Umberto DE VANNA sdb"Gesù è il profeta"

1 febbraio2015 | 4a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
4a Domenica - T. Ordinario 2015
Per cominciare
Gesù è il profeta che il popolo di Israele attendeva sin dai tempi di Mosè. Dall'inizio della vita pubblica, la sua parola colpisce chi lo ascolta: Gesù parla con autorità e trasmette insegnamenti nuovi. Lo fa attraverso le parole, ma anche con la sua vita e i miracoli.
La Parola di Dio

Deuteronomio 18,15-20. Mosè preannuncia per Israele un grande profeta, simile a lui. Egli parlerà a nome di Dio, che metterà sulla sua bocca le sue parole. In realtà Gesù è più grande di Mosè.
1 Corinzi 7,32-35. Continua la lettera di Paolo ai Corinzi. A quella città moderna ed evoluta Paolo propone come valore non solo il matrimonio, ma anche la verginità per il regno dei cieli.
Marco 1,21-28. Ancora un brano dal primo capitolo del vangelo di Marco. Gesù parla nella sinagoga di Cafarnao e la gente prova per lui grande ammirazione. Gesù prende la parola come un semplice ebreo, ma lo fa con autorità e a titolo personale, non come i maestri della legge. E conferma ciò che dice con i miraco

Riflettere...

o L'episodio si svolge a Cafarnao, presso il lago di Tiberiade (il lago dei miracoli di Gesù). Gesù è di passaggio, ma si sente di casa. Cafarnao è un po' la sua città. È con i suoi discepoli.
o È sabato e Gesù entra nella sinagoga. Non ha titoli particolari per predicare, non è un sacerdote, né uno scriba. È un laico, un uomo adulto. Può parlare solo a questo titolo, ma lo fa con autorità.
o Non sappiamo che cosa dica, ma la gente è stupita e meravigliata (neanche Luca che cita lo stesso episodio al cap. 4, lo dice). "Nessuno ha mai parlato come quest'uomo", dirà qualcuno più tardi. "Beata chi ti fu madre", esclama una donna sentendolo parlare.
o Siamo ancora agli inizi del vangelo di Marco. I primi otto capitoli di questo vangelo (cioè metà) sono un susseguirsi di interrogativi su Gesù: quest'uomo sorprende, stupisce e suscita domande su quello che fa e per quello che è.
o Nella sinagoga di Cafarnao Gesù li sorprende anche di più perché conferma le sue parole con un miracolo straordinario, liberando un uomo dallo spirito impuro.
o La gente si domanda: "Chi è quest'uomo che parla con autorità, che guarisce i malati, che comanda agli spiriti maligni, che perdona i peccati, che è in grado di calmare le onde burrascose del lago… che annuncia una nuova dottrina, che chiama dei discepoli…?". È un crescendo di domande che troveranno una prima risposta nella professione di fede di Pietro: "Tu sei il Cristo!" e poi nelle ultime righe del vangelo, per bocca del centurione romano: "Davvero costui era il Figlio di Dio!".
o Era sabato: un'indicazione temporale di grande importanza. Il sabato è il giorno in cui la liturgia e la spiritualità ebraica celebrano la conclusione della creazione: è il giorno del "riposo" di Dio. Il gesto di liberazione dal male operato da Gesù va visto nella prospettiva di una nuova creazione, di un mondo nuovo ? il regno di Dio ? segnato non più dalle tendenze di morte, ma da un'armonia ritrovata tra le persone e il Creatore.

