Don Pietro Bordignon II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

(1 Sam 3,3b-10.19; Sal 39; 1Cor 6, 13c-15, 17-20; Gv 1,35-42)
18 Gennaio 2015
1)    Giovanni posa lo sguardo su Gesù che passa e dice: “Ecco l’Agnello di Dio!”.
a)            Gesù è descritto "che passava" (peripatéin). La dimensione dinamica di Gesù sembra contrastare quella ormai statica del Battista. Il quarto evangelista insiste molto su
questo fatto per sottolineare l'umanità di Gesù, un vero uomo che cammina con i piedi. Il camminare di Gesù è invito a seguirlo, a camminare dietro di lui fino al Golgota.
b)            Egli indica Gesù quale “Agnello di Dio”, o anche “Servo di Dio”, colui che è capace di prendere su di sé i peccati degli uomini a di portarli, al fine di rimetterli e perdonarli. L’agnello è l’agnello sacrificato.
c)            Ma nelle parole di Giovanni sta anche la novità assoluta, il capovolgimento totale del nostro rapporto con Dio. In tutte le religioni il sacrificio consiste nell’offrire qualcosa (un animale, del denaro, una rinuncia...) al dio per ottenere in cambio il suo favore. Con Gesù questo contratto religioso è svuotato: Dio non chiede più sacrifici, ora è Lui che viene e si fa agnello, vale a dire sacrifica se stesso; Gesù non prende nulla, dona tutto.
d)            All’udire queste parole, i due discepoli accolgono la testimonianza del loro maestro e si mettono immediatamente a seguire Gesù…
2)    Il brano odierno, tratto dal quarto vangelo, è una rilettura della vocazione dei primi discepoli da parte di Gesù.
a)            Ogni esistenza è già una prima chiamata: Dio ci ha tratti dall'abisso vertiginoso del nulla e, dandoci l'essere, ci ha dato anche un progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura disegnato "sul palmo delle sue mani" (Isaia 49). E' questo il senso della nostra vita: collaborare a un grande progetto che Dio ha da tutta l'eternità su ognuno di noi. Ogni uomo e ogni donna sono "chiamati" da Dio Padre, anzitutto alla fede, in secondo luogo alla sequela e alla comunione con il Figlio Gesù, e il quarto evangelista ci aiuta in modo mirabile a capire di che si tratta."Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui" (Gv.6,56). "Rimanete in me e io in voi….Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Gv. 15,4-5). "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Gv. 17,21)
b)            Qui i primi discepoli non seguono Gesù in risposta a un suo invito: “Seguitemi!” (Mc 1,17), ma decidono la loro sequela grazie a una precisa indicazione del loro maestro, Giovanni il Battezzatore. Egli aveva una comunità di discepoli, tra cui vi era lo stesso Gesù; ora, per rivelazione di Dio, Giovanni aveva compreso che Gesù, pur venendo dietro a lui, gli era passato avanti e avrebbe battezzato in Spirito santo (cf. Gv 1,30.34): a questo Gesù, Messia, Profeta, Figlio di Dio, egli doveva rendere testimonianza.
i)                     La ricerca della volontà di Dio ha bisogno di mediazioni umane e soprattutto di mediatori umani: di maestri, cioè persone capaci di fare ed essere segno, capaci di orientare il cammino di una persona, e di padri, cioè persone capaci di generare alla vita secondo lo Spirito.
ii)                    La fede non si trasmette per via intellettuale, ma all’interno di relazioni umane. Non è essenziale cercare una persona “straordinaria” come guida: il vecchio Eli non brilla per discernimento né per fermezza, ma al di là delle sue qualità personali, è la relazione fedele con lui che consente a Samuele di arrivare a Dio.
iii)                   La guida è persona umile che non se-duce, non attrae a sé, non tiene i discepoli stretti a sé, ma li e-duca, li conduce all’adesione teologale, si fa maestro di libertà guidandoli alla relazione personale e ineffabile con il Signore. Solo chi vive non per se stesso, ma per il Signore, potrà aiutare altri a vivere per il Signore e a liberarsi dalla volontà propria. Giovanni, indicando ai suoi discepoli Gesù quale Agnello di Dio, di fatto suggerisce loro la via da prendere. Testimonianza mirabile di libertà che pone in crisi la riduzione della fede a servizio ecclesiale o a impegno pastorale o, molto peggio, a dedizione e asservimento a un leader carismatico o preteso tale.
