GIOVANNINI Attilio sdb "Il vero sacrificio."
1 marzo 2015 | 2a Domenica - T. Quaresima B | Appunti per la Lectio
* Dio mise alla prova Abramo.
È probabile che il racconto all'inizio volesse spiegare l'origine di un luogo di culto, il monte Moria, successivamente identificato col sito del tempio di Gerusalemme, e che poi venisse usato per contestare i sacrifici umani (ancora praticati dai cananei), e che infine, inserito nel ciclo di Abramo, il racconto servisse per illustrare la straordinaria fede del patriarca, l'uomo totalmente
affidato al suo Dio, fino a sacrificargli l'unico figlio, ma meritando così la benedizione di una numerosa discendenza e di una nuova più alta paternità, la paternità dei credenti.
La prova a cui è sottoposto Abramo è la massima. Egli, che già ha dovuto rinunciare al suo passato, lasciando la sua terra, la sua casa, la sua impresa... per obbedire alla chiamata di Dio, ora deve abbandonare anche il suo futuro, il figlio, per riconoscere l'assoluta sovranità di Dio sulla sua vita.
Quella che la tradizione rabbinica ha chiamato la aqedà - la legatura (dato che il figlio Isacco non è stato alla fine immolato), è in realtà un vero sacrificio, in cui Abramo non ha offerto a Dio solo il figlio, ma anche se stesso, tutta la sua speranza. E questa è stata la condizione perché lui potesse divenire lo strumento del piano divino. Su di lui Dio ha potuto costruire il popolo della fede, il popolo che riconosce un solo Dio, fonte di tutta la sua vita, e resta fedele alla sua alleanza a tutti i costi.
Questo popolo raggiungerà il vertice della fede con Gesù di Nazaret, campione insuperabile di affidamento senza condizioni al Padre.
È lui il vero figlio amato, il vero Isacco dato in sacrificio, non sottratto all'ultimo; lui che come Isacco accetta di essere sacrificato, si lascia volontariamente legare e uccidere.
La sua uccisione, come quella di Isacco, sembra la fine di ogni sogno, invece è la vittoria del piano di Dio, e in Gesù saranno davvero benedette tutte le genti.
Ora, la fede di Abramo, attraverso Gesù, si propaga fino a noi. A noi ora è dato di fidarci di Dio senza paura; a noi è dato di lasciare tutte le nostre sicurezze mondane, per credere nel progetto di Dio che supera la nostra intelligenza.
Dio nella sua imperscrutabile sapienza ha lasciato che gli uomini uccidessimo il suo Figlio, per poi fare della massima ingiustizia il principio della nostra giustificazione. La colpa è diventata salvezza! Solo Dio riesce a fare tali cose.
Questa consegna del Figlio ci dà la prova suprema del suo amore. Poteva Dio amarci di più? A ragione san Paolo afferma:
* Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?
Se Dio è dalla nostra parte, chi ci potrà accusare?
* Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio...
non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?
Perciò di fronte a qualunque prova noi possiamo fidarci di Dio e rimanere nella sua pace. Di più: possiamo offrire il nostro patimento come sacrificio a Dio gradito e ricevere la sovrabbondante benedizione con cui egli ripaga la fede.
Come ci esorta san Paolo, noi dobbiamo:
* offrire le nostre persone come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio.
Lo ribadisce san Pietro:
* siete costituiti... per offrire sacrifici spirituali a Dio graditi, mediante Gesù Cristo.
Cioè come Gesù e con Gesù dobbiamo rinunciare alla nostra volontà per abbracciare quella di Dio. Ricercare non una nostra salvezza, ma quella offerta da Dio.
E questo si può fare proprio unendoci a Gesù attraverso l'eucaristia. Non per niente nella preghiera eucaristica diciamo:
[Lo Spirito] faccia di noi un sacrificio a te gradito...
o anche:
Accetta anche noi, o Padre, insieme con l'offerta del tuo Cristo...
