Umberto DE VANNA sdb 2a Domenica di Natale - Anno B 2015

4 gennaio 2015 |2a Domenica di Natale - - Anno B | Omelia
Per cominciare
La liturgia in questo tempo di Natale presenta per la terza volta l'inizio del vangelo di Giovanni. Dopo la solennità del Natale, una pausa di riflessione. È il mistero dell'incarnazione che si fa rivelazione e riflessione teologica, ma
soprattutto contemplazione. Il "discepolo che Gesù amava", e che primo tra gli apostoli ha riconosciuto la sua risurrezione, con questa pagina rivive e medita sull'infinito amore di Dio per l'uomo, che si è manifestato nella incarnazione; ma anche sul rifiuto dell'umanità di accoglierlo.

La Parola di Dio

Siracide 24,1-4.8-12. Il Siracide è un autore biblico del secondo secolo. È suo un prezioso libro sapienziale di 51 capitoli. Nel brano che leggiamo si direbbe che non metta freno alla sua fantasia e immagina che la sapienza riceva da Dio il comando di piantare la tenda tra gli ebrei. L'immagine, ardita e solo apparentemente poetica e simbolica, in realtà si avvera pienamente in Gesù, parola di Dio e sapienza di Dio, che prende dimora nell'umanità.
Efesini 1,3-6.15-18. Nel brano della lettera di Paolo ai cristiani di Efeso c'è tutta la storia della salvezza: Dio ci ha scelti sin dall'origine del mondo per renderci suoi figli in Gesù. Paolo si congratula perché i cristiani di Efeso vivono già di questa fede, ma chiede per loro un spirito di sapienza più profondo per vivere con maggior consapevolezza questa realtà.
Giovanni 1,1-18. È l'inizio del vangelo di Giovanni che si legge nella terza messa del giorno di Natale. Gesù è la "parola" che viene da Dio e scende sulla terra per illuminare l'umanità della sua luce. Ma gli uomini preferiscono le tenebre alla luce e la rifiutano. Chi invece l'accoglie, diventa figlio di Dio.

Riflettere...

