Luca Desserafino sdb "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?"
1 MARZo 2015 | 2a Domenica - T. Quaresima B | Omelia
2a Domenica - T. Quaresima - B
La liturgia di questa seconda domenica di quaresima è come dominata da due montagne che si stagliano alte, affascinanti e terribili, di fronte alla banalità del nostro vivere quotidiano: il monte Moria e il Tabor.
Il libro della Genesi
ci presenta quel terribile e silenzioso viaggio di tre giorni, affrontato con fede dal patriarca Abramo verso la vetta della
prova: è il paradigma di ogni itinerario di fede e dello stesso cammino quaresimale. È un percorso difficile e combattuto, accompagnato solo da quel comando implacabile: "Prendi il tuo figlio, il tuo unico figlio che ami e offrilo in olocausto!". Poi il silenzio. Silenzio di Dio, silenzio di Abramo, silenzio del giovane e ignaro Isacco che una sola volta, con ingenuità straziante, "si rivolse al padre e disse: 'Padre mio!' 'Eccomi, figlio mio'! Dov'è l'agnello per l'olocausto? - Dio stesso provvederà, figlio mio!" È la fede al livello più alto o, se si vuole, a quello semplice e puro del bambino che si fida totalmente del padre senza alcun tentennamento.
* Dio mette alla prova Abramo facendogli balenare la possibilità della distruzione della sua paternità. Egli deve rinunciare alla sua paternità per appoggiarsi unicamente alla Parola di Dio.
* È la fede allo stato puro, si potrebbe dire. Ad assicurargli la posterità non è il figlio Isacco, ma solo la Parola del Signore. Sì, solo la Parola del Signore è la roccia su cui fondarsi, il bastone su cui appoggiarsi, il fondamento su cui costruire.
* E così, dopo la prova, Abramo riceve Isacco non più come figlio della sua carne, ma come il figlio della promessa divina, il figlio della Parola.
L'episodio della Trasfigurazione narrato dal Vangelo di Marco si inserisce molto bene nell'itinerario di conversione proposto dalla quaresima.
Il volto trasfigurato, le vesti splendenti, la nube e la voce celeste svelano che il cammino di Gesù verso la Croce nasconde un significato pasquale. L'episodio ha uno scopo ben preciso: rivelare ai discepoli disorientati il senso profondo e nascosto del cammino di Gesù. Essi hanno già capito che Gesù è il Messia e già si sono persuasi che la sua strada conduce alla Croce, ma non riescono a capire che la Croce nasconde la gloria. Per questo hanno bisogno di un'esperienza, seppure fugace e provvisoria: hanno bisogno che il velo si sollevi per un attimo. Nel cammino nell'itinerario di fede dei discepoli possiamo dire che la Trasfigurazione è una sorta di verifica.
Dio concede ai discepoli, per un istante, di contemplare la gloria del Figlio, di anticipare la Pasqua e di comprendere che la strada di Dio non è chiusa ma aperta.
La Trasfigurazione non è il segno - né per Gesù né per i discepoli - che la via della Croce è terminata. È solo lo svelamento del suo significato nascosto.
Nel cammino della fede non mancano momenti chiari, gioiosi, all'interno della fatica dell'esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Senza però dimenticare che il loro carattere è solo anticipo provvisorio. La strada continua ad essere quella della Croce.
Pietro desiderava eternizzare quella improvvisa e chiara visione: "Facciamo tre tende". È un desiderio che manifesta una incomprensione dell'avvenimento, che non è l'inizio del definitivo, non è ancora la meta, ma solo l'anticipo profetico di essa. Al discepolo viene offerta una verifica, una caparra: poi bisogna fargli credito, senza limiti.
C'è ancora un aspetto su cui riflettere: il comando "ascoltatelo".
* L'ascolto è ciò che definisce il discepolo. La sua ambizione non è quella di essere originale, ma di essere servo della verità, in posizione di ascolto.
* L'ascolto è fatto di obbedienza, conversione e speranza.
* L'ascolto richiede non solo intelligenza per comprendere, ma coraggio per decidersi: quella che è ascoltata è infatti una parola che coinvolge e strappa alla logica egoistica di se stessi.
