Abbazia Santa Maria di Pulsano Lectio DOMENICA «delle guarigioni»
V Domenica per l’Anno B
Mc 1,29-39; Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23
Antifona d'Ingresso Sal 94,6-7
Venite, adoriamo il Signore,
prostrati davanti a lui che ci ha fatti;
egli è il Signore nostro Dio.
Al popolo raccolto nel santuario ma ancora non pienamente consapevole, l’orante del salmo, sacerdote e
profeta, rivolge l’esortazione di venire (è un imperativo) alla presenza del Signore per adorarlo, con amore e con gioia, prostrati davanti al Creatore onnipotente di tutte le cose e in particolare del Suo popolo(«È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce!» v. 7). Tutto questo perché Egli è il Dio dell’alleanza infinitamente fedele che attende il suo popolo e questi deve attuare da parte sua i contenuti salvifici ricevuti per il suo unico bene. Ritroviamo qui il vero senso del canto d’ingresso di ogni celebrazione: questa infatti deve cantare il Signore e le sue meraviglie, non altre “strampalerie”.
Canto all’Evangelo Mt 8,17
Alleluia, alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.
Alleluia.
L’Evangelo di oggi è orientato dalla profezia del Servo sofferente, Is 53,4, che si caricò di tutti i mali e di tutte le debolezze degli uomini per distruggerle in se stesso e per redimerli. Da notare che tale citazione viene dal parallelo matteano (Mt 8,14-17) alla pericope marciana di oggi, che invece non la riporta.
La «lettura continua» (o comunque da integrare nell’omelia mistagogica e sempre nella lectio personale) di Marco obbliga in apertura a tenere presente che il Signore dal Padre è battezzato con lo Spirito Santo e consacrato come Profeta per l’annuncio dell’Evangelo, come Re per compiere le opere della Carità del Regno, come Sacerdote per riportare tutti al culto al padre, e come Sposo per acquistarsi la Sposa d’Amore e di Sangue. Lungo questo Tempo, privilegiato tra tutti gli altri dell’Anno liturgico, noi celebriamo Cristo Signore Risorto, mentre Lo contempliamo in uno degli episodi della sua Vita tra gli uomini, quando insegna, o opera, o prega. Questa Domenica Egli insegna come Profeta e Maestro divino la Dottrina del Regno di Dio.
Anche la volta scorsa, esaminando la "giornata di Cafarnao", avevamo sottolineato come la guarigione dalle malattie e dalla sofferenza fosse il segno eloquente della potenza salvifica di Dio in Gesù.
Dalla sinagoga dell'episodio precedente alla casa di Simone ed Andrea (v. 29) dove la suocera di Simone ha una febbre maligna prosegue il programma battesimale del Signore con lo Spirito: prima l’annuncio, l'omelia nella sinagoga durante il sabato; segue la verifica operativa: l'espulsione dei demoni e le guarigioni, segno della presenza del Regno di Dio fra gli uomini (v. 39)
Sofferenza e dolore, parti integranti della vita dell'uomo, sono il problema per il quale cerchiamo una risposta valida. Mai come in queste condizioni di estrema debolezza l'uomo si trova a riflettere sulla propria debolezza e sul significato della presenza di Dio nella sua vita. Il dolore mette a dura prova la nostra fede è come «il fuoco che purifica l'oro nel crogiolo» (Sap 3,6).
Nell'Evangelo il racconto della guarigione della suocera di Pietro si concentra in modo speciale su Gesù che guarisce, pieno di potenza, perché vicino a Dio.
Il brano evangelico, pur nella sua brevità, risulta composto di tre piccole pericopi:
1. la guarigione della suocera di Pietro (1,29-31);
2. le molteplici guarigioni (1,32-34);
3. la preghiera di Gesù (1,35-39),
Esaminiamo il brano
vv. 29 «Usciti... andarono subito»: Soltanto in questo primo capitolo Marco ripete otto volte l'inciso kai euthỳs («subito, immediatamente»: 1,10.12.18.20.21.23.29.30) e assieme alla straordinaria densità della congiunzione kai (usata più di 25 volte nei primi 29 versetti) l'espressione conferisce un senso di urgenza e di rapido progresso a queste descrizioni iniziali dell'attività di Gesù.
