Ileana Mortari "Gesù offre un insegnamento nuovo e scaccia gli spiriti impuri"
IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/02/2015)
Vangelo: Mc 1,21-28
Due sono gli aspetti che l'autore mette in risalto nel brano in questione: l'insegnamento di Gesù e il suo dominio sui demoni.
Siamo a Cafarnao (in Galilea), è sabato e anche Gesù, come ogni ebreo, si reca alla sinagoga per la preghiera e la lettura della Legge. Poiché, dopo gli scribi e gli anziani, ogni israelita poteva chiedere la parola e
intervenire, ecco che Gesù prende la parola e "insegna". Marco in genere non si sofferma sul contenuto degli insegnamenti di Gesù (che troviamo negli altri sinottici), ma mostra molto bene che "tipo" di insegnamento è il suo.
I presenti vi avvertono una forza, una potenza, un'autorità (= capacità di "colpire" e farsi accettare in forza di un ruolo che si riveste) che nulla aveva a che fare con quella degli scribi. Questi ultimi infatti derivavano la loro autorità dalle Scritture, che sapevano commentare e attualizzare, e dalla tradizione degli antichi; oppure si rifacevano a loro volta all'autorità di un celebre maestro del passato.
Nulla di tutto questo in Gesù, il quale commenta la Scrittura con parole nuove e inedite, dal momento che la sua "autorità" ("exousìa" in greco) non gli deriva da un precedente maestro, ma da Dio stesso che lo ha investito del suo Spirito (cfr. Mc.1,7-11: battesimo di Gesù) e lo legittima ora ad insegnare qualcosa che supera ogni precedente dettame: l'annuncio del Regno e la volontà stessa del Padre.
E' da notare che, nel linguaggio biblico, "nuovo" non significa tanto una cosa sorprendente o tale dal punto di vista cronologico; bensì è una realtà qualitativamente diversa dalla abituale; la gente, che parla di "insegnamento nuovo", percepisce che quella annunciata da Gesù è appunto la realtà perfetta e definitiva che ci si aspettava dal Messia, è il compimento della Rivelazione di Dio.
Un aspetto fondamentale di questa nuova autorità manifestata da Gesù è l'efficacia stessa della sua parola, che si manifesta nell'episodio successivo. Infatti nella sinagoga c'era un uomo posseduto da uno spirito impuro che all'improvviso grida contro Gesù riconoscendolo come il "santo di Dio".
Prima di analizzare la reazione di Gesù, occorre offrire qualche informazione su questa realtà degli indemoniati e degli spiriti impuri che al tempo di Gesù era diversissima dalla nostra. Infatti sia nell'ambito giudaico che in quello pagano si tendeva a porre sotto l'insegna del demoniaco tutto il negativo della storia: dalle malattie fisiche a quelle psichiche, dai disordini sociali alle disgrazie di ogni tipo, dai peccati alla morte. "Poiché si riconduce ogni sventura ad autori demoniaci, il timore dei demoni diviene un principio causale generale per il mondo antico, una sorta di "teoria scientifica" sui lati oscuri della vita umana" (O. Bocher).
Ecco perché il 2° evangelista, figlio del suo tempo, volendo con il proprio vangelo far capire chi è Gesù, ce lo presenta subito alle prese con questa realtà e contrassegna l'inizio del ministero gesuano con il racconto del suo primo esorcismo, che sarà seguito da parecchi altri (non a caso tra gli evangelisti è proprio Marco che dà più spazio e importanza all'attività esorcistica del Messia).
Abbiamo detto che, nell'assemblea della sinagoga, in un momento in cui si sa ancora poco di Gesù, il Maligno ne urla l'identità ("il santo di Dio"), si mostra ben cosciente che Lui è venuto per la sua rovina, e riconosce che il Nazareno appartiene alla sfera del divino: dunque è il grande Profeta tanto atteso, investito dallo Spirito in vista della sua missione e partecipe della suprema potenza di Dio.
Ci si può chiedere perché mai il demone voglia riconoscere l'altissima identità di Gesù. Ricordiamo che secondo la mentalità semitica conoscere e pronunciare il nome di qualcuno equivaleva, per una sorta di "magia del nome", ad avere un potere sulla sua persona; il demonio subodora nell'uomo che ha di fronte il Potente deciso a rapirgli la sua "dimora" e a strappargli la vittima umana di cui ha preso possesso, e si rende anche conto del pericolo che rappresenta per lui l'insegnamento "nuovo" di Gesù; perciò egli getta alte grida di furore e di maledizione; lo scopo del Maligno è dunque, se possibile, annullare il potere risanatore del Cristo! Ma questo non avverrà.
Se, come abbiamo osservato, era proprio della mentalità antica vedere spiriti impuri un po' dovunque, di conseguenza erano attività "normali" gli esorcismi. Come avvenivano? In genere l'esorcizzante ricorreva a un lungo cerimoniale, con formule di scongiuro, parole magiche e riti misteriosi, per ottenere il suo scopo. Non solo, ma in genere invocava il nome di una potenza ulteriore e faceva appello ad un esorcista più grande di lui.
