JUAN J. BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA: Mt 1,29-39

8 febbraio 2015 | 5a Domenica - T. Ordinario B | Lectio Divina
Il vangelo che abbiamo ascoltato ci ha offerto l'opportunità di contemplare Gesù per un giorno della sua vita, nella prima tappa della sua missione per la Galilea; un giorno come tanti altri, di una febbrile attività in favore dei malati che erano raccolti attorno a lui. Questo Gesù,
guaritore instancabile ed efficace, può risultarci oggi strano, fuori dalle nostre preoccupazioni e lontano del nostro mondo; perché, e nonostante quello che possiamo sapere su lui e ci hanno raccontato, non ci risulta che, almeno nel nostro caso, ci abbia curati qualche volta di qualcosa; i nostri incontri con lui non ci hanno lasciato meno afflitti dai nostri mali o più guariti da essi; nel nostro ambiente continua a regnare il male, come continua a regnare, nel nostro cuore; i nostri cari continuano ad ammalarsi, e non già solo corporalmente, perfino ci sono strappati prematuramente dalla morte, questo male radicale che sembra dominare la nostra vita, come bene lo espresse Giobbe.

29 Uscendo dalla sinagoga, Gesù andò immediatamente a casa di Simone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni.
30 La suocera di Simone era a letto con la febbre. Le parlarono subito di lei, 31egli si avvicinò, la prese per mano e la fece alzare. La febbre sparì e si mise a servirli.
32 All'imbrunire, al tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati. 33 La popolazione intera si accalcava alla porta.
34 Egli curò allora molti malati da diversi mali ed espulse molti demoni, ma a questi non permetteva loro di parlare, perché sapevano chi era.
35 Al mattino presto, prima dell'alba, uscì e andò in un posto solitario e si mise a pregare. 36Simone ed i suoi compagni si misero a cercarlo.
37 Quando lo trovarono, gli dissero: "Tutti ti cercano."
38 Gesù rispose loro:
"Andiamo da un'altra parte, nei paesi vicini, perché io predichi anche lì, per questo infatti sono venuto."
39 Ed andò a predicare nelle sinagoghe per tutta la Galilea, scacciando i demoni.

1. LEGGERE:
Capire quello che dice il testo e come lo dice

Il nostro testo presenta due scene e due temi differenti. Il primo racconta succintamente la guarigione della suocera di Pietro (Mc 1,29-31). Con ciò si chiude il primo giorno del suo ministero pubblico, nel quale aveva guarito già un indemoniato (Mc ,21-28). Si aggiunge qui un commento che generalizza la lotta del Gesù contro il male che possiede tanti. È rilevante che Gesù dedichi la giornata della sua attuazione messianica a combattere, e vincere, la malattia ed il demonio che non tace "perché" sapeva chi era. Non è il diavolo che deve proclamare l'identità del Messia. La seconda scena attira ancora di più l'attenzione: Gesù si rifugia, "molto" di buon mattino nella preghiera, dalla quale è "interrotto" e "restituito" alla gente necessitosa da Pietro e dai suoi accompagnatori (Mc 1,35-39): lo cercano i suoi discepoli, perché tutti stanno cercandolo. E Gesù lascia la preghiera e lascia Cafarnao per andare a predicare in Galilea.
La guarigione della suocera di Pietro è la prima delle otto guarigioni che si narrano nel vangelo (1,29-31.44-45; 2,1-12; 3,1-5; 5,24-34; 7,31-37; 8,22-26; 10,46-52). Nel racconto non ci sono dettagli straordinari; più che risaltare il potere taumaturgico di Gesù, punta verso la finalità del discepolato: chi è guarito deve mettersi a servire. La suocera, guarita, si mette immediatamente a servire; il servizio alla comunità di Gesù ed ai suoi discepoli prova la salute recuperata e descrive l'attuazione che caratterizza il discepolo. Il benessere che si riceve con la guarigione di Gesù è un bene che bisogna dare agli altri, mettendosi a servirli. Il primo giorno di Gesù si chiude più che con la cura di una donna febbricitante con il servizio alla comunità di Gesù.
Gesù inizia il suo 'secondo' giorno da solo con Dio. Marco normalmente non presenta frequentemente Gesù in preghiera (Mc 6,46; 14,32-42). Qui ci fa sapere che, dietro una giornata di intensa attività taumaturgica, Gesù ebbe bisogno di solitudine con Dio. Ma poco gli durò il ritiro. Sono tanti quelli che lo cercano, 'tutti!' e deve ritornare al ministero; glielo fanno notare i suoi che devono mettersi a cercarlo: affinché tutti l'abbiano, i discepoli devono sapere dove è andato e seguirlo fino a trovarlo. Curioso che siano quelli che lo seguono che 'ricordano' a Gesù che ha ancora molto da fare e che la Galilea lo aspetta e anche molti indemoniati…!

