MACHETTA Domenico SDB" Gesù prende su di sé il dolore dell'uomo,"
8 febbraio 2015 | 5a Domenica - T. Ordinario B | Appunti per la Lectio
5a Domenica - T. Ordinario B 2015
LETTURA: Gb 7,1-4.6-7
I malati, i deboli, i sofferenti, gli affranti dal dolore: ec- co la prima linea della Chiesa. È il tema di questa dome- nica. Naturalmente, la prima lettura è obbligata: Giobbe. Un libro affascinante, ma non facile. San Girolamo lo chiama l'anguilla, perché più tenti di afferrarlo, più ti sfug- ge. Affronta il problema più tremendo dell'umanità: il dramma del dolore. Giobbe, questa figura simbolica, è un uomo onesto su cui piomba il tornado della
sofferenza. Sappiamo che, per la mentalità antica, chi stava bene era benedetto da Dio e chi stava male era un castigato, men- talità arrivata ancora alle soglie del Vangelo, visto che la gente domanda a Gesù: "Chi ha peccato, lui o i suoi geni- tori, perché egli nascesse cieco?".
E Gesù con energia risponde: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio". Il libro di Giobbe non risolve definitiva- mente il problema del dolore; solo la croce di Cristo darà la risposta a chi firma in bianco per Dio, ma in Giobbe si apre già una breccia! O la fede in Dio o la disperazione. Giobbe sceglie la fede, tra molte oscurità. È sulla fedeltà di Dio che Giobbe gioca la sua vita.
VANGELO: Mc 1,29-39
Marco ci presenta Gesù che prende su di sé il dolore dell'uomo, come aveva annunciato Isaia. Gesù guarisce la suocera di Pietro, la quale si mette a servire. Forse il verbo usato, egheiro (la fece sollevare), tipico della risurrezione, suggerisce che la diaconia, il servizio di questa suocera, di- venta una conseguenza di quell'essere presi per mano da Gesù. Ogni vera diaconia è un inno di ringraziamento al Padre che dona la vita: tutto è grazia, tutto è donato, niente ci è dovuto, non abbiamo diritti con Dio; il dono allora, anche quello della salute, va messo a servizio dei fratelli.
Alla sera... inondazione di malati! "Guarì molti". Interessante il verbo greco: etherápeusen, che indica una terapia, una cura. Non è una magia, ma una terapia, che suppone una collaborazione del malato. Sappiamo che Marco insisterà molto sulla fede, senza la quale l'onnipotenza di Dio è bloccata.
"Al mattino si alzò quando era ancora buio, e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava". Solo un accenno a questo versetto che avrebbe bisogno di una lunga e calma riflessione. Gesù ha tanto da fare, la gente lo preme, tutti lo cercano, ma nessuno riesce a rubargli il tempo della preghiera. È importante per la preghiera il tempo e il luogo. Da notare anche il verbo all'imperfetto:
"pregava", che indica un'azione prolungata. Gesù fugge la popolarità, non è venuto a organizzare le folle, a creare dei movimenti; rifiuta l'entusiasmo eccessivo della gente, lo ritiene pericoloso.
Ma forse occorre meditare sul tema della guarigione. Chi incontra Gesù, guarisce. Sorge la domanda: ma perché non tutti quelli che pregano guariscono? Dobbiamo rispondere che tutti guariscono, se incontrano il Cristo veramente.
Ma che cos'è la guarigione? Questo è il punto. Se non si entra nel mistero della sofferenza si svuota il cristianesimo. Quante volte sentiamo dire dalla gente, che è giunta sull'orlo della disperazione: "Se Dio c'è, o è cattivo o è impotente".
Anzitutto, è inutile tentare di rispondere prima di entrare in preghiera. Fuori del santuario della preghiera non è possibile una risposta, come dice il Salmo 72/73: "Io ero stolto e non capivo...".
Intanto va detto con forza che la sofferenza non è voluta da Dio: fremono le viscere di Gesù davanti al dolore dell'uomo. La sofferenza è conseguenza di un "no". Ma ecco la grande notizia: assunta per amore dal Verbo incarnato, la sofferenza diventa strumento di morte per il peccato, strumento di sconfitta per Satana. La sofferenza accolta per amore, non per masochismo, diventa occasione di salvezza, occasione di "guarigione". Sarebbe un gioco per Gesù guarire in un istante tutti i malati, rianimare tutti i cadaveri dei cimiteri; ma questo che cosa risolverebbe? L'umanità sarebbe veramente liberata dal suo male? Tornare in salute è davvero sempre una "guarigione"? Le guarigioni fisiche da malattie gravi sono possibili an- che oggi, ma sono solo "segni", come ai tempi di Gesù. Se la guarigione che noi aspettiamo non avviene, allora c'è una chiamata precisa, una vocazione al "servizio" della sofferenza, il servizio più alto: ricordando che è la croce di Cristo, e solo quella, a inchiodare il Male e a salvare il mondo; ricordando che le situazioni non riconciliate sono risanate solo attraverso l'umiliazione per amore; ricor-
dando che il vero missionario è l'uomo in croce.
