MACHETTA Domenico 2ª Domenica dopo Natale - Anno B 2015

4 gennaio 2015 | 2a Domenica di Natale - B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: Sir 24,1-4.8-12 VANGELO: Gv 1,1-18
Una domenica, all'interno delle feste natalizie, dedicata alla riflessione teologica calma e profonda di quello che è avvenuto, quasi per riprenderci dallo stordimento gioioso e dallo stupore provocato dal mistero della notte santa.
La 1ª lettura presenta un tratto del capitolo 24 del
Siracide, forse il più importante di tutto il libro, in cui la Sapienza, che si identifica con la Parola di Dio, loda se stessa, dicendo di essere venuta a mettere la tenda in Gerusalemme, lei che dimorava presso Dio... Sentiamo subito la parentela stretta con l'inno al Logos, il celebre prologo di Giovanni. Ed è proprio questo prologo il Vangelo di questa domenica, un testo che già abbiamo proclamato a Natale nella messa del "giorno", e che ora vogliamo guardare con ammirazione per poterlo pregare e cantare con la vita.

Giovanni inizia il suo Vangelo cantando. È di estrema importanza questo inno d'inizio che dà un andamento liturgico a tutto il Vangelo. È l'inno al Logos, certamente un canto delle comunità giovannee, uno dei preziosi cantici del NT, come quelli di Luca e di Paolo. Siamo davanti alla vetta della Bibbia. È un inno che canta il mistero del-l'Incarnazione. Anticamente la messa si chiudeva con que sta pagina di Giovanni ed era tra l'altro uno splendido ringraziamento alla Comunione.
Giovanni dunque inizia cantando. Cantando che cosa? Cantando Gesù, il Verbo incarnato, Dio che discende, che si abbassa, che opera un esodo perché l'umanità possa fare esodo. Dio discende perché l'umanità possa salire. Il Verbo discende e poi ascende portando con sé i prigionieri, i salvati, "conducendo schiava la schiavitù", come canta la liturgia dell'Ascensione citando il Salmo 67/68. C'è una sintesi del "prologo" in Giovanni 16,28: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre". Questo emerge anche nella forma letteraria dell'inno. Il centro di tutto è il versetto
14: Et verbum caro factum est. E poi tutto risale e ritorna... al seno del Padre, al mondo dell'eternità da dove si era partiti.
C'è una magnifica struttura concentrica, orchestrata con arte, dove il centro è quel Verbum caro factum est. Lo scopo, dunque, dell'incarnazione non è ridurre Dio alla nostra portata, ma trasferire noi alla portata di Dio, come canta l'inno ai Colossesi: "Ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio" dopo averci liberati (letteralmente "strappati") dal potere delle tenebre.
Inizia solenne come il libro della Genesi: "In principio...". Il verbo essere (era... era...) indica la preesistenza del Verbo. Era presso Dio: quel "presso" (pros) indica movimento, dialogo, vita di comunione all'interno della Trinità. E in quel misterioso dialogo è stato pronunciato anche il nostro nome, come sta scritto: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo" (Ef 1,4). Giovanni canta le tre venute: la prima attraverso la creazione, la seconda nella storia d'Israele, attraverso la voce dei Profeti, e infine la terza venuta, attraverso l'incarnazione del Verbo. Il Verbo della vita arriva al punto di farsi "toccare".
Si è fatto "carne". È qui lo scandalo. La gloria di Dio nella carne fragile di un bambino. Un bambino che nasce in una stalla, che è costretto a fuggire in Egitto, che cresce nella fatica, che soffre il freddo, il caldo, la fame, la stanchezza. Tutto ciò che il Verbo ha toccato assume valore salvifico, "funziona"! Noi dobbiamo gridare questa notiziaa tutti. È il compito dei discepoli. A un patto. A patto che stiamo "sul seno" del Figlio come Giovanni nell'Ultima Cena. Il prologo termina così: "Il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (exeghésato: ne è l'esegesi). Il Figlio sul seno del Padre e noi sul seno del Figlio!

MACHETTA Domenico

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