2. MEDITARE:
APPLICARE QUELLO CHE DICE IL TESTO ALLA VITA

Riassumendo l'attività di una giornata, l'evangelista presenta Gesù curando e pregando, tra la gente bisognosa di lui… e avendo bisogno di Dio per ritornare di nuovo alla gente. La guarigione della suocera di Pietro è stata facilitata dalla sequela di Simone che gli ha permesso di avere una casa. Gesù non può convivere col male e, entrato in casa, non libera solo la donna dalla febbre, la restituisce, inoltre, al servizio della casa. Curare di sabato (1,21) toccando una donna (1,31) non era miglior modo di fare miracoli. Per fare il bene dove va, Gesù non si sente obbligato a seguire le prevenzioni sociali.
La sua lotta contro il male segue fino all'imbrunire. E quando Gesù si libera dei malati, cerca di trovarsi con Dio da solo. Della sua solitudine e della sua preghiera lo tireranno fuori i suoi discepoli, perché, ancora di buon mattino, la gente continua a cercarlo. Ed in ciò Gesù riconoscerà l'urgenza di continuare la sua missione. Dio non lo distrae dal suo compito; la solitudine cercata è momentanea; la necessità della sua gente gli ricorda il suo compito. Non c'è riposo per chi si sa inviato: finché il vangelo ha uditori e Dio un popolo che lo cerca, il suo apostolo non avrà tempo per riposare né posto dove rifugiarsi. Neanche la preghiera è una buona scusa.
Oggi potremmo domandarci perché non abbiamo scoperto noi, credenti in lui già da tanto tempo, quel Gesù che videro quegli uomini di Galilea in un giorno normale della sua vita. Il racconto evangelico offre tre piste di riflessione a chi glielo domanda; meditare su come riuscirono quegli uomini, ci darebbe la possibilità di farlo anche noi.
Gesù fu invitato a casa di un discepolo e, subito, gli parlarono di chi stava lì prostrato a letto, malato di febbre. Bastò sapere che qualcuno era malato per mettersi a curarlo. Qui può esserci una delle ragioni per le quali Gesù non trova la forma di liberarci dai nostri mali, come sarebbe la sua volontà: né l'invitiamo perché ci visiti, né gli parliamo del male che esiste nella nostra casa. Invitarlo, benché sappiamo che non tutto in lei è ben disposto; aprire le porte a Cristo che viene a noi, senza paura che scopra il nostro male, quel malessere che ci sorpassa e domina; incoraggiarlo affinché condivida soffitto e famiglia con noi, sapendo che tutti in casa possono riceverlo non bene, sarebbe il primo passo da fare, se realmente desiderassimo la guarigione.
Il male che possa esistere in noi o nei nostri, qualunque sia la forma sotto la quale si presenta, non è una buona scusa per mantenere Gesù lontano da noi né lontano della nostra famiglia: portarlo a casa, coi nostri, gli darà l'opportunità di avvicinarsi al nostro male e guarirci. Con Gesù in casa, il male non è tanto opprimente, tanto insopportabile; e la nostra famiglia rimarrà al di fuori delle disgrazie. Ma bisogna avere il coraggio di introdurre Gesù in casa, come fece Pietro, senza che ci importi molto se c'è ordine in essa o se tutti lo vogliono o possono mettersi al suo servizio: dovremmo perdere la paura di dover parlare con lui dei nostri mali, di quei mali che nascondiamo agli altri, ma alimentiamo in noi; scoprirli a Gesù ci farà scoprire in Gesù il nostro salvatore; la nostra guarigione, come quella della suocera di Simone, dipende dalla nostra sincerità con Gesù: nascondergli i nostri mali, ci condanna a vivere con essi, fomentandoli in gran segreto.