Il primo racconto è inserito nel contesto della giornata di Cafarnao e a dispetto della sua brevità ha un notevole significato Teologico.
L'episodio si pone a metà della giornata, che risulta così divisa: sabato mattina (v. 21) Annuncio e preghiera comunitaria nella sinagoga; mezzodì (v. 29) vita ecclesiale: diaconia in casa con parenti, amici, ammalati; sera (v. 35) preghiera personale e solitaria.
Marco si differenzia significativamente dal parallelo di Matteo dove appare un Gesù isolato e in atteggiamento ieratico, restando da solo faccia a faccia con la malata, quasi a dire che non c'è alcun intermediario, che Gesù non ha bisogno di nessuno per vedere le nostre infermità e intervenire a salvarci.
Nel brano parallelo di Luca, che pure sembra più vicino a Marco, l'attenzione è concentrata, oltre che sulla preghiera dei discepoli, sul gesto di Gesù, che si china sulla donna intimando alla febbre di andarsene.
v. 30 «a letto con la febbre»: Nell'antichità la febbre stessa era considerata una malattia anziché un sintomo. In Marco il tratto saliente è nei v. 31 con una formulazione abbastanza strana della frase
v. 31 «Accostatosi, la sollevò prendendola per la mano; la febbre la lasciò»: Il centro del brano è proprio in quel «la sollevò», in greco è usato il verbo egeírō. Il verbo «alzare» con la connotazione di rimettere una persona in posizione eretta e anche di restituirle la salute, è caratteristico dei racconti di guarigione di Marco (2,9.11; 3,3; 5,41; 9,27; 10,49). Prima di Marco è usato in espressioni formulistiche che riguardano la risurrezione di Gesù dai morti (1 Cor 15,4; Gal 1,1; Rm 4,24; vedi anche At 3,15; 4,10).
Ricordiamo come per Marco la malattia e la morte manifestano l'impero del demonio e ogni guarigione è una vittoria messianica contro le forze del male. Anche nella guarigione della suocera di Pietro è all'opera la stessa forza divina che agirà nella resurrezione di Gesù; il verbo "sollevare" è infatti lo stesso verbo usato per la resurrezione di Cristo.
Anche il gesto della mano di Gesù ha la sua importanza: l'autore del Sal 72 (73), 23 canta al Signore: «Mi hai preso per la mano destra»; la mano di Gesù è per questa donna la stessa mano di Dio che interviene nella sua vita per liberarla (vedi anche icona pasquale della Discesa agli inferi dove l’umanità rappresentata dalla prima coppia umana, Adamo ed Eva, è potentemente “sollevata” su).
«si mise a servirli»: in gr. diakonéo, il senso primo è qui dare da mangiare, ma in Marco il verbo indica il dare la propria vita da parte di Gesù (cf. 10,45). La donna guarita è entrata nella stessa logica che guida la vita del Cristo.
Gesù libera, guarisce, resuscita per rendere l'uomo capace di servizio e di un servizio duraturo, come appare dal verbo greco all'imperfetto (continuità col passato).
Il servizio inoltre non è solo per Gesù ma per tutti! Ed è un servizio di libertà: la donna supera le rigide barriere religiose e sociali che impedivano ad una donna di servire un rabbino a tavola, se costui era circondato dai suoi discepoli.
vv. 32-34 : In questi versetti si ha un sommario dell'attività di Gesù e notiamo come per ben tre volte appaia il termine «demonio» che ritroveremo ancora ai v. 39. È una delle preoccupazioni maggiori di Gesù quella di liberare gli uomini dal potere del male: Lui infatti è stato presentato come il più forte, l’ischyrós (cf. 1,7) e la sua lotta durante la permanenza nel deserto è contro le tentazioni del satana (Mc 1,12-13).
