Enzo Bianco, sdb "Ma forse lebbrosi lo siamo un po' tutti..."

15 febbraio 2015 | 6a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
Il gesto di Gesù: semplice. Venuto tra gli uomini a rivelare l'amore che il Padre celeste nutre per le sue creature, Gesù lascia trapelare concretamente questo amore nelle sue azioni. Si commuove davanti a un lebbroso, lo guarisce, e lo restituisce alla vita sociale.
Oggi ci sono ancora lebbrosi? Certo. Le statistiche mondiali dicono 5 o 6 milioni di lebbrosi registrati,
quindi ufficiali, e lebbrosi clandestini in numero quattro o cinque volte superiore. In tutto fra i 20 e i 30 milioni di malati, che di solito tengono nascosta la loro infermità. E noi finiamo per immaginare che non esistono.

* Il nome vero, ufficiale della lebbra è "Morbo di Hansen". Malattia infettiva e cronica, è causata da un batterio che colpisce la pelle in modo anche molto invalidante. In passato era considerata una maledizione di Dio, e ritenuta incurabile. Oggi risulta non molto contagiosa, e facilmente curabile.
Però c'è ancora: ogni anno vengono diagnosticati nel mondo più di 200mila casi nuovi.
I malati risultano dislocati soprattutto nel sud del Continente Asiatico. In Italia nei tempi recenti vengono diagnosticati da 6 a 9 casi nuovi all'anno, e per lo più si tratta di immigrati o di italiani rientrati dopo parecchi anni di residenza all'estero. E quattro centri medici si prendono cura di loro.

NEL VANGELO, TRE TRASGRESSIONI

Nell'episodio del Vangelo Marco descrive tre trasgressioni alla legge di Mosè, che vengono compiute anzitutto dal lebbroso ma anche da Gesù: sono gravissime, tali da poter essere punite dalle autorità anche con la lapidazione.

* Prima trasgressione. Anzitutto il lebbroso osa avvicinarsi alla gente, mescolarsi con essa. Era severamente proibito.
Giuridicamente il lebbroso non faceva più parte del popolo d'Israele. Doveva vivere lontano dai centri abitati, indossare come divisa abiti stracciati, portare capelli spettinati e in disordine. Se per gravi necessità fosse stato costretto ad avvicinarsi ai sani, doveva annunciarsi da lontano suonando un campanello e gridando: "Immondo! Immondo!".
La violazione di queste prescrizioni era grave al punto da venir punita con la morte. E ora, il lebbroso incontrato dal Signore si è portato davanti a lui con la massima imprudenza, ha infranto clamorosamente la legge, merita la lapidazione.

* Seconda trasgressione. Non meno grave, riguarda Gesù, che osa toccare il lebbroso. La paura del contagio era tale che il malato veniva considerato intoccabile: chi giungeva a contatto con lui, un immondo, era considerato a sua volta legalmente impuro, e messo al bando. Almeno per qualche tempo.
Ma Gesù passa sopra le pastoie legali: lui pratica la legge della carità, compie il gesto provocatorio e tocca il lebbroso giuridicamente intoccabile.

* Terza trasgressione. Che però produce per Gesù un effetto paradossale. Se accadeva che un malato guarisse, doveva presentarsi ai sacerdoti, che in quella società poco strutturata fungevano anche da medici delle Asl: essi avevano il potere di reintegrare il guarito nella vita sociale.
Perciò Gesù invia ai sacerdoti il lebbroso che ha risanato, ma gli impone anche di non dire a nessuno che è stato lui a guarirlo. Invece il lebbroso trabocca di gioia incontenibile, e seguendo l'impulso del cuore fa esattamente l'opposto. Senza preoccuparsi di andare alle Asl, grida a tutti che è ritornato sano, e che a guarirlo è stato Gesù. Così, da emarginato e socialmente escluso com'era, diventa testimone entusiasta del Signore.