Attualizzare

* All'inizio della sua attività pubblica, subito dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, Gesù si ritira per 40 giorni nel deserto, dove viene tentato e dove supera le tentazioni più comuni dell'uomo di ogni tempo: ricchezza, potere, fama. Poi chiama i primi quattro apostoli e dà inizio alla prima piccola comunità che si mette al suo seguito.
* Con gli apostoli si reca poi a Cafarnao ed entra nella sinagoga. Il vangelo dice che la gente è colpita dal modo di insegnare e di parlare di Gesù. Come dicevamo, non conosciamo le parole che ha pronunciato, ma non è tanto il contenuto che colpisce, quanto il suo modo di insegnare, così diverso da quello degli scribi e dei farisei. Gesù parla a titolo personale, con l'autorità stessa di Dio, che trova radici nella sua persona e sarà sempre accompagnata dai miracoli e dalla testimonianza della sua vita.
* Sarà così sempre. Gesù parlerà servendosi di un'autorità non delegata. "Io vi dico", dirà, dando alle sue parole un'autorità pari a quella di Dio.
aDel resto Gesù conosce molto bene le condizioni di vita della sua gente, di quelli che vanno ad ascoltarlo e lo seguono. Le sue parole partono dalla vita e giungono al cuore. Sono messaggi accessibili, facili da capire.
* Gesù non è solo un oratore brillante: interpreta la legge (la torah) in modo innovativo e provocatorio. Le sue parole sono piene di bontà e di comprensione nei confronti di gente che si aspetta finalmente una parola di speranza.
* La gente che ascolta Gesù è meravigliata del suo insegnamento. Giovane maestro di Nazaret, rivela soprattutto un nuovo volto di Dio. Non parla tanto dei castighi, di un Dio che può fare paura. Le sue sono parole di salvezza, di misericordia, di perdono incondizionato, anche per chi si trova lontano da Dio e vive in una situazione di peccato.
* Le parole di Gesù sono rafforzate da un gesto di liberazione. Nella sinagoga, non si sa come, perché gli immondi non venivano ammessi al culto, vi è un uomo posseduto da uno spirito impuro. Gesù intesse con lui un dialogo incalzante e per più versi drammatico. Il testo di Marco ha la freschezza di un racconto, di un testo teatrale.
aDa una parte quell'ammalato rivela l'identità di Gesù ("Io so chi tu sei: il santo di Dio"), dall'altra gli chiede di stare lontano da lui, di non rovinarlo. Anche in altre occasioni chi è impossessato dal demonio reagisce con isteria e paura di fronte a Gesù.
* A quel tempo non era facile distinguere tra "possessione diabolica" e una grave malattia (epilessia, parkinson). Forse nemmeno oggi. Ma allora era più facile trovare persone schiacciate dalla paura dei demoni e da gravi malattie inguaribili.
* Gesù restituisce a quell'uomo la piena dignità e lo libera. È un giorno di sabato, ma Gesù anche in questo modo insegna "con autorità". Perché lui è signore anche del sabato.
aIn forza del miracolo, cresce l'interesse attorno a Gesù. La gente comincia a porsi domande: "Che è mai questo?", dice. È presa dallo sorpresa, dallo stupore. Comincia a domandarsi "chi" è Gesù. Questa non è ancora la fede, ma è la prima condizione per farla nascere.
* La liberazione dell'impuro porta con sé dei significati simbolici che ci riguardano da vicino. Ricordavamo domenica scorsa che Gesù all'inizio della vita pubblica invita il suo popolo alla conversione, cioè a darsi a un processo di liberazione personale. Perché il peccato non è mai qualcosa di piacevole e di costruttivo, ma di proibito. Il peccato è invece sempre una forma di schiavitù da cui ci si deve riscattare.
* Di fronte alla nostra esigenza di conversione, la tentazione è di dire anche noi a Gesù, come l'"impossessato" di Cafarnao: "Sei venuto a rovinarci?". Quasi per prenderne le distanze da lui, per paura che compia anche in noi il miracolo di renderci nuovi.
* Ci coinvolge poi anche l'identità profetica di Gesù, la sua autorità nelle parole e nella sua azione. È lui il nostro maestro, di fronte ai tanti condizionamenti che ci rendono schiavi e che ogni giorno ci raggiungono. In un tempo di grande pluralismo, di tanti che si propongono come facili maestri, ci si deve ancorare a chi dice "parole di vita eterna", che danno un senso pieno alla nostra vita.
* Nello stesso tempo anche noi, in forza del battesimo e della sequela a cui Gesù ci ha chiamati, dobbiamo diventare profeti e maestri alternativi nell'ambiente in cui viviamo. E imparare a riconoscere i profeti che vivono nel nostro tempo.
* "Diventare testimoni: molto meno per convincere che per essere segno. Infatti, si è detto che essere testimoni non è fare propaganda, né conoscere uno choc e neppure fare qualcosa di misterioso: E vivere in modo tale che la propria vita sia inspiegabile, se Dio non esiste" (card. Suhard).

Fascino di Gesù
"Se Cristo non ci affascina, non ci afferra, vuol dire che siamo cristiani semplicemente per motivi anagrafici, "perché siamo stati battezzati". A me è piaciuto molto quanto ha detto Benedetto XVI: "Dobbiamo parlare di Cristo non per fare proselitismo", ma perché abbiamo trovato Colui che cercavamo. Perché il nostro cuore ha trovato l'Amato. Perché la gioia che abbiamo nel cuore, che portiamo nel cuore, la vogliamo condividere con gli altri" (Pascual Chavez).

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