In questi vv. appare per la prima volta il cosiddetto segreto messianico per il quale Gesù impone a tutti: demoni, miracolati, discepoli il silenzio sulla sua persona,
vv. 35-39: anche se temporalmente è iniziata un'altra giornata di Gesù, dal punto di vista narrativo anche questo momento, la preghiera nella notte, fa un tutt'uno con la "giornata di Cafarnao". La preghiera solitaria di Gesù al mattino presto esprime la fedeltà all’insegnamento biblico che invita il credente a prolungare la preghiera lungo la notte («Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce» Sal 15,7; «Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte» Sal 133,1) e a desiderare di essere in preghiera al sopraggiungere del nuovo giorno («Svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l'aurora» Sal 56,9).
A differenza di Luca, in Marco gli accenni alla preghiera di Gesù sono pochi. Solo tre volte infatti l'evangelista Marco menziona la preghiera di Gesù: qui, 1,35; 6,46 all'inizio della notte dopo la moltiplicazione dei pani; 14,36ss la notte del Getsemani. A queste si possono aggiungere le parole di Gesù sulla croce. Solo pochi cenni, ma posti in contesti importanti.
All'alba Gesù si alza e si reca in un luogo deserto, per poter finalmente raccogliersi da solo a pregare il Padre (Mc 1,35). Questo è ancora un’insegnamento, poiché per pregare occorre tornare in se stessi, e quindi occorre "entrare nella propria stanza e chiudere la porta" alle impressioni e pressioni esterne, e pregare il Padre (Mt 6,6, preambolo al "Padre nostro"). I Padri spiegano che questa stanzetta misteriosa significa salire sulla Croce con il Signore e pregare insieme con Lui.
Simone e gli altri di questo non sono contenti. La folla fa pressione su loro, ed essi cercano il Signore e Lo trovano (Mc 1,36), e perfino Lo sollecitano con un rimprovero: “Tutti Ti cercano..." (Mc 1,37). Certo, le necessità della povera folla sono penose e infinite, ma il Signore adesso è cercato solo perché è considerato come il guaritore a disposizione, pronto e gratuito.
«quelli che erano con lui»: Alcune traduzioni preferiscono «i suoi compagni». La nostra traduzione, anche se più ingombrante, mantiene l'ambiguità dell'originale che non chiarisce se quelli al seguito fossero i quattro discepoli (1,29) o un gruppo più ampio della famiglia di Simone. Un'analoga espressione e ambiguità si trova in 3,21 (i suoi «familiari»: letteralmente «quelli attorno a lui»).
«si misero sulle sue tracce»: Il greco katadiṓkō ha la connotazione di «inseguire» in un senso ostile. Nei LXX è usato per l'inseguimento degli Israeliti da parte dell'esercito del faraone (Es 14,4.8.9.23) e nei salmi è molto frequente per l'inseguimento del giusto sofferente da parte dei suoi nemici (Sal 7,6; 18,38; 31,16; 38,20; 69,27; 109,16.31; 119,84.86.150.161). Questa è la prima indicazione dei progressivi malintesi tra Gesù e quelli che gli stanno più vicini - la sua famiglia (3,21-35) e i suoi discepoli - che si manifesteranno nel corso della narrazione.
«Tutti ti cercano!»: Anche se questo ribadisce il motivo della fama di Gesù (vv. 32-34), il verbo «cercare» (zētéō) assumerà in Marco una connotazione progressivamente negativa quando la gente comincia a non capire Gesù (3,32; 8,11-12) o quando sono gli avversari che lo cercano (11,18; 12,12; 14,1; cfr. 3,6). L'idea che «tutti» cercano Gesù è un altro esempio della tecnica di universalizzazione usata da Marco.
