel mondo, non
prendete strumenti di precisione...
Per leggere le Scritture, lasciate la critica...
Per gustarmi, lasciate la vostra sensibilità..."
                                                         (Pierre Mounier).

Notte di Natale: tempo silente di fede e di adorazione.

D. Gianni Mazzali SDB

Commenti

Post più popolari