E, come l'insegnamento di Gesù si segnala subito per la sua "novità", così anche il suo esorcismo è assolutamente originale. Egli non fa nessun gesto strano, né tanto meno ricorre a tecniche magiche o filtri, ma si limita a dare due ordini secchi e perentori: "Taci! Esci da lui!" E ottiene immediatamente quello che ha chiesto: lo spirito impuro però scuote l'individuo, cerca di difendersi per l'ultima volta "gridando con grande voce" (dice il testo originale), il che manifesta la sua enorme rabbia e dispetto; ma alla fine deve abbandonare il poveretto, cioè dichiararsi vinto. La lotta ingaggiata tra Gesù e lo spirito indica comunque che la battaglia contro il male è sempre molto dura.
Ma "l'autorità verbale di Gesù è passata all'azione tangibile e ha vinto il confronto. Lo spirito del male è un intruso nell'uomo, che è figlio di Dio. La parola di quest'ultimo lo fa uscire, risolve una convivenza devastante e rovinosa" (E. Borghi).
E' significativo che in ebraico "dabar" significhi sia "parola" che "fatto", dal momento che per i semiti l'efficacia è la qualità della parola vera. Tale efficacia ha il suo vertice in Dio: "Dio disse: Sia la luce! E la luce fu" (Gen.1,3) "Egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto" (Sal.32/3,9). La stessa cosa avviene nella sinagoga di Cafarnao. Gesù comanda e immediatamente avviene quello che Lui ha ordinato, segno che Egli è davvero il Figlio di Dio.
E' interessante anche notare che allo spirito sia attribuito ripetutamente l'appellativo di "impuro" (= greco akathartos), termine con cui si designa la sfera opposta a quella della santità, prerogativa di Dio che appartiene di riflesso anche a Gesù. La cacciata del demonio diventa così il simbolo della purificazione di tutti quegli ambiti che erano ritenuti "lontani" da Dio. E la guarigione dell'indemoniato diventa segno profetico di una liberazione in atto, della venuta del regno di Dio, dell'inizio di un nuovo popolo.
Quanto visto è certamente di grande attualità, perché tutti noi abbiamo bisogno dell'intervento autorevole di Gesù per sterminare i demoni segreti che possono trovarsi dentro di noi e che si chiamano, come dice lo stesso Signore più avanti, sempre nel vangelo di Marco: "...dal cuore degli uomini escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza." (Mc.7,21-22).
Vangelo: Mc 1,21-28
Due sono gli aspetti che l'autore mette in risalto nel brano in questione: l'insegnamento di Gesù e il suo dominio sui demoni.
Siamo a Cafarnao (in Galilea), è sabato e anche Gesù, come ogni ebreo, si reca alla sinagoga per la preghiera e la lettura della Legge. Poiché, dopo gli scribi e gli anziani, ogni israelita poteva chiedere la parola e
intervenire, ecco che Gesù prende la parola e "insegna". Marco in genere non si sofferma sul contenuto degli insegnamenti di Gesù (che troviamo negli altri sinottici), ma mostra molto bene che "tipo" di insegnamento è il suo.
I presenti vi avvertono una forza, una potenza, un'autorità (= capacità di "colpire" e farsi accettare in forza di un ruolo che si riveste) che nulla aveva a che fare con quella degli scribi. Questi ultimi infatti derivavano la loro autorità dalle Scritture, che sapevano commentare e attualizzare, e dalla tradizione degli antichi; oppure si rifacevano a loro volta all'autorità di un celebre maestro del passato.
Nulla di tutto questo in Gesù, il quale commenta la Scrittura con parole nuove e inedite, dal momento che la sua "autorità" ("exousìa" in greco) non gli deriva da un precedente maestro, ma da Dio stesso che lo ha investito del suo Spirito (cfr. Mc.1,7-11: battesimo di Gesù) e lo legittima ora ad insegnare qualcosa che supera ogni precedente dettame: l'annuncio del Regno e la volontà stessa del Padre.
E' da notare che, nel linguaggio biblico, "nuovo" non significa tanto una cosa sorprendente o tale dal punto di vista cronologico; bensì è una realtà qualitativamente diversa dalla abituale; la gente, che parla di "insegnamento nuovo", percepisce che quella annunciata da Gesù è appunto la realtà perfetta e definitiva che ci si aspettava dal Messia, è il compimento della Rivelazione di Dio.
Un aspetto fondamentale di questa nuova autorità manifestata da Gesù è l'efficacia stessa della sua parola, che si manifesta nell'episodio successivo. Infatti nella sinagoga c'era un uomo posseduto da uno spirito impuro che all'improvviso grida contro Gesù riconoscendolo come il "santo di Dio".