La risposta di Gesù è traversa e significante. Egli ha raccolto i primi discepoli e questi debbono andare con Lui ormai nei paesi intorno. Lì il Signore deve predicare (kērýssō) l'Evangelo del Regno (vedi quanto detto per la Domenica III, Mc 1,14-15), poiché per questo scopo preciso venne tra gli uomini (Mc 1,38). E così và e predica a cominciare dalle sinagoghe (synagōgàs autōn) si noti il “loro”), per l'intera Galilea e ancora a recuperare il Regno al Padre, espellendo i demoni e il loro regno (Mc 1,39; vedi anche Mc 3,23- 27; e 1 Gv 5,19).
I testi eucologici
Antifona alla Comunione Sal 106,8-9
Rendiamo grazie al Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi verso i figli degli uomini;
egli sazia il desiderio dell'assetato
e ricolma di beni l'affamato.
Ancora un salmo (AGC). I fedeli sono “oggi qui” chiamati dall’orante a celebrare il Signore per le sue infinite misericordie e tra queste spicca tra tutte la cura personale del Signore che dà cibo divino alle anime affamate rendendo gradevole la vita davanti a Lui.
Questi fatti si ripetono oggi sia dall’ascolto della Parola, sia dalla comunione dello Spirito che si attinge alla Mensa dei Misteri, sia dall’appartenenza alla Chiesa, la Sposa del Signore, la Madre, l’Orante.
I Colletta
Custodisci sempre
con paterna bontà la tua famiglia, Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te,
aiutaci sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore...
La I preghiera chiede che la “famiglia di Dio” che sono i servi del Signore sia protetta dalla Divina grazia, nella quale solamente confida.
Oppure II Colletta:
O Dio, che nel tuo amore di Padre
ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini
e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio,
rendici puri e forti nelle prove,
perché sull'esempio di Cristo
impariamo a condividere con i fratelli
il mistero del dolore,
illuminati dalla speranza che ci salva.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
La II preghiera è più curata e ritroviamo i temi sviluppati nella lectio: l’amore di Dio e la sua misericordia per le necessità dell’umanità sofferente, che vengono redente perché unite alla sofferenza di Cristo sulla Croce e alla sua Resurrezione.
lunedì 2 febbraio 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano
Mc 1,29-39; Gb 7,1-4.6-7; Sal 146; 1 Cor 9,16-19.22-23
Antifona d'Ingresso Sal 94,6-7
Venite, adoriamo il Signore,
prostrati davanti a lui che ci ha fatti;
egli è il Signore nostro Dio.
Al popolo raccolto nel santuario ma ancora non pienamente consapevole, l’orante del salmo, sacerdote e
profeta, rivolge l’esortazione di venire (è un imperativo) alla presenza del Signore per adorarlo, con amore e con gioia, prostrati davanti al Creatore onnipotente di tutte le cose e in particolare del Suo popolo(«È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce!» v. 7). Tutto questo perché Egli è il Dio dell’alleanza infinitamente fedele che attende il suo popolo e questi deve attuare da parte sua i contenuti salvifici ricevuti per il suo unico bene. Ritroviamo qui il vero senso del canto d’ingresso di ogni celebrazione: questa infatti deve cantare il Signore e le sue meraviglie, non altre “strampalerie”.
Canto all’Evangelo Mt 8,17
Alleluia, alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.
Alleluia.
L’Evangelo di oggi è orientato dalla profezia del Servo sofferente, Is 53,4, che si caricò di tutti i mali e di tutte le debolezze degli uomini per distruggerle in se stesso e per redimerli. Da notare che tale citazione viene dal parallelo matteano (Mt 8,14-17) alla pericope marciana di oggi, che invece non la riporta.
La «lettura continua» (o comunque da integrare nell’omelia mistagogica e sempre nella lectio personale) di Marco obbliga in apertura a tenere presente che il Signore dal Padre è battezzato con lo Spirito Santo e consacrato come Profeta per l’annuncio dell’Evangelo, come Re per compiere le opere della Carità del Regno, come Sacerdote per riportare tutti al culto al padre, e come Sposo per acquistarsi la Sposa d’Amore e di Sangue. Lungo questo Tempo, privilegiato tra tutti gli altri dell’Anno liturgico, noi celebriamo Cristo Signore Risorto, mentre Lo contempliamo in uno degli episodi della sua Vita tra gli uomini, quando insegna, o opera, o prega. Questa Domenica Egli insegna come Profeta e Maestro divino la Dottrina del Regno di Dio.