3)     “Che cercate?”. Queste le parole che Gesù rivolge ai due discepoli che hanno preso a seguirlo.
a)            Sono le sue prime parole nel Vangelo di Giovanni. Le prime parole del Risorto saranno del tutto simili: Donna, chi cerchi?  Cosa cercate? Chi cerchi? Due domande, un unico verbo, dove troviamo la definizione stessa dell’uomo: l’uomo è un essere di ricerca, con un punto di domanda piantato nel cuore, cercatore mai arreso. La Parola di Dio ci educa alla fede attraverso le domande del cuore. «Prima di correre a cercare risposte vivi bene le tue domande» (Rilke).
b)            La prima cosa che Gesù chiede non è di aderire ad una dottrina, di osservare i comandamenti o di pregare, ma di rientrare in se stessi, di conoscere il desiderio profondo: che cosa desideri di più dalla vita?  Qualità essenziale del cristiano è infatti il quaerere Deum. Il cristiano non è chiamato a essere un militante iperattivo, ma un cercatore di Dio. Non uno che possiede, sa, è già arrivato, ma che dal mistero divino riconosciuto e confessato in Cristo è condotto a riprendere ogni giorno la ricerca e a rinnovare l’amore.
c)            La domanda che Gesù pone chiede di andare a fondo del proprio desiderio, della propria ricerca e delle proprie motivazioni, per avere ben chiaro che il Gesù alla cui sequela ci si pone è l’Agnello, il Servo, il Crocifisso. Che cosa cerchiamo mettendoci dietro a Gesù? Si tratta di una domanda essenziale, che ogni cristiano deve sentire rivolta a sé come istanza critica che passa al vaglio la propria sequela di Cristo. È una domanda che vuole svelare le radici profonde di ogni vocazione: qual è la ricerca che abita il cuore del credente? Nessun progetto o itinerario predeterminato deve animare il discepolo, ma solo l’amore e l’adesione perseverante a Gesù, cioè la disponibilità a “seguire l’Agnello dovunque va” (cf. Ap 14,4), fino alla fine, alla croce, alla morte.
d)            Gesù, maestro del desiderio, fa capire che a noi manca qualcosa, che la ricerca nasce da una povertà, da una assenza che arde dentro: che cosa ti manca? Salute, denaro, speranza, tempo per vivere, amore, senso alla vita, le opportunità per dare il meglio di me? Ti manca la pace dentro? Rivolge quella domanda a noi, ricchi di cose, per insegnarci desideri più alti delle cose, e a non accontentarci di solo pane, di solo benessere. Tutto intorno a noi grida: accontentati! Invece il Vangelo ripete la beatitudine dimenticata: Beati gli insoddisfatti perché saranno cercatori di tesori. Beati voi che avete fame e sete, perché diventerete mercanti della perla preziosa.
4)    “Dove abiti?”, o meglio, “Dove rimani?”. Questa la domanda con cui i discepoli rispondono alla domanda di Gesù. Dov’è il tuo dove? Dove trovi saldezza e stabilità?
a)            “Venite e vedrete”. Occorre porsi con risolutezza, senza indugio, alla sequela di Gesù, perché dove lui è, la sarà anche il suo discepolo e servo (cf. Gv 12,26): il “dove” di Cristo deve diventare il “dove” del discepolo!
b)            Gesù rimane nel Padre, nella sua parola, nel suo amore. E i discepoli sono chiamati a percorrere lo stesso cammino: rimanere nella parola e nell’amore del Figlio per dimorare con Dio.
c)            La ricerca cristiana si indirizza verso una vita interiore, una dimensione profonda di comunione con il Padre e il Figlio nello Spirito. Il “dove” di Gesù è il Padre: nella sequela esso diviene anche il “dove” del discepolo (“Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo”: Gv 12,26). La fede diviene così esperienza dell’inabitazione del Signore nel credente.


Don Pietro Bordignon

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