D. Gianni Mazzali SDB "VIDERO IL BAMBINO SI PROSTRARONO E LO ADORARONO"

La pagina del Vangelo di Matteo ha
ragionevolmente dell'incredibile e si presenta più come la narrazione di un fatto epico di secondo piano, una piccola epopea familiare che scomoda sapienti, studiosi degli astri venuti da lontano nel segno di una stella. A registrare questo fatto non è Luca, così dettagliato nei racconti dell'infanzia, ma Matteo che notoriamente scrive rivolgendosi
ai figli di Israele. La Parola oggi ci invita a leggere un evento e come tale noi lo accogliamo, ma soprattutto ci induce a penetrare il significato di questo evento, la cui attualità provoca la nostra vita personale e si allarga ad un orizzonte amplissimo

Guardiamo alla luce della stella
Colpiscono nella narrazione di Matteo la semplicità e la determinazione di questi magi che vengono da oriente nel seguire l'indicazione della stella alla ricerca di un bambino, il re dei Giudei che è nato. Sono abituati a guardare, a leggere le stelle, a scrutarne il significato e, in questo caso, si mettono personalmente in gioco per trovare la verità dell'evento contenuto nel segno della stella. Sembra davvero semplicistico, più favola che realtà, questo loro mettersi in viaggio e seguire le indicazioni di una stella per testimoniare un fatto estraneo alla loro vita personale e alla loro cultura. Ci meravigliano e ci conquistano questi uomini, sapienti e studiosi, che si mettono in cammino fidandosi non di un ragionamento, ma di un segno, di una luce, di una stella.
Ravvisiamo una grande lezione da apprendere, noi uomini e donne spesso esasperati da un ragionare molto terreno, molto materiale, molto ristretto. Appellarsi al testimone della ragione è espressione di consapevole umanità, ma isolato da altri appelli, da altri modi di conoscere e di sperimentare, può costringerci dentro una prigione mentale. L'atteggiamento libero e aperto dei magi fa davvero respirare la nostra mente e il nostro cuore, aprendoli a esperienze di una coscienza molto più ricca del nostro cervello e dei nostri ragionamenti. Guardando il cielo i magi scorgono una stella che li porta a fare una esperienza tanto diversa da quelle usuali quanto nuova ed appagante. Ci sentiamo spinti ad emularli verso una forma di curiosità e di attenzione più universali che arricchiscono la nostra consapevolezza. I magi ci invitano a guardare, a scrutare il cielo, a non essere superficiali nel cogliere tanti segni che il cielo ci trasmette per contemplare, guidati da una luce non razionale, il mistero di un Dio Bambino, Salvatore del mondo.

Le genti sono chiamate ad essere eredi della promessa

Dobbiamo essere riconoscenti ai magi che ci fanno respirare a pieni polmoni l'intrecciarsi e il completarsi delle varie culture e il convergere dei popoli e delle nazioni verso la ricerca della verità nell'esperienza di Dio. Mi ha sempre meravigliato l'assenza di pregiudizi in questi uomini sapienti nel loro inginocchiarsi di fronte ad un bambino, una giovane donna e un giovane uomo in una grotta. Sembra inverosimile, eppure sentiamo che è davvero bello che sia vero, che tutto ciò sia accaduto. Alla base dell'esperienza religiosa autentica c'è la ricerca appassionata e libera della verità, al di là dei condizionamenti strutturali che vengono dalla cultura di provenienza. In questa ricerca ci si incontra tutti, perché è un bisogno universale che supera le espressioni religiose, trasmesse da padre in figlio nell'identità di un popolo o di una nazione. L'esperienza dei magi è nel suo significato più profondo una epifania, una manifestazione. Noi cristiani abbiamo ricevuto il dono di Cristo da chi ce lo ha annunciato e testimoniato, ma sappiamo che tale dono è per l'umanità, per tutti gli uomini. Apprezziamo ogni esperienza religiosa, per quanto difforme e diversa dalla nostra, perché risponde ad un anelito che ci accomuna tutti. La presenza di Dio è manifesta per tutti gli uomini che "sanno guardare le stelle". Cristo è Salvatore di tutti gli uomini. Umilmente lo adoriamo, gli doniamo la nostra vita e lo offriamo a chi sente di riconoscerlo come tale.


A Cristo si giunge seguendo un percorso di luce

Il terzo autore del Libro di Isaia ci regala oggi, all'inizio del capitolo 60, espressioni che ci invitano alla gioia, ad una visione planetaria, ad un orizzonte sconfinato. Nel conflitto costante tra luce a tenebre, tra il bene e il male, tra la gioia e la disperazione vi è una certezza incrollabile che ci tiene in piedi, che ci consente di continuare con dignità la nostra esperienza su questa terra: "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce. La gloria del Signore brilla su di te". E' credibile questo invito ad attendere con fiducia la luce perché è rivolto a chi non assapora la gioia della libertà dopo la schiavitù. Cogliamolo come un invito per noi. Cristo ci ha liberati, ci ha salvati, ma nel nostro percorso esistenziale abbiamo costantemente bisogno di vedere, di luce per capire, di umiltà e coraggio per non trattenere un dono che è per tutti.
"Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini" (Dante Alighieri)

D. Gianni Mazzali SDB

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