Anche la volta scorsa, esaminando la "giornata di Cafarnao", avevamo sottolineato come la guarigione dalle malattie e dalla sofferenza fosse il segno eloquente della potenza salvifica di Dio in Gesù.
Dalla sinagoga dell'episodio precedente alla casa di Simone ed Andrea (v. 29) dove la suocera di Simone ha una febbre maligna prosegue il programma battesimale del Signore con lo Spirito: prima l’annuncio, l'omelia nella sinagoga durante il sabato; segue la verifica operativa: l'espulsione dei demoni e le guarigioni, segno della presenza del Regno di Dio fra gli uomini (v. 39)
Sofferenza e dolore, parti integranti della vita dell'uomo, sono il problema per il quale cerchiamo una risposta valida. Mai come in queste condizioni di estrema debolezza l'uomo si trova a riflettere sulla propria debolezza e sul significato della presenza di Dio nella sua vita. Il dolore mette a dura prova la nostra fede è come «il fuoco che purifica l'oro nel crogiolo» (Sap 3,6).
Nell'Evangelo il racconto della guarigione della suocera di Pietro si concentra in modo speciale su Gesù che guarisce, pieno di potenza, perché vicino a Dio.
Il brano evangelico, pur nella sua brevità, risulta composto di tre piccole pericopi:
1. la guarigione della suocera di Pietro (1,29-31);
2. le molteplici guarigioni (1,32-34);
3. la preghiera di Gesù (1,35-39),
Esaminiamo il brano
vv. 29 «Usciti... andarono subito»: Soltanto in questo primo capitolo Marco ripete otto volte l'inciso kai euthỳs («subito, immediatamente»: 1,10.12.18.20.21.23.29.30) e assieme alla straordinaria densità della congiunzione kai (usata più di 25 volte nei primi 29 versetti) l'espressione conferisce un senso di urgenza e di rapido progresso a queste descrizioni iniziali dell'attività di Gesù.
Il primo racconto è inserito nel contesto della giornata di Cafarnao e a dispetto della sua brevità ha un notevole significato Teologico.
L'episodio si pone a metà della giornata, che risulta così divisa: sabato mattina (v. 21) Annuncio e preghiera comunitaria nella sinagoga; mezzodì (v. 29) vita ecclesiale: diaconia in casa con parenti, amici, ammalati; sera (v. 35) preghiera personale e solitaria.
Marco si differenzia significativamente dal parallelo di Matteo dove appare un Gesù isolato e in atteggiamento ieratico, restando da solo faccia a faccia con la malata, quasi a dire che non c'è alcun intermediario, che Gesù non ha bisogno di nessuno per vedere le nostre infermità e intervenire a salvarci.
Nel brano parallelo di Luca, che pure sembra più vicino a Marco, l'attenzione è concentrata, oltre che sulla preghiera dei discepoli, sul gesto di Gesù, che si china sulla donna intimando alla febbre di andarsene.
v. 30 «a letto con la febbre»: Nell'antichità la febbre stessa era considerata una malattia anziché un sintomo. In Marco il tratto saliente è nei v. 31 con una formulazione abbastanza strana della frase
v. 31 «Accostatosi, la sollevò prendendola per la mano; la febbre la lasciò»: Il centro del brano è proprio in quel «la sollevò», in greco è usato il verbo egeírō. Il verbo «alzare» con la connotazione di rimettere una persona in posizione eretta e anche di restituirle la salute, è caratteristico dei racconti di guarigione di Marco (2,9.11; 3,3; 5,41; 9,27; 10,49). Prima di Marco è usato in espressioni formulistiche che riguardano la risurrezione di Gesù dai morti (1 Cor 15,4; Gal 1,1; Rm 4,24; vedi anche At 3,15; 4,10).
