don Giorgio Scatto"Convertirsi è andare verso la novità della Pasqua "


Letture: Gen 9, 8-15…..1 Pt 3, 18-22…..Mc 1, 12-15
E’ di nuovo Quaresima. Con una grazia nuova e una consapevolezza maggiore rispetto alla Quaresima dell’anno scorso. L’esperienza cristiana, infatti, è una strada: chi la percorre, con convinzione e amore, non si ritrova mai al punto di partenza. Corre in avanti, attratto e sostenuto dalla luce della Pasqua. Camminando, il
cammino si apre ulteriormente, introducendo passo dopo passo il credente nella vita del Cristo, il crocifisso risorto.
La Quaresima non è il tempo dell’ira di Dio, delle nostre decisioni ascetiche, della nostra ostentata carità. E’ il tempo in cui il Dio della creazione e della storia si propone ancora una volta alla nostra umanità come il Dio dell’alleanza. Leggiamo, infatti, nella Genesi: “Questo è il segno dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle nubi perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra” (Gen 9, 12.13). Dio non è il dio della guerra. Non combatte l’uomo, ma la violenza che uccide l’uomo. Dio vuol vivere in alleanza con l’umanità che ha creato. La Pasqua di Gesù, cui la Quaresima conduce, e dalla cui luce è attratta, è il sigillo definitivo dell’alleanza: “Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio, messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito” (1 Pt 3, 18). Quaresima, dunque, come cammino, come desiderio, come attesa di una comunione piena. Celebrare la Pasqua sarà come vivere l’estasi di un amore dato per sempre.
Questo cammino, come quello di Gesù verso la sua Pasqua, è determinato dallo Spirito Santo. Lui ci precede sempre e ci indica la via. Domandiamoci: dove ci spinge con forza lo Spirito di Dio? Nel deserto. Un luogo “grande e spaventoso” (Dt 1, 19). “Luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua” (Dt 8, 15). Per quanto tempo si dovrà stare nel deserto? Per quaranta giorni, o quarant’anni. Come a dire, con il linguaggio della Bibbia, per tutta la vita. La traversata non è facile, lo sappiamo, se abbiamo un po’ di esperienza della condizione umana. E tante volte nel deserto si soccombe. Sappiamo anche questo. Il deserto non è vuoto, è abitato da molti idoli, che sono i volti plurali del satana, soprattutto il volto del potere, dell’avere, dell’apparire. Dice la Scrittura: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quaranta anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti” (Dt 8, 2 -3). Israele, tentato da satana, ha ceduto, e ha perso la battaglia. Gesù, condotto nel deserto dallo Spirito, ha combattuto e ha vinto. Perché? Perché non ha confidato nella sua forza ma si è consegnato, come un bimbo in braccio alla madre, alla Parola del Signore. Sta scritto, infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai; a lui solo renderai culto” (Dt 6, 13).
Marco usa due immagini per suggerirci la vittoria di Gesù sulla tentazione: “Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”. E’ un riferimento ad Adamo che, prima del peccato, aveva imposto il nome a tutti gli animali, come segno del suo dominio sulla creazione (Gen 2, 20). La ritrovata armonia con gli animali è il segno della comunione ristabilita da Gesù tra Dio e l’uomo. Gesù, vittorioso sul male, ha riconciliato con Dio tutte le cose. Anche gli angeli lo servono. Leggiamo in una bella pagina della lettera agli Ebrei: “A quale degli angeli Dio ha mai detto: <<Tu sei mio figlio oggi ti ho generato>>? E a quale degli angeli ha mai detto: <<Siedi alla mia destra, finché io non abbia messo i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi>>?” (Eb 1, 5.13).
Nel Vangelo di Marco viene raccontato prima il battesimo di Gesù, poi il brano delle tentazioni nel deserto e infine, dopo che Gesù fu arrestato, il ritorno in Galilea e la proclamazione del Vangelo di Dio. La predicazione rende attuale l’intervento di Dio. Tutte le volte che il Vangelo viene annunciato, Dio è in azione. Se ne ricordino quanti hanno ricevuto questo ministero.
 Dire che “il tempo è compiuto” e che “il Regno di Dio è vicino” è come dire che ormai, con la predicazione del Vangelo tutto ci viene donato, non c’è più nulla da attendere. Questo nostro tempo è il tempo più opportuno, più a noi favorevole per ricevere, per mezzo di Gesù, la pienezza dei doni promessi da Dio. Di fronte a questa realtà nasce l’esigenza della “conversione”, di un mutamento radicale dei pensieri, dei progetti, degli stili di vita. Convertirsi non è tornare indietro. E’ andare avanti, verso quella novità di vita che è la Pasqua del Signore. Convertirsi significa porsi di fronte al Vangelo annunziato da Gesù e aderirvi con tutte le forze del corpo e dell’anima. Allora il momento decisivo, “il momento favorevole, il giorno della salvezza” (2 Cor 6, 2) è quello in cui mi decido se il Vangelo mi interessa oppure no. Scriveva un teologo: “E’ necessario che il Vangelo venga predicato, affinché, attraverso la predicazione, l’uomo pervenga alla conversione e alla fede. Il Vangelo è la strada per accedere alla fede, a Dio e al Cristo” (W. Trilling).
Nel tempo di Quaresima fa bene anche il digiuno del corpo. Il profeta Isaia ci mette tuttavia in guardia scrivendo: “Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo senza trascurare i tuoi parenti?” (Is 58, 6 -7)
Il lavoro è impegnativo, per tutti.
Giorgio Scatto

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