La salita sul monte ci fu anche per Gesù, come già per Abramo e poi per Mosè, per Elia e per ogni credente. Gesù sentì il bisogno di salire sul monte; era il bisogno di incontrarsi con il Padre. È vero, la comunione con il Padre era tutta la sua vita, il pane delle sue giornate, la sostanza della sua missione, il cuore di tutto ciò che era e che faceva; ma Gesù aveva bisogno di momenti in cui questo rapporto intimo emergesse nella sua pienezza.
Se ne ha avuto bisogno Gesù, quanto più noi! Il Tabor fu uno di questi momenti singolarissimi di comunione, che il Vangelo estende a tutta la vicenda storica del popolo d'Israele, come testimonia la presenza di Mosè ed Elia che "discorrevano con lui". Gesù, però, non visse da solo questa esperienza; volle coinvolgere anche i suoi tre amici più intimi.
Lo splendore della trasfigurazione lascia trasparire, dietro le umili sembianze della condizione umana, l'identità più profonda di Gesù e quello che egli sarà in modo definitivo quando il Padre lo assumerà nella gloria.
Tuttavia dietro l'appellativo "prediletto" si nasconde il misterioso dramma del sacrificio e della croce. Nella luce sfolgorante della trasfigurazione, Dio da una risposta rassicurante su Cristo e ai suoi discepoli: la croce è solo una fase del progetto che sfocia nella gloria.
Lo stesso Abramo, pur lacerato da una sofferenza disumana, alla fine ritrova il Dio della Vita e della promessa che stringe con lui un'alleanza nuova e lo apre a un futuro di benedizione.
LA Trasfigurazione non è soltanto un avvenimento futuro che il credente aspetta nella speranza. Ma, nella sua vita, è già in corso una misteriosa trasfigurazione del suo essere, un rapporto di progressiva assimilazione a Cristo attraverso l'amore, perché il legame nell'amore con Lui e i fratelli è già reale e operante, in chi da ora lo sa accogliere.
Luca Desserafino sdb |
2a Domenica - T. Quaresima - B
La liturgia di questa seconda domenica di quaresima è come dominata da due montagne che si stagliano alte, affascinanti e terribili, di fronte alla banalità del nostro vivere quotidiano: il monte Moria e il Tabor.
Il libro della Genesi
ci presenta quel terribile e silenzioso viaggio di tre giorni, affrontato con fede dal patriarca Abramo verso la vetta della
prova: è il paradigma di ogni itinerario di fede e dello stesso cammino quaresimale. È un percorso difficile e combattuto, accompagnato solo da quel comando implacabile: "Prendi il tuo figlio, il tuo unico figlio che ami e offrilo in olocausto!". Poi il silenzio. Silenzio di Dio, silenzio di Abramo, silenzio del giovane e ignaro Isacco che una sola volta, con ingenuità straziante, "si rivolse al padre e disse: 'Padre mio!' 'Eccomi, figlio mio'! Dov'è l'agnello per l'olocausto? - Dio stesso provvederà, figlio mio!" È la fede al livello più alto o, se si vuole, a quello semplice e puro del bambino che si fida totalmente del padre senza alcun tentennamento.
* Dio mette alla prova Abramo facendogli balenare la possibilità della distruzione della sua paternità. Egli deve rinunciare alla sua paternità per appoggiarsi unicamente alla Parola di Dio.
* È la fede allo stato puro, si potrebbe dire. Ad assicurargli la posterità non è il figlio Isacco, ma solo la Parola del Signore. Sì, solo la Parola del Signore è la roccia su cui fondarsi, il bastone su cui appoggiarsi, il fondamento su cui costruire.
* E così, dopo la prova, Abramo riceve Isacco non più come figlio della sua carne, ma come il figlio della promessa divina, il figlio della Parola.
L'episodio della Trasfigurazione narrato dal Vangelo di Marco si inserisce molto bene nell'itinerario di conversione proposto dalla quaresima.