Al tramonto, tutti gli portavano i malati e i posseduti; e curò molti di essi da diversi mali. È vero che non tutti ebbero la possibilità di invitare a casa Gesù, di avvicinarlo ai loro mali ed ai malati. Ma sarà sempre possibile andare verso di lui con i propri malati e coi mali personali; alla fine della nostra giornata, quando ci siamo liberati delle nostre occupazioni, con la calma che disponiamo, possiamo andare vicino a lui, precisamente perché non abbiamo un altro a chi presentare il male che c'è in noi con la speranza che ci liberi una volta per tutte. Per strano che sembri, è così: perdiamo tante opportunità di trovarci con Gesù, perché ci sentiamo indegni di lui; e lo siamo in realtà, ma questa non è una buona ragione per rimanere lontano da lui, quella è la migliore ragione che abbiamo per andare in cerca di chi venne per i peccatori e non per i giusti.
Se non abbiamo migliori motivi, abbiamo almeno il nostro male, il peccato in cui viviamo e col quale vivono i nostri; queste sì che sono buone ragioni per stare alla sua ricerca desiderando di vederci liberi dei nostri demoni personali. Riempiamo la nostra vita di occupazioni che possono aspettare ancora un giorno, di preoccupazioni che non durano un anno; ci angoscia la nostra incapacità di fare qualcosa per cui valga la pena: perché non trovare un tempo di tranquillità per occuparci di Gesù e dargli occasione che si occupi dei nostri mali? Niente è più vergognoso di dover riconoscere la nostra malizia: solo chi sa della sua malattia può cercare chi guarisce; ignorando i nostri mali, dimenticandoci di essi, invece di curarci li fomentiamo, li facciamo più grandi e più temibili.
'Di buon mattino, andò in un posto solitario e lì si mise a pregare. Simone ed i suoi compagni lo trovarono e gli dissero: Tutti ti cercano.' Non dovrebbe meravigliarci che un Gesù che non è stato invitato ad entrare in casa e che non fu cercato nella pubblica piazza, cadesse nella tentazione di ritirarsi e di nascondersi. A volte bisognerà andare a cercarlo, senza lasciarsi scoraggiare per la sua sparizione; e lo trovano, come quel giorno coloro che sanno dove cercarlo, in un posto deserto, e sanno che cosa fa, pregare. La preghiera, quanto più difficile perché lo sentiamo assente, è più efficace perché più faticosa, è la strada per trovarlo di nuovo. Chi sa pregare così, indovina dove è andato il suo Dio e lo convince affinché ritorni a tutti quelli che lo continuano a cercarlo, a quanti, come succede ancora oggi, hanno bisogno di lui. Chi prega non dispera di trovarsi con Dio; e quando lo trova, lo convincerà affinché ritorni al mondo e si imbatta con quanti lo cercano.
Il mondo ha bisogno di uomini che sanno dove trovare Dio, perché si sono messi a seguirlo che conoscono bene i posti dove abita, perché hanno ritardato con lui in preghiera. Chi sa pregare, sa dove correre per chiedere la sua guarigione e quella dei suoi. E non bisogna dimenticare che furono i discepoli, Simone ed i suoi compagni, che sapevano dove si era messo Gesù e che lo restituirono al suo lavoro. È compito dei discepoli, dunque, incontrare Gesù e renderlo a chi lo cerca. Per questo i cristiani oggi, che lo sappiano o no, hanno bisogno di Cristo: perché si accorgano che lo si vuole ancora e che deve ritornare al nostro mondo.
E percorse la Galilea, predicando e scacciando demoni. Chi di noi vorrà dedicare un tempo per chiedere a Gesù che ci guardi finalmente, perché siamo tanti quelli che lo cerchiamo? Chi riuscirà a convincerlo che abbiamo bisogno ancora di lui? Vale la pena di essere discepolo, convivere con lui, conoscerlo da vicino, sapere dove si è fermato, per restituirlo ai nostri. Significherebbe per molti la salvezza, se ci fosse qualcuno, qualche apostolo, che sapesse dove sta Gesù e ce lo restituisce… Succedette già in Galilea una volta; perché non può ripetersi tra noi oggi?

                                                                                     JUAN J. BARTOLOME sdb

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