Luca Desserafino sdb"Grande è il Signore nostro"

1 febbraio 2015 | 4a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
5a Domenica del Tempo Ordinario - B
* Gb 7,1-4.6-7 - Notti di dolore mi sono state assegnate.
* Dal Salmo 146 - Rit.: Risanaci, Signore, Dio della vita.
* 1 Cor 9,16-19.22-23 - Guai a me, se non predicassi il vangelo!
* Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Le tue parole, Signore, sono spirito e vita; tu hai     parole di vita eterna. Alleluia.
* Mc 1,29-39 - Guarì molti che erano afflitti da varie malattie.
Grande è il Signore nostro.
La tematica propostaci in questa V domenica del Tempo
Ordinario è molto attuale: la sofferenza.
La malattia e la sofferenza, realtà che accompagnano la nostra vita e che generano uno stato di paurosa insicurezza, perché incarnano la debolezza e la fragilità umana, che sono sottoposte all'eventualità dell'inatteso e dell'imprevedibile. Questa condizione umana contrasta con il desiderio di assoluto, di stabilità e di sicurezza che pervade ogni uomo, e rende la sua esistenza poco desiderabile. Nel mondo biblico, dove la realtà viene rapportata continuamente a Dio, la malattia e le disgrazie non fanno eccezione: sono viste come una percossa di Dio che colpisce l'uomo. Con un movimento spontaneo il senso religioso dell'uomo stabilisce un legame tra malattia e peccato, a livello sia collettivo che personale.

Di questa considerazione è rivestita la prima lettura, tratta dal libro di Giobbe. Man mano che la fede di Israele diventa più profonda, affiorano interpretazioni più complesse. La malattia non è necessariamente legata ad un peccato personale, può essere anche una prova provvidenziale mandata da Dio per rinsaldare la fedeltà dei suoi amici. E' il caso di Giobbe. Più profondamente ancora: la malattia apparirà come mezzo di purificazione delle colpe, e sovente come mezzo di affermazione dello spirito sulla materia. La riflessione messianica farà eco a questa concezione: il Messia che inaugurerà gli ultimi tempi, prenderà il volto del Servo sofferente che si addossa le nostre malattie e le guarisce con le sue ferite.

Il racconto della guarigione della suocera di Pietro, nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, è semplice e vivace. Ma se vogliamo leggerlo con gli occhi dei primi cristiani, non dobbiamo semplicemente vedervi un prodigio, bensì cogliervi un messaggio.

Due frasi sono da evidenziare: "la fece alzare" e "si mise a servirlo".
Alla luce delle due espressioni indicate, il gesto di Gesù acquista un valore simbolico: Gesù fa risorgere per incamminare sulla strada del servizio. Sorprendente è il breve dialogo fra i discepoli e Gesù: "Tutti ti cercano", dicono i discepoli aspettandosi che Egli si affretti incontro alla folla che già lo attende. Ma Gesù risponde: "Andiamocene altrove perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto". Risposta sorprendente e sconcertante. "Sono venuto per" dice la ragione profonda della missione di Gesù. Egli è venuto per andare altrove.

* Non è venuto per una sola folla ma per tutte le folle.
* Nessuna folla può impadronirsi di Lui trattenendolo,
* nessuno può vantare nei suoi confronti una precedenza particolare.
* Gesù "È nostro".

Appena qualcuno vorrebbe tenerlo per sé, Egli sfugge: deve andare altrove.

Il rapporto di Gesù con la folla può sembrare contraddittorio:

* Egli cerca la folla e, nel contempo, se ne separa. Ma non è un atteggiamento contraddittorio.
* Egli cerca le folle ed è venuto per loro, ma proprio per questo prende le distanze dagli equivoci delle folle e dai loro tentativi di strumentalizzazione.
* Egli deve portare il messaggio "dovunque", a tutti, e non è prigioniero di nessuno.
* Egli è venuto ad annunciare il Regno di Dio, non a realizzare i progetti (per lo più egoistici e di parte) che gli uomini vorrebbero sottoporgli.

* L'attività di Gesù è segnata dalla fretta: l'avverbio subito, scandisce la narrazione e più ampiamente l'intero Vangelo.
* Gesù è in perenne movimento e ha molte cose da fare, a volte neppure trovando il tempo per mangiare.

Una fretta, questa di Gesù, che però non ha nulla da spartire con la fretta dispersiva e distratta che troppe volte rovina le nostre giornate. Gesù è incalzato dall'urgenza del Regno, totalmente proteso nella missione di annunciare il suo arrivo.
Ha fretta e ha molte cose da fare e tuttavia trova il tempo per ritirarsi nella solitudine a pregare. Nel ritmo intenso della sua giornata non manca mai lo spazio per il colloquio col Padre. L'esperienza di una malattia o di una situazione di pericolo fa parte del bagaglio dell'umano. In una società secolarizzata il dilemma tra rivolgersi al medico o ricorrere alla preghiera o accendere una candela, non si pone. Ciò non vuol dire che sia scomparso il senso religioso, e che tutto questo sia segno di ateismo. Forse è cambiato semplicemente il modo di incontrarsi con Dio.

Nel quadro della fede Cristo è liberatore-vincitore della morte attraverso la sua risurrezione. La sua vittoria è radicale ma allo stato potenziale.
Compito dell'umanità nuova è rendere consistente questa vittoria di Cristo.
Vincere la malattia attraverso la ricerca scientifica può diventare un modo di "vivere la risurrezione di Cristo".
Debellare una malattia, eliminare una piaga sociale è segno della liberazione a cui il Padre, tramite il Figlio per mezzo dello Spirito, conduce l'umanità tutta.

Luca Desserafino sdb

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