o Il brano di vangelo che viene proposto quest'oggi è importante, ed è teologicamente tra i più alti di tutta la bibbia. Il prologo di Giovanni, diceva sant'Agostino, dovrebbe essere scritto a caratteri d'oro alla porta di tutte le chiese. Prima della riforma liturgica conciliare il sacerdote lo recitava a sinistra dell'altare, al termine di ogni messa.
o Marco inizia il suo vangelo con Gesù adulto che riceve il battesimo di Giovanni e intraprende la vita pubblica. Luca e Matteo raccontano la nascita prodigiosa di Gesù, il coinvolgimento di Maria e Giuseppe. Giovanni va al cuore del mistero e presenta Gesù presente sin dall'eternità presso il Padre, la sua incarnazione, la sua venuta tra noi, il nostro rifiuto.
o Possiamo dividere il brano del vangelo in tre parti:
1. La preesistenza di Gesù (vv. 1-5). Giovanni dice che Gesù è il "logos" (in greco), il "verbo" (in latino), la "parola" di Dio. È il riconoscimento dell'identità profonda di Gesù, le sue credenziali sbalorditive: si tratta di una parola che preesiste al tempo e che viene da Dio. Parola creatrice. "Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu" (Gn 1,3). Questa "parola", per mezzo del quale tutto è stato creato, si inserisce nella vicende degli uomini, diventa soggetto di storia.
2. La luce viene nel mondo (vv. 6-13). Dio supera le barriere, si rivela all'uomo. Gesù è luce destinata a illuminare il mondo. Chi crede alla sua parola diventa figlio di Dio. Si tratta di una luce destinata a suscitare la fede e a separare gli uomini in credenti e non credenti. C'è chi si lascia illuminare e chi preferisce la tenebre e non si apre alla luce. In ogni tempo c'è chi preferisce che Dio rimanga qualcosa di oscuro e di lontano; un Dio che non dia fastidio. "Ci sono soltanto tre specie di persone", dice Blaise Pascal: "quelle che servono Dio, perché l'hanno trovato; quelle che si adoperano a cercarlo, non avendolo trovato; e, infine, quelle che vivono senza cercarlo, né averlo trovato. Le prime sono ragionevoli e felici; le ultime stolte e infelici; quelle di mezzo, infelici e ragionevoli".
3. L'incarnazione (vv. 14-17). La parola, il "verbo", si fa carne, diventa persona pienamente umana come noi. L'infinito si rende finito, la ricchezza di Dio si fa povertà, l'invisibile diventa sensibile, la luce si nasconde nell'umiltà della nostra carne.
o Giovanni usa il termine "carne" (sarks) quasi a sottolineare la profondità dell'abbassamento, la debolezza assunta dal Figlio di Dio che si fa uomo. Ma sottolinea anche la distanza che separa l'uomo da Dio. Una distanza che è stata superata per un progetto di amore. Un amore infinito che abbatte ogni barriera per realizzare i suoi piani di salvezza a favore dell'uomo.
o Le espressioni usate dall'evangelista sottolineano la grandezza dell'avvenimento: rivelano lo stupore dell'uomo e di Giovanni di fronte al mistero.
o Il termine "carne" Giovanni lo userà anche per indicare l'eucaristia. Il logos si è fatto carne e noi potremo nutrirci di lui.
o La parola di Dio ha posto la sua tenda fra noi, dice letteralmente il v. 14. Ed è un'immagine che gli ebrei comprendevano benissimo, avendo conosciuto il tempo del nomadismo legato alla loro storia, al tempio, al tabernacolo di Dio voluto da Mosè.
o Nel brano continua il riferimento a Mosè, ma per indicarne subito la differenza e la distanza: Mosè ha dato la legge, Gesù ci dona la "grazia e la verità".
o Infine la conclusione logica e nello stesso tempo sorprendente; vedere Dio e la sua gloria è il desiderio, la nostalgia di tutti gli uomini di tutti i tempi, di tutte le religioni, ma questo sarà sempre impossibile se non ci si apre a Gesù. È Gesù infatti che svela il volto di Dio e lo fa conoscere: è lui il volto del Padre.
o Il Battista lo indica al mondo, lo fa uscire dall'oscurità: "Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui…", dice (Gv 1,32).
o Da questo momento possiamo vivere la comunione perfetta con Dio. È lo sposalizio con Dio dell'umanità. È ciò che ci salva e ci rende figli.
o Se vogliamo, il mistero diventa doppio: c'è quello di Gesù, in cui la divinità si rivela in un uomo. Ma anche il nostro mistero, quello della nostra vita. Da quando Dio ha messo la sua tenda tra di noi, il nostro vivere, anche se si svolge tra piccole cose, a volte addirittura meschine, è avvolto dalla grazia, dalla salvezza di Dio.
o Ci rimane dunque solo il compito di vivere quello che siamo: "Riconosci cristiano la tua dignità", dice san Leone Magno. E lo scrittore Giovanni Papini: "Gesù può incarnarsi mille volte, ma non mi dice nulla se non nasce in me".