Liberiamo il cristianesimo dalla falsa e diabolica imma- gine di essere la religione della croce, della sofferenza: il senso della croce risiede unicamente nel progetto di Dio di farci felici. Il Vangelo ci presenta il rinnegamento di sé non come mutilazione dell'essere umano, ma come unica condizione per la sua integrità!:
MACHETTA Domenico
5a Domenica - T. Ordinario B 2015
LETTURA: Gb 7,1-4.6-7
I malati, i deboli, i sofferenti, gli affranti dal dolore: ec- co la prima linea della Chiesa. È il tema di questa dome- nica. Naturalmente, la prima lettura è obbligata: Giobbe. Un libro affascinante, ma non facile. San Girolamo lo chiama l'anguilla, perché più tenti di afferrarlo, più ti sfug- ge. Affronta il problema più tremendo dell'umanità: il dramma del dolore. Giobbe, questa figura simbolica, è un uomo onesto su cui piomba il tornado della
sofferenza. Sappiamo che, per la mentalità antica, chi stava bene era benedetto da Dio e chi stava male era un castigato, men- talità arrivata ancora alle soglie del Vangelo, visto che la gente domanda a Gesù: "Chi ha peccato, lui o i suoi geni- tori, perché egli nascesse cieco?".
E Gesù con energia risponde: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio". Il libro di Giobbe non risolve definitiva- mente il problema del dolore; solo la croce di Cristo darà la risposta a chi firma in bianco per Dio, ma in Giobbe si apre già una breccia! O la fede in Dio o la disperazione. Giobbe sceglie la fede, tra molte oscurità. È sulla fedeltà di Dio che Giobbe gioca la sua vita.
VANGELO: Mc 1,29-39
Marco ci presenta Gesù che prende su di sé il dolore dell'uomo, come aveva annunciato Isaia. Gesù guarisce la suocera di Pietro, la quale si mette a servire. Forse il verbo usato, egheiro (la fece sollevare), tipico della risurrezione, suggerisce che la diaconia, il servizio di questa suocera, di- venta una conseguenza di quell'essere presi per mano da Gesù. Ogni vera diaconia è un inno di ringraziamento al Padre che dona la vita: tutto è grazia, tutto è donato, niente ci è dovuto, non abbiamo diritti con Dio; il dono allora, anche quello della salute, va messo a servizio dei fratelli.
Alla sera... inondazione di malati! "Guarì molti". Interessante il verbo greco: etherápeusen, che indica una terapia, una cura. Non è una magia, ma una terapia, che suppone una collaborazione del malato. Sappiamo che Marco insisterà molto sulla fede, senza la quale l'onnipotenza di Dio è bloccata.
"Al mattino si alzò quando era ancora buio, e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava". Solo un accenno a questo versetto che avrebbe bisogno di una lunga e calma riflessione. Gesù ha tanto da fare, la gente lo preme, tutti lo cercano, ma nessuno riesce a rubargli il tempo della preghiera. È importante per la preghiera il tempo e il luogo. Da notare anche il verbo all'imperfetto:
"pregava", che indica un'azione prolungata. Gesù fugge la popolarità, non è venuto a organizzare le folle, a creare dei movimenti; rifiuta l'entusiasmo eccessivo della gente, lo ritiene pericoloso.
Ma forse occorre meditare sul tema della guarigione. Chi incontra Gesù, guarisce. Sorge la domanda: ma perché non tutti quelli che pregano guariscono? Dobbiamo rispondere che tutti guariscono, se incontrano il Cristo veramente.
Ma che cos'è la guarigione? Questo è il punto. Se non si entra nel mistero della sofferenza si svuota il cristianesimo. Quante volte sentiamo dire dalla gente, che è giunta sull'orlo della disperazione: "Se Dio c'è, o è cattivo o è impotente".
Anzitutto, è inutile tentare di rispondere prima di entrare in preghiera. Fuori del santuario della preghiera non è possibile una risposta, come dice il Salmo 72/73: "Io ero stolto e non capivo...".
Intanto va detto con forza che la sofferenza non è voluta da Dio: fremono le viscere di Gesù davanti al dolore dell'uomo. La sofferenza è conseguenza di un "no". Ma ecco la grande notizia: assunta per amore dal Verbo incarnato, la sofferenza diventa strumento di morte per il peccato, strumento di sconfitta per Satana. La sofferenza accolta per amore, non per masochismo, diventa occasione di salvezza, occasione di "guarigione". Sarebbe un gioco per Gesù guarire in un istante tutti i malati, rianimare tutti i cadaveri dei cimiteri; ma questo che cosa risolverebbe? L'umanità sarebbe veramente liberata dal suo male? Tornare in salute è davvero sempre una "guarigione"? Le guarigioni fisiche da malattie gravi sono possibili an- che oggi, ma sono solo "segni", come ai tempi di Gesù. Se la guarigione che noi aspettiamo non avviene, allora c'è una chiamata precisa, una vocazione al "servizio" della sofferenza, il servizio più alto: ricordando che è la croce di Cristo, e solo quella, a inchiodare il Male e a salvare il mondo; ricordando che le situazioni non riconciliate sono risanate solo attraverso l'umiliazione per amore; ricor-
dando che il vero missionario è l'uomo in croce.
Liberiamo il cristianesimo dalla falsa e diabolica imma- gine di essere la religione della croce, della sofferenza: il senso della croce risiede unicamente nel progetto di Dio di farci felici. Il Vangelo ci presenta il rinnegamento di sé non come mutilazione dell'essere umano, ma come unica condizione per la sua integrità!:
MACHETTA Domenico
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