Don Paolo Zamengo "Dio Bambino Lc 2, 1-14"

         Lc 2, 1-14
In questa notte di Natale, la nostra gioia è al culmine ma anche il nostro sbigottimento. La sorpresa è totale ed è una sorpresa divina. L’annuncio degli angeli è semplice, quasi disadorno: “troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”.
La divina sorpresa è che Dio si è fatto bambino. Dio nelle mani degli uomini, disarmato, inoffensivo. Un Dio che ha bisogno dell’uomo per sopravvivere. Un Dio che una donna, benedetta fra
tutte, può prendere tra le braccia, fasciare e nutrire, rimettere nella culla al canto della ninna nanna. Dio che si addormenta tra le braccia dell’uomo.
Un Dio capace solo di manifestare con il pianto i suoi desideri, i suoi bisogni, disperatamente e a squarciagola, desideri che solo l’uomo può soddisfare. E, tra questi, il desiderio più profondo e più radicale di ogni essere umano, anzi di ogni essere e quindi anche di Dio: il desiderio d’amore. Un Dio diventato vulnerabile di fronte all’amore dell’uomo. Dio alla ricerca di un sorriso rassicurante, di una carezza e di un bacio.

La divina sorpresa è che ci è nato un bambino e niente di più. Che la salvezza è semplice come questo bambino. Come la strada che egli sta per tracciare e percorrere in mezzo agli uomini. Questa strada andrà lontano, fino alla morte, suo ultimo sonno, tra le braccia della croce, con la stessa donna ai piedi, una madre china su una strana culla e sul proprio incommensurabile dolore.

E, da parte sua, il medesimo grido a squarciagola, lo stesso abbandono, lo stesso amore, quello di un bambino: “Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito”.

Quel momento sarà l’apice dell’infanzia e della salvezza: tutto sarà compiuto: la grazia e la misericordia di Dio si manifesteranno in quell’eterno Bambino-Dio che si addormenta un’ultima volta, e per davvero, prima di risvegliarsi nel seno del Padre.

Ormai tutto può accadere. Il mondo può abbracciarsi o possono scatenarsi le più grandi ingiustizie e portarci al colmo della disperazione ma la grazia di Dio è in noi, portata da quel Bambino-Dio, nella trasparenza, nel candore e nella povertà di quel Bambino.

Diventare come bambini. È questa la strada aperta dal Natale e percorsa personalmente da Dio perché impariamo anche noi a percorrerla. Come quella notte Egli si è abbandonato all’uomo così l’uomo deve imparare ad abbandonarsi a Dio, come un piccolo bambino, senza pretendere nulla, senza volersi sostituire alla mano che lo sostiene, felice di essere così piccolo e di non saper far altro che gridare il proprio amore.

Si avvicinerà l’ora della nostra ultima e decisiva rinascita, nostro Natale e insieme nostra Pasqua, quell’ora che da lontano ci incute paura ma che anch’essa porta un’ultima sorpresa divina.

Nient’altro ci sarà chiesto in quell’ora se non di abbandonarci e addormentarci nelle braccia di Dio per risvegliarci per sempre in braccio all’Amore.

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