... Attualizzare
* Ora che la questione dei regali e quel clima fatto più di poesia che di sostanza è quasi giunto a conclusione, abbiamo l'opportunità di riflettere seriamente sulla realtà profonda del Natale.
* Un'ultima tappa sarà la grande manifestazione dell'Epifania. Ma anche in questo caso, prevarrà facilmente in tanti il clima di fiaba, e la befana spesso avrà il sopravvento sui magi, "cercatori di Dio".
* Il brano di Giovanni ci rivela che c'è un progetto di Dio che ci riguarda e che è grandioso, enorme, impensabile, ma noi ci trastulliamo così facilmente in piccole cose, in vaghe divagazioni, in minime soddisfazioni.
* Con Gesù viene nel mondo la luce vera, quella che ci svela il senso della nostra vita. Duemila anni fa questa luce non è stata accolta, mentre oggi il rifiuto non si fa sempre esplicito, perché c'è chi pensa che un po' di religione non guasta. E poi, lo abbiamo visto in questi giorni, le belle feste, come il Natale, sono sentite e popolari e coinvolgono facilmente tutti.
* Giovanni ci assicura che Dio non gioca a nascondino con l'uomo. Sin dall'inizio ha voluto parlargli, rivelargli l'amore che lo ha spinto a chiamarlo all'esistenza e a svelargli i suoi progetti su di lui e sul mondo. Lo ha fatto prima nella storia di Israele, con Abramo e Mosè, con la parola dei profeti. Poi si è fatto lui stesso "parola", una parola che è rivelazione, luce che illumina.
* Senza Gesù nessuno può incontrare Dio. Per millenni culture e religioni si sono inventato un dio su misura, a propria immagine e somiglianza. Dio è stato rappresentato dal sole, da un albero, da un animale. Dice Dostoevskij: "L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi, non lo potrebbe sopportare, nessuno ne sarebbe capace. Se rigetta Dio, si inginocchia davanti a un idolo di legno o di oro o immaginario".
* Se oggi certe immagini di Dio sono improponibili e inaccettabili, un numero crescente di persone sensibili non si adatta a vivere senza qualche spiritualità e un pizzico di trascendente e si dà al buddismo, alla new-age, a qualche culto esoterico.
* Oggi come sempre la fede è rara, ma è anche raro l'ateismo dichiarato. A livello religioso profondo prevale di fatto l'indifferenza, che vuol dire trovarsi praticamente nella incapacità di aprirsi alla fede. "Chi è indifferente non ha più nessuna fede, tranne la cattiva paura" (Fëdor Dostoevskij).
* "Tagliato fuori dalle sue radici religiose e trascendenti, l'uomo è perduto: tutte le sue azioni diventano senza senso, assurde, inutili. Gli uomini che apprezzo di più sono i grandi santi, i grandi mistici: Giovanni della Croce, Teresa d'Avila, Francesco d'Assisi…" (Eugène Jonesco).
* Jonesco, commediografo e accademico di Francia, visse praticamente indifferente alla fede, ma con il tempo si fece pensoso. Ciò che ha scritto al termine della sua vita è suggestivo: ci vorrebbe un po' di misticismo per farsi toccare da Dio e lasciarsi illuminare dalla sua Parola.

Una piccola luce

Un uomo e la sua famiglia vivevano di una miniera presso casa. Col passar del tempo l'uomo trovava il minerale scavando sempre più in profondità, e lo raggiungeva per cunicoli stretti e bui, portando la carriola e il resto, facendosi luce con una piccola lampada che teneva in una mano. Un giorno, verso sera, mentre raccoglieva gli ultimi pezzi prima di risalire, gli cadde la lampada e rimase al buio. Un attimo di soddisfazione. Ma sì! Poco male. Quella maledetta lampada andava sorvegliata di continuo. Tanto più che la strada la conosceva benissimo. Prese la carriola e si incamminò. Ma quasi subito andò a sbattere contro una parete. Si meravigliò: non era quella la strada? Come aveva potuto sbagliarsi così presto? Lasciò la carriola e si fece strada con le mani. Ma finì nel fossetto della sponda opposta. Il muro era viscido. C'erano acque di scolo che finivano in un una pozza d'acqua. Pensò: "Non è molto profonda, ma se ci casco dentro così al buio ci annego di certo". Che fare? Si sedette e attese. Prima o poi la moglie, non vedendolo arrivare, gli sarebbe andata incontro,e gli avrebbe fatto strada con qualche mozzicone di candela.

Umberto DE VANNA sdb

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