* Ora tutti cercano Gesù più di prima, anzi producono attorno a lui tali affollamenti, che il Signore assediato dalla gente non può più entrare nei centri abitati. Così si ha il curioso rovesciamento delle posizioni iniziali, che l'evangelista Marco racconta con tono divertito:
- il lebbroso, che prima era costretto a starsene lontano dai centri abitati, ora dopo la guarigione può di nuovo vivere in mezzo alla gente;
- invece Gesù, che prima si aggirava libero per villaggi e città, ora è assediato dalle folle e deve tenersi lontano dai centri abitati. Ora è lui che deve rimanere nei "luoghi deserti".
Ma intanto le trasgressioni hanno rivelato chi è veramente Gesù: i suoi prodigi sono segni inequivocabili che rivelano la sua natura divina.

GESÙ HA DATO L'ESEMPIO

Intanto il Signore ha dato l'esempio di come ci si deve comportare con gli infermi. E si aspetta che i suoi discepoli pratichino la sua stessa misericordia. Sosteneva Madre Teresa di Calcutta, esperta in materia: "Non ci sono lebbrosi. C'è solo la lebbra, e la si può curare".

* In questo campo la storia ci segnala fulgide figure. Come padre Damiano, medico e sacerdote belga, che nell'Ottocento aprì il suo lebbrosario a Molokai (Hawaii), curò e guarì tanti malati, ma non badò a se stesso e morì di lebbra dopo lunga battaglia. Come don Luigi Variara, missionario italiano in Colombia, fondatore di una congregazione speciale, che offriva a giovani lebbrose la possibilità di diventare suore. O il giornalista francese Raoul Follereau, che per scrivere un articolo andò a vedere con i suoi occhi la lebbra, ma quel viaggio gli cambiò la vita e divenne l'apostolo dei lebbrosi. Erano i tempi della guerra fredda, osò proporre a Eisenhower e Malenkov, presidenti di Stati Uniti e Urss, di rinunciare a un aereo di combattimento per parte, assicurando: "Con il costo di questi due bombardieri, potrei curare tutti i lebbrosi del mondo".

* Oggi si fa molto contro la lebbra, ma molto ci resta ancora da fare.
- Anzitutto non si devono chiudere gli occhi sul problema, perché non è ancora risolto. Le statistiche dicono che col lievitare della popolazione nel mondo il numero complessivo dei malati continua a crescere. Il contagio della lebbra oggi è divenuto molto più raro. Ma di fatto la povertà, la mancanza d'igiene, la denutrizione, l'ignoranza delle elementari norme di prevenzione, favoriscono il diffondersi del male.
- Anche la mentalità della gente in certe parti del mondo non aiuta la guarigione. In certe regioni dell'Asia non pochi - per strane convinzioni religiose - ritengono che i lebbrosi si sono meritata la lebbra, che essi con la malattia scontano in questa vita i peccati che avevano commesso in un'esistenza precedente. E al limite c'è chi ritiene giusto che i lebbrosi si tengano la loro malattia.
- La parola lebbra esercita ancora oggi tutto il suo fascino negativo, e noi consideriamo tanti gruppi sociali come contagiati da "lebbre" moderne: emarginati, sradicati ed esclusi, infelici dimenticati negli ospedali, immigrati che non riescono a inserirsi, barboni, disagiati sociali, persone anziane e sole. Lebbrosi nella nostra società, come lo erano i lebbrosi nei tempi antichi.
- Infine è molto radicato un forte simbolismo della lebbra sul piano spirituale: come essa aggredisce i nostri corpi, così trasgressione e peccato aggrediscono le nostre anime. E perciò in fondo all'anima ci sentiamo un po' tutti lebbrosi, bisognosi che il Signore tocchi il nostro cuore e ci risani.

* In sostanza occorre che Gesù venga a guarirci dentro, e forse troveremo più forza e gioia per vivere - suggerisce sovente Papa Francesco - con tenerezza in mezzo agli altri.
Enzo Bianco, sdb

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