dom Luigi Gioia " L'anima mia magnifica il Signore"

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2014)
Vangelo: Gv 1,6-8.19-28
La gioia e l'esultanza espresse da Maria in questo cantico fanno eco a quelle del profeta
Isaia della prima lettura. Io gioisco pienamente nel Signore, dice il profeta, come Maria
diceva: la mia anima magnifica il Signore, poi continua: La mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della

giustizia, come uno sposo si mette il diadema e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi
semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.
Il motivo di gioia sia del profeta Isaia che di Maria è una bellezza nuova di cui il Signore ci
riveste, espressa con l'immagine delle vesti nuove, di un mantello, di gioielli e di un
diadema. Questi simboleggiano la vera bellezza che il Signore ci dona, vale a dire la grazia.
Tra i tanti significati della parola "grazia" vi è appunto anche questo - essa può essere
tradotta con "bellezza". E questo significato della parola "grazia" appare ancora oggi in
diverse espressioni, come per esempio nell'appellativo "grazioso" che si dice ad esempio di
un viso. Un viso grazioso è un viso gradito, ben visto, ben accetto, bello.
La corrispondenza tra la parola grazia e la parola bellezza è espressa visivamente nella
differenza tra il viso di Eva prima e dopo il peccato nei famosi affreschi della cappella Sistina
di Michelangelo. Si vede prima Eva ai piedi di Adamo in quella che si dice sia una delle
immagini più belle di donna dipinte da Michelangelo. Ma poi immediatamente dopo l'albero
avvolto dal serpente, si vedono Adamo ed Eva dopo il peccato e il viso di Eva è contorto, già
abbruttito dalle conseguenze del peccato, già sgraziato.
Con il peccato perdiamo la bellezza che ci rende graditi, benvisti, accetti a Dio. Non siamo
più immagini che riflettono la sua bellezza, come eravamo stati creati, "a sua immagine".
Chiediamoci dunque in cosa consista questa bellezza nuova che ci dona il Signore. Dice il
profeta Isaia nel passaggio che abbiamo appena letto: mi ha rivestito delle vesti della
salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia. Questa bellezza, questa grazia che il
Signore ci dona, è quella della salvezza e della giustizia. La giustizia significa che siamo resi
giusti, che siamo, in un certo senso, "aggiustati", cioè riparati, restaurati. E' restaurata in noi
l'immagine di Dio. A causa della nostra unione con Gesù siamo di nuovo graditi a Dio,
accetti a Dio. Possiamo sentirci dire la frase stessa che il Padre rivolge a Gesù: Ecco il mio
figlio prediletto, - cioè il mio figlio che è gradito, che è grazioso - in lui ho posto tutta la mia
gioia.
Ma il cantico di Maria precisa ulteriormente in cosa consista questa bellezza nuova,
questa graziosità nuova che il Signore ci dona. Anche Maria gioisce ed esulta per questo
dono, non solo nei suoi confronti, ma nei confronti di tutta l'umanità. E' interessante
constatare che nella prima parte del Magnificat Maria parla di se stessa. Ci sono sei
pronomi possessivi: l'anima mia magnifica il Signore; il mio spirito esulta in Dio mio
salvatore; ha guardato all'umiltà della sua serva, ecc. ecc. Nella prima parte quindi Maria
esulta per se stessa. Ma nella seconda parte esulta per tutti coloro che sono anch'essi oggetto
della misericordia di Dio, tutti coloro che temono Dio - esulta per gli umili, per gli affamati,
per Israele. Tutti questi appellativi indicano simbolicamente noi, che siamo il popolo di Dio.
Ora, proprio al centro, in mezzo a queste due parti del Magnificat, per sottolinearne
l'importanza, vi è la parola misericordia: di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono. Questo era uno dei metodi utilizzati nel modo di comporre
degli uomini della Bibbia: quando si vuole sottolineare qualcosa, lo si pone o all'inizio, o alla
fine, o nel mezzo, o in alcuni casi in tutti e tre i posti.
Quindi, proprio al centro del Magnificat, abbiamo la parola misericordia. E' al centro,
perché Maria teme il Signore, e nello stesso tempo lo temono tutti coloro dei quali parla
nella seconda parte del Magnificat. E' appunto attraverso la misericordia, concentrandoci su
questa misericordia, cercando di meditare su di essa che capiamo meglio come ci salva il
Signore, come ci giustifica, come ci riveste di grazia e di bellezza nuova. Il Signore lo fa
proprio perdonandoci, avendo pietà, avendo misericordia di noi, chinandosi su di noi, mai
stancandosi di rimetterci i nostri peccati. Infatti in questo campo, nella nostra relazione con
il Signore, siamo molto simili a quei bambini che la mamma non fa in tempo a cambiare, che
già sono caduti o si sono messi a giocare e si sono sporcati di nuovo.
Il proprio della misericordia, del perdono, dell'amore del Signore è che non dipende da
qualcosa che potremmo fare per meritarla, ma è dono assoluto. Non è mai ricevuta una volta
per tutte, ma deve essere ricevuta costantemente, ad ogni istante, ogni giorno, proprio come
lo confessiamo ogni volta che, dicendo il Padre nostro, chiediamo al Signore la sua
misericordia: Rimetti a noi i nostri debiti, ogni giorno. E ogni giorno ripetiamo con Maria:
"il Signore ha guardato la mia umiltà, la mia piccolezza, la mia incapacità", letteralmente "il
mio nulla". Se il Signore mi salva, se mi ama, se costantemente mi perdona, non è perché io
sia capace di corrispondere al suo amore, o sia capace di grandi cose, o perché abbia una
bellezza per me stesso. Tutta la mia bellezza, tutta la mia capacità - se c'è - di corrispondere
all'amore del Signore, è dono suo. Ciò che il Signore guarda è il mio bisogno, la mia
piccolezza, la mia incapacità.
La misericordia non è prima di tutto qualcosa che il Signore fa, la misericordia è ciò che
Dio è. Il Signore è misericordia. Questo è il nome che il Signore rivela a Mosè, quando egli
gli chiede di vedere il suo vero volto. Il Signore risponde a Mosè: Il Signore, il Signore, Dio
misericordioso e pietoso. Ecco il nome del Signore: Dio misericordioso, che conserva il suo
amore per mille generazioni e perdona la colpa, la trasgressione e il peccato.
Anche noi siamo invitati come Maria e con Maria a gioire. Non della gioia frivola che il
consumismo cerca di alimentare e sfruttare in questo periodo pre-natalizio, non di una gioia
sentimentale, ma della gioia vera che il Signore può e vuole darci, rivestendoci di grazia e di
bellezza, colmandoci della sua misericordia.
Nessuno, forse, ha espresso più efficacemente questa verità di Bach nel suo famoso
Magnificat e specialmente nel passaggio: Et misericordia ejus a progenie in progenies
timentibus eum, "La sua misericordia, di generazione in generazione su quelli che lo
temono". Dovremmo riascoltarlo, non distrattamente, ma con attenzione. La calma
determinazione di questo brano, il suo incedere regolare, inarrestabile, esprimono proprio
la calma determinazione del Signore, la sua affidabilità: mai rifiuterà di perdonarci, mai si
stancherà di soccorrerci, non solo di generazione in generazione, ma attraverso tutti i
momenti, tutte le tappe della nostra vita.

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