don Giorgio Scatto "La parola di Gesù sconfigge tutte le parole religiose che non hanno la potenza dell'amore "

Deut 18,15-20      1 Cor 7,32-35     Mc 1,21-28
Nella seconda lettura di questa domenica si parla di matrimonio e di verginità e pare che Paolo preferisca questa a quello: <<Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo>>. Vorrei dirlo subito: la verginità - se
pure a causa del Signore, per piacere al Signore – non è di per sé una scelta che ti pone in una condizione migliore rispetto a chi si sposa. Matrimonio e verginità sono entrambi segni del mistero della Chiesa sposa che gioisce per la presenza del suo Amato, ma che pure sempre lo attende con una speranza indefettibile. La verginità, in questo senso, è un segno di privazione, di separazione: lo Sposo promesso deve ancora venire, ma certamente non tarderà a mantenere la sua promessa. Piuttosto, io leggo il brano di Paolo in una prospettiva di libertà cristiana. In una società patriarcale dominata e controllata dagli uomini, la donna era ‘proprietà’ del maschio. Dapprima apparteneva al padre; quando si sposava, diventava proprietà del marito; se restava vedova, apparteneva ai figli, o ritornava dal padre e dai fratelli. Nella cultura mediorientale una donna dotata di autonomia era impensabile. Ma anche a Corinto, in un ambiente pluralista e tollerante, un’orgogliosa affermazione di libertà, portava uomini e donne a vivere nel disordine, e spesso anche nell’immoralità. Paolo, nel testo odierno, ci vuole solo dire che i criteri essenziali per seguire l’uno o l’altro stato di vita sono la chiamata di Dio e la relazione con il Signore. Su di essi si fondano la pace e la libertà dei cristiani:<<Questo vi dico perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni>>. Allora, la verginità del corpo e del cuore può essere intesa anche come una grande affermazione di libertà dal dominio dell’uomo e dall’asservimento alle regole religiose del tempo, che negavano ogni autonomia e visibilità sociale alla donna.

Nel vangelo, il primo episodio che Marco ci presenta, all’inizio del ministero pubblico di Gesù, è un esorcismo, compiuto nella sinagoga di Cafarnao. In seguito, oltre a questo, leggeremo altri tre episodi di esorcismo narrati per esteso: l’indemoniato di Gerasa (Mc 5,1-20), la guarigione della figlia di una donna Siro-fenicia (Mc 7,24-30) e quella del ragazzo epilettico (Mc 9,14-27). Marco, tra tutti gli evangelisti, è quello che dà più spazio e importanza all’attività esorcistica di Gesù, unita alla sua azione terapeutica.
Cacciare i demoni e guarire gli infermi saranno i compiti affidati anche ai dodici apostoli. Leggiamo che “ne costituì dodici, perché stessero con lui e per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i demoni”.(.Mc 3,14-15). E quando Gesù comincerà a mandarli a due a due, darà loro”potere sugli spiriti impuri”. Domandiamoci: perché Marco pone l’accento sul fatto degli esorcismi? E come dobbiamo intendere questi “spiriti impuri”? In genere, gli esegeti tendono a vedere negli ‘spiriti impuri’, nella ‘possessione diabolica’, una malattia psichica, uno stato alterato della coscienza in cui l’individuo proietta in maniera drammatica su di un personaggio maligno le repressioni e i conflitti che lacerano il suo mondo interiore. E’ certo tuttavia che, nella cultura del tempo, sono questi ammalati a sentirsi invasi e posseduti da qualcuno di quegli esseri malvagi che infestano il mondo. Ed è altrettanto certo che in queste storie di indemoniati e di posseduti rimane qualcosa che non può essere risolto solo in modo naturale. Per l’evangelista è la potenza personificata del male (cfr Mc 3,22-30) che disegna lo sfondo di questi episodi.
L’elemento comune a tutti i racconti di esorcismo è che infallibilmente il demonio, davanti a Gesù, è costretto a uscire dall’uomo che prima era in suo potere. Gesù affronta i demoni solo con la forza della sua parola:<<Taci! Esci da lui!>>. Tutto fa pensare che, mentre combatte i demoni, Gesù sia convinto di operare con la forza stessa di Dio. La sua parola non è come quella degli scribi: ripetitiva, distaccata, legalistica, incapace di suscitare entusiasmo e desiderio di vita. Una parola – quella degli scribi – che spesso imponeva sulle spalle degli uditori pesanti fardelli. Una parola imparata a memoria, ma che non faceva ardere di fuoco tutta la persona che la proclamava; la parola si era ’mondanizzata’ e impediva di vedere la folla di poveri, ammalati, derelitti, diciamo pure di ‘posseduti da spiriti impuri’ che riempivano i luoghi di culto in cerca di un po’ di conforto e di speranza. Una religiosità autoreferenziale non vede l’altro, il povero. Invece, alla radice della forza guaritrice di Gesù c’è spesso il suo amore compassionevole, che ispira tutto il suo comportamento. Gesù soffre vedendo l’enorme distanza che c’è tra la sofferenza di questi uomini devastati dalla malattia e la vita che Dio vuole per i suoi figli e figlie. Prendersi cura di loro è il modo migliore per amarli, mostrando loro il volto di un Dio misericordioso, e non la faccia arcigna della legge.
“Lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”. L’urlo del demonio e lo strazio che infligge all’uomo posseduto dal male nel momento in cui lo lascia, fanno intravvedere la sua forza sovrumana. Egli è “il forte” (Mc 3,27) che “ha la sua dimora fra le tombe e che nessuno riesce a tenere legato, neanche con catene” (Mc 5,3). Ma è sufficiente la parola di Gesù per sconfiggerlo. Raggiunto dalla parola insegnata con autorità, il demonio si sente provocato, diventa aggressivo:<<Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!>>. Il demonio si sente forte perché crede di potersi servire del suo nome per tenerlo in pugno. Nel linguaggio biblico ‘conoscere il nome’ di qualcuno equivale ad aver potere sulla persona. Tuttavia Gesù è “il più forte” (Mc 1,7). La sua parola ha il sapore e la bellezza della novità. È come la parola dell’in-principio, che ha la potenza di fare nuove tutte le cose. E’ una parola efficace: quando lui parla, la storia di salvezza si compie, il regno di Dio ci raggiunge, con il carico di tutti i suoi doni, l’umanità è liberata dal male che la uccide, ogni uomo è restituito alla sua dignità di figlio di Dio. La festa è davvero per tutti! Aggiungo un’ultima cosa, pur nella brevità del nostro commento. La presenza nella sinagoga di Cafarnao di uno ‘spirito impuro’, che è liberato solo dalla parola di Gesù, acquista una valenza polemica nei confronti degli scribi e dei dottori della legge. Si è visto come il loro insegnamento fosse privo di autorità. Sono i cultori del moralismo, della purità rituale; sono i custodi ringhiosi della tradizione, e non si accorgono della sofferenza dell’uomo che sta lì, accanto a loro. La loro cecità arriverà a tal punto da accusare Gesù di “scacciare i demoni per mezzo del capo dei demoni” (Mc 3,22). Un avvertimento per noi, uomini e donne di chiesa, che spesso ripetiamo parole che hanno il sapore dolciastro della religione, ma che non hanno la forza di raggiungere, con la potenza dell’amore, ogni singola creatura che soffre e che patisce.

Giorgio Scatto  

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