Ricordiamo come per Marco la malattia e la morte manifestano l'impero del demonio e ogni guarigione è una vittoria messianica contro le forze del male. Anche nella guarigione della suocera di Pietro è all'opera la stessa forza divina che agirà nella resurrezione di Gesù; il verbo "sollevare" è infatti lo stesso verbo usato per la resurrezione di Cristo.
Anche il gesto della mano di Gesù ha la sua importanza: l'autore del Sal 72 (73), 23 canta al Signore: «Mi hai preso per la mano destra»; la mano di Gesù è per questa donna la stessa mano di Dio che interviene nella sua vita per liberarla (vedi anche icona pasquale della Discesa agli inferi dove l’umanità rappresentata dalla prima coppia umana, Adamo ed Eva, è potentemente “sollevata” su).
«si mise a servirli»: in gr. diakonéo, il senso primo è qui dare da mangiare, ma in Marco il verbo indica il dare la propria vita da parte di Gesù (cf. 10,45). La donna guarita è entrata nella stessa logica che guida la vita del Cristo.
Gesù libera, guarisce, resuscita per rendere l'uomo capace di servizio e di un servizio duraturo, come appare dal verbo greco all'imperfetto (continuità col passato).
Il servizio inoltre non è solo per Gesù ma per tutti! Ed è un servizio di libertà: la donna supera le rigide barriere religiose e sociali che impedivano ad una donna di servire un rabbino a tavola, se costui era circondato dai suoi discepoli.
vv. 32-34 : In questi versetti si ha un sommario dell'attività di Gesù e notiamo come per ben tre volte appaia il termine «demonio» che ritroveremo ancora ai v. 39. È una delle preoccupazioni maggiori di Gesù quella di liberare gli uomini dal potere del male: Lui infatti è stato presentato come il più forte, l’ischyrós (cf. 1,7) e la sua lotta durante la permanenza nel deserto è contro le tentazioni del satana (Mc 1,12-13).
In questi vv. appare per la prima volta il cosiddetto segreto messianico per il quale Gesù impone a tutti: demoni, miracolati, discepoli il silenzio sulla sua persona,
vv. 35-39: anche se temporalmente è iniziata un'altra giornata di Gesù, dal punto di vista narrativo anche questo momento, la preghiera nella notte, fa un tutt'uno con la "giornata di Cafarnao". La preghiera solitaria di Gesù al mattino presto esprime la fedeltà all’insegnamento biblico che invita il credente a prolungare la preghiera lungo la notte («Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce» Sal 15,7; «Ecco, benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore; voi che state nella casa del Signore durante la notte» Sal 133,1) e a desiderare di essere in preghiera al sopraggiungere del nuovo giorno («Svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l'aurora» Sal 56,9).
A differenza di Luca, in Marco gli accenni alla preghiera di Gesù sono pochi. Solo tre volte infatti l'evangelista Marco menziona la preghiera di Gesù: qui, 1,35; 6,46 all'inizio della notte dopo la moltiplicazione dei pani; 14,36ss la notte del Getsemani. A queste si possono aggiungere le parole di Gesù sulla croce. Solo pochi cenni, ma posti in contesti importanti.
All'alba Gesù si alza e si reca in un luogo deserto, per poter finalmente raccogliersi da solo a pregare il Padre (Mc 1,35). Questo è ancora un’insegnamento, poiché per pregare occorre tornare in se stessi, e quindi occorre "entrare nella propria stanza e chiudere la porta" alle impressioni e pressioni esterne, e pregare il Padre (Mt 6,6, preambolo al "Padre nostro"). I Padri spiegano che questa stanzetta misteriosa significa salire sulla Croce con il Signore e pregare insieme con Lui.
Simone e gli altri di questo non sono contenti. La folla fa pressione su loro, ed essi cercano il Signore e Lo trovano (Mc 1,36), e perfino Lo sollecitano con un rimprovero: “Tutti Ti cercano..." (Mc 1,37). Certo, le necessità della povera folla sono penose e infinite, ma il Signore adesso è cercato solo perché è considerato come il guaritore a disposizione, pronto e gratuito.