Il volto trasfigurato, le vesti splendenti, la nube e la voce celeste svelano che il cammino di Gesù verso la Croce nasconde un significato pasquale. L'episodio ha uno scopo ben preciso: rivelare ai discepoli disorientati il senso profondo e nascosto del cammino di Gesù. Essi hanno già capito che Gesù è il Messia e già si sono persuasi che la sua strada conduce alla Croce, ma non riescono a capire che la Croce nasconde la gloria. Per questo hanno bisogno di un'esperienza, seppure fugace e provvisoria: hanno bisogno che il velo si sollevi per un attimo. Nel cammino nell'itinerario di fede dei discepoli possiamo dire che la Trasfigurazione è una sorta di verifica.
Dio concede ai discepoli, per un istante, di contemplare la gloria del Figlio, di anticipare la Pasqua e di comprendere che la strada di Dio non è chiusa ma aperta.
La Trasfigurazione non è il segno - né per Gesù né per i discepoli - che la via della Croce è terminata. È solo lo svelamento del suo significato nascosto.
Nel cammino della fede non mancano momenti chiari, gioiosi, all'interno della fatica dell'esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Senza però dimenticare che il loro carattere è solo anticipo provvisorio. La strada continua ad essere quella della Croce.
Pietro desiderava eternizzare quella improvvisa e chiara visione: "Facciamo tre tende". È un desiderio che manifesta una incomprensione dell'avvenimento, che non è l'inizio del definitivo, non è ancora la meta, ma solo l'anticipo profetico di essa. Al discepolo viene offerta una verifica, una caparra: poi bisogna fargli credito, senza limiti.
C'è ancora un aspetto su cui riflettere: il comando "ascoltatelo".
* L'ascolto è ciò che definisce il discepolo. La sua ambizione non è quella di essere originale, ma di essere servo della verità, in posizione di ascolto.
* L'ascolto è fatto di obbedienza, conversione e speranza.
* L'ascolto richiede non solo intelligenza per comprendere, ma coraggio per decidersi: quella che è ascoltata è infatti una parola che coinvolge e strappa alla logica egoistica di se stessi.
La salita sul monte ci fu anche per Gesù, come già per Abramo e poi per Mosè, per Elia e per ogni credente. Gesù sentì il bisogno di salire sul monte; era il bisogno di incontrarsi con il Padre. È vero, la comunione con il Padre era tutta la sua vita, il pane delle sue giornate, la sostanza della sua missione, il cuore di tutto ciò che era e che faceva; ma Gesù aveva bisogno di momenti in cui questo rapporto intimo emergesse nella sua pienezza.
Se ne ha avuto bisogno Gesù, quanto più noi! Il Tabor fu uno di questi momenti singolarissimi di comunione, che il Vangelo estende a tutta la vicenda storica del popolo d'Israele, come testimonia la presenza di Mosè ed Elia che "discorrevano con lui". Gesù, però, non visse da solo questa esperienza; volle coinvolgere anche i suoi tre amici più intimi.
Lo splendore della trasfigurazione lascia trasparire, dietro le umili sembianze della condizione umana, l'identità più profonda di Gesù e quello che egli sarà in modo definitivo quando il Padre lo assumerà nella gloria.
Tuttavia dietro l'appellativo "prediletto" si nasconde il misterioso dramma del sacrificio e della croce. Nella luce sfolgorante della trasfigurazione, Dio da una risposta rassicurante su Cristo e ai suoi discepoli: la croce è solo una fase del progetto che sfocia nella gloria.
Lo stesso Abramo, pur lacerato da una sofferenza disumana, alla fine ritrova il Dio della Vita e della promessa che stringe con lui un'alleanza nuova e lo apre a un futuro di benedizione.
LA Trasfigurazione non è soltanto un avvenimento futuro che il credente aspetta nella speranza. Ma, nella sua vita, è già in corso una misteriosa trasfigurazione del suo essere, un rapporto di progressiva assimilazione a Cristo attraverso l'amore, perché il legame nell'amore con Lui e i fratelli è già reale e operante, in chi da ora lo sa accogliere.
Luca Desserafino sdb |
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