Ci sentiamo di dirlo davvero oggi, di dare questa parola?
GIOVANNINI Attilio sdb
* Dio mise alla prova Abramo.
È probabile che il racconto all'inizio volesse spiegare l'origine di un luogo di culto, il monte Moria, successivamente identificato col sito del tempio di Gerusalemme, e che poi venisse usato per contestare i sacrifici umani (ancora praticati dai cananei), e che infine, inserito nel ciclo di Abramo, il racconto servisse per illustrare la straordinaria fede del patriarca, l'uomo totalmente
affidato al suo Dio, fino a sacrificargli l'unico figlio, ma meritando così la benedizione di una numerosa discendenza e di una nuova più alta paternità, la paternità dei credenti.
La prova a cui è sottoposto Abramo è la massima. Egli, che già ha dovuto rinunciare al suo passato, lasciando la sua terra, la sua casa, la sua impresa... per obbedire alla chiamata di Dio, ora deve abbandonare anche il suo futuro, il figlio, per riconoscere l'assoluta sovranità di Dio sulla sua vita.
Quella che la tradizione rabbinica ha chiamato la aqedà - la legatura (dato che il figlio Isacco non è stato alla fine immolato), è in realtà un vero sacrificio, in cui Abramo non ha offerto a Dio solo il figlio, ma anche se stesso, tutta la sua speranza. E questa è stata la condizione perché lui potesse divenire lo strumento del piano divino. Su di lui Dio ha potuto costruire il popolo della fede, il popolo che riconosce un solo Dio, fonte di tutta la sua vita, e resta fedele alla sua alleanza a tutti i costi.
Questo popolo raggiungerà il vertice della fede con Gesù di Nazaret, campione insuperabile di affidamento senza condizioni al Padre.
È lui il vero figlio amato, il vero Isacco dato in sacrificio, non sottratto all'ultimo; lui che come Isacco accetta di essere sacrificato, si lascia volontariamente legare e uccidere.
La sua uccisione, come quella di Isacco, sembra la fine di ogni sogno, invece è la vittoria del piano di Dio, e in Gesù saranno davvero benedette tutte le genti.
Ora, la fede di Abramo, attraverso Gesù, si propaga fino a noi. A noi ora è dato di fidarci di Dio senza paura; a noi è dato di lasciare tutte le nostre sicurezze mondane, per credere nel progetto di Dio che supera la nostra intelligenza.
Dio nella sua imperscrutabile sapienza ha lasciato che gli uomini uccidessimo il suo Figlio, per poi fare della massima ingiustizia il principio della nostra giustificazione. La colpa è diventata salvezza! Solo Dio riesce a fare tali cose.
Questa consegna del Figlio ci dà la prova suprema del suo amore. Poteva Dio amarci di più? A ragione san Paolo afferma:
* Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?
Se Dio è dalla nostra parte, chi ci potrà accusare?
* Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio...
non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?
Perciò di fronte a qualunque prova noi possiamo fidarci di Dio e rimanere nella sua pace. Di più: possiamo offrire il nostro patimento come sacrificio a Dio gradito e ricevere la sovrabbondante benedizione con cui egli ripaga la fede.
Come ci esorta san Paolo, noi dobbiamo:
* offrire le nostre persone come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio.
Lo ribadisce san Pietro:
* siete costituiti... per offrire sacrifici spirituali a Dio graditi, mediante Gesù Cristo.
Cioè come Gesù e con Gesù dobbiamo rinunciare alla nostra volontà per abbracciare quella di Dio. Ricercare non una nostra salvezza, ma quella offerta da Dio.
E questo si può fare proprio unendoci a Gesù attraverso l'eucaristia. Non per niente nella preghiera eucaristica diciamo:
[Lo Spirito] faccia di noi un sacrificio a te gradito...
o anche:
Accetta anche noi, o Padre, insieme con l'offerta del tuo Cristo...
Ci sentiamo di dirlo davvero oggi, di dare questa parola?
GIOVANNINI Attilio sdb
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