«quelli che erano con lui»: Alcune traduzioni preferiscono «i suoi compagni». La nostra traduzione, anche se più ingombrante, mantiene l'ambiguità dell'originale che non chiarisce se quelli al seguito fossero i quattro discepoli (1,29) o un gruppo più ampio della famiglia di Simone. Un'analoga espressione e ambiguità si trova in 3,21 (i suoi «familiari»: letteralmente «quelli attorno a lui»).
«si misero sulle sue tracce»: Il greco katadiṓkō ha la connotazione di «inseguire» in un senso ostile. Nei LXX è usato per l'inseguimento degli Israeliti da parte dell'esercito del faraone (Es 14,4.8.9.23) e nei salmi è molto frequente per l'inseguimento del giusto sofferente da parte dei suoi nemici (Sal 7,6; 18,38; 31,16; 38,20; 69,27; 109,16.31; 119,84.86.150.161). Questa è la prima indicazione dei progressivi malintesi tra Gesù e quelli che gli stanno più vicini - la sua famiglia (3,21-35) e i suoi discepoli - che si manifesteranno nel corso della narrazione.
«Tutti ti cercano!»: Anche se questo ribadisce il motivo della fama di Gesù (vv. 32-34), il verbo «cercare» (zētéō) assumerà in Marco una connotazione progressivamente negativa quando la gente comincia a non capire Gesù (3,32; 8,11-12) o quando sono gli avversari che lo cercano (11,18; 12,12; 14,1; cfr. 3,6). L'idea che «tutti» cercano Gesù è un altro esempio della tecnica di universalizzazione usata da Marco.
La risposta di Gesù è traversa e significante. Egli ha raccolto i primi discepoli e questi debbono andare con Lui ormai nei paesi intorno. Lì il Signore deve predicare (kērýssō) l'Evangelo del Regno (vedi quanto detto per la Domenica III, Mc 1,14-15), poiché per questo scopo preciso venne tra gli uomini (Mc 1,38). E così và e predica a cominciare dalle sinagoghe (synagōgàs autōn) si noti il “loro”), per l'intera Galilea e ancora a recuperare il Regno al Padre, espellendo i demoni e il loro regno (Mc 1,39; vedi anche Mc 3,23- 27; e 1 Gv 5,19).
I testi eucologici
Antifona alla Comunione Sal 106,8-9
Rendiamo grazie al Signore per la sua misericordia,
per i suoi prodigi verso i figli degli uomini;
egli sazia il desiderio dell'assetato
e ricolma di beni l'affamato.
Ancora un salmo (AGC). I fedeli sono “oggi qui” chiamati dall’orante a celebrare il Signore per le sue infinite misericordie e tra queste spicca tra tutte la cura personale del Signore che dà cibo divino alle anime affamate rendendo gradevole la vita davanti a Lui.
Questi fatti si ripetono oggi sia dall’ascolto della Parola, sia dalla comunione dello Spirito che si attinge alla Mensa dei Misteri, sia dall’appartenenza alla Chiesa, la Sposa del Signore, la Madre, l’Orante.
I Colletta
Custodisci sempre
con paterna bontà la tua famiglia, Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te,
aiutaci sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore...
La I preghiera chiede che la “famiglia di Dio” che sono i servi del Signore sia protetta dalla Divina grazia, nella quale solamente confida.
Oppure II Colletta:
O Dio, che nel tuo amore di Padre
ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini
e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio,
rendici puri e forti nelle prove,
perché sull'esempio di Cristo
impariamo a condividere con i fratelli
il mistero del dolore,
illuminati dalla speranza che ci salva.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
La II preghiera è più curata e ritroviamo i temi sviluppati nella lectio: l’amore di Dio e la sua misericordia per le necessità dell’umanità sofferente, che vengono redente perché unite alla sofferenza di Cristo sulla Croce e alla sua Resurrezione.
lunedì 2 febbraio 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano
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