Prima di analizzare la reazione di Gesù, occorre offrire qualche informazione su questa realtà degli indemoniati e degli spiriti impuri che al tempo di Gesù era diversissima dalla nostra. Infatti sia nell'ambito giudaico che in quello pagano si tendeva a porre sotto l'insegna del demoniaco tutto il negativo della storia: dalle malattie fisiche a quelle psichiche, dai disordini sociali alle disgrazie di ogni tipo, dai peccati alla morte. "Poiché si riconduce ogni sventura ad autori demoniaci, il timore dei demoni diviene un principio causale generale per il mondo antico, una sorta di "teoria scientifica" sui lati oscuri della vita umana" (O. Bocher).
Ecco perché il 2° evangelista, figlio del suo tempo, volendo con il proprio vangelo far capire chi è Gesù, ce lo presenta subito alle prese con questa realtà e contrassegna l'inizio del ministero gesuano con il racconto del suo primo esorcismo, che sarà seguito da parecchi altri (non a caso tra gli evangelisti è proprio Marco che dà più spazio e importanza all'attività esorcistica del Messia).
Abbiamo detto che, nell'assemblea della sinagoga, in un momento in cui si sa ancora poco di Gesù, il Maligno ne urla l'identità ("il santo di Dio"), si mostra ben cosciente che Lui è venuto per la sua rovina, e riconosce che il Nazareno appartiene alla sfera del divino: dunque è il grande Profeta tanto atteso, investito dallo Spirito in vista della sua missione e partecipe della suprema potenza di Dio.
Ci si può chiedere perché mai il demone voglia riconoscere l'altissima identità di Gesù. Ricordiamo che secondo la mentalità semitica conoscere e pronunciare il nome di qualcuno equivaleva, per una sorta di "magia del nome", ad avere un potere sulla sua persona; il demonio subodora nell'uomo che ha di fronte il Potente deciso a rapirgli la sua "dimora" e a strappargli la vittima umana di cui ha preso possesso, e si rende anche conto del pericolo che rappresenta per lui l'insegnamento "nuovo" di Gesù; perciò egli getta alte grida di furore e di maledizione; lo scopo del Maligno è dunque, se possibile, annullare il potere risanatore del Cristo! Ma questo non avverrà.
Se, come abbiamo osservato, era proprio della mentalità antica vedere spiriti impuri un po' dovunque, di conseguenza erano attività "normali" gli esorcismi. Come avvenivano? In genere l'esorcizzante ricorreva a un lungo cerimoniale, con formule di scongiuro, parole magiche e riti misteriosi, per ottenere il suo scopo. Non solo, ma in genere invocava il nome di una potenza ulteriore e faceva appello ad un esorcista più grande di lui.
E, come l'insegnamento di Gesù si segnala subito per la sua "novità", così anche il suo esorcismo è assolutamente originale. Egli non fa nessun gesto strano, né tanto meno ricorre a tecniche magiche o filtri, ma si limita a dare due ordini secchi e perentori: "Taci! Esci da lui!" E ottiene immediatamente quello che ha chiesto: lo spirito impuro però scuote l'individuo, cerca di difendersi per l'ultima volta "gridando con grande voce" (dice il testo originale), il che manifesta la sua enorme rabbia e dispetto; ma alla fine deve abbandonare il poveretto, cioè dichiararsi vinto. La lotta ingaggiata tra Gesù e lo spirito indica comunque che la battaglia contro il male è sempre molto dura.
Ma "l'autorità verbale di Gesù è passata all'azione tangibile e ha vinto il confronto. Lo spirito del male è un intruso nell'uomo, che è figlio di Dio. La parola di quest'ultimo lo fa uscire, risolve una convivenza devastante e rovinosa" (E. Borghi).
E' significativo che in ebraico "dabar" significhi sia "parola" che "fatto", dal momento che per i semiti l'efficacia è la qualità della parola vera. Tale efficacia ha il suo vertice in Dio: "Dio disse: Sia la luce! E la luce fu" (Gen.1,3) "Egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto" (Sal.32/3,9). La stessa cosa avviene nella sinagoga di Cafarnao. Gesù comanda e immediatamente avviene quello che Lui ha ordinato, segno che Egli è davvero il Figlio di Dio.
E' interessante anche notare che allo spirito sia attribuito ripetutamente l'appellativo di "impuro" (= greco akathartos), termine con cui si designa la sfera opposta a quella della santità, prerogativa di Dio che appartiene di riflesso anche a Gesù. La cacciata del demonio diventa così il simbolo della purificazione di tutti quegli ambiti che erano ritenuti "lontani" da Dio. E la guarigione dell'indemoniato diventa segno profetico di una liberazione in atto, della venuta del regno di Dio, dell'inizio di un nuovo popolo.
Quanto visto è certamente di grande attualità, perché tutti noi abbiamo bisogno dell'intervento autorevole di Gesù per sterminare i demoni segreti che possono trovarsi dentro di noi e che si chiamano, come dice lo stesso Signore più avanti, sempre nel vangelo di Marco: "...dal cuore degli uomini escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza." (Mc.7,21-22).
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