MACHETTA DomenicoSDB "Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo?"

1 marzo 2015 | 2 a Domenica - T. Quaresima B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: Gen 22,1-2.9a.10-13.15-18
Dio è fedele. Dio non cambia. Dio ama. "Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo?" (Rm 8,35). Solo noi ci possiamo separare, noi infedeli, noi che cambiamo facilmente rotta, noi incapaci di amare. La seconda lettura è un passaggio di un grande inno di Paolo alla fedeltà e all'amore di Dio: è come un
commento in musica alla prima lettura e al Vangelo. Abbiamo davanti a noi il commovente testo di Genesi 22: la grande prova di Abramo, l'amico di Dio. Leggendo attentamente questa pagina, sentiamo un chiaro andamento liturgico: è un testo da celebrare, un testo che va strappato alla nuda storicità per essere letto, come tutto l'AT, alla luce degli eventi pasquali del Signore.
Siamo invitati a meditare sul "sacrificio". Parlando di sacrificio si pensa subito a chi sacrifica qualcosa per Dio. Fin dall'antichità in tutte le religioni si parla di sacrificio: l'uomo sacrifica qualcosa alla divinità. Sappiamo che c'erano anche i sacrifici umani. L'uomo sente il bisogno di sacrificare qualcosa a Dio. Ma ecco la grande rivelazione di Gesù: il sacrificio non è qualcosa che l'uomo dà a Dio, ma è Dio che sacrifica il suo Isacco. Ecco l'inaudito della nostra fede. Noi offriamo a Dio la vittima che Dio ha prepa- rato: "La vittima che tu stesso hai preparato per la tua Chiesa" (Preghiera eucaristica IV).

Ricordiamo anche le espressioni del Canone Romano:
"Volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno, come hai voluto accettare i doni di Abele il giusto, il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede e l'oblazione pura e santa di Melchisedech, tuo sommo sacerdote". Tut- te figure; la realtà è il Cristo, l'agnello preparato da "colui che provvede". Come non vedere in Isacco che sale portando sulle spalle la legna, il parallelo con il Golgota? Su quel monte Moria deve capitare qualcosa di grande; lo annuncia l'espressione classica del versetto 4: "il terzo giorno", e poi i particolari del "mattino" (l'ora di Dio), del- l'asino (che dà un tocco messianico)...

VANGELO: Mc 9,2-10

Che cosa chiede a noi il Signore in questa domenica della Trasfigurazione, in cui siamo chiamati a lasciarci portare sul monte del Signore? Lasciarsi portare (verbo anaféro)! Sul monte della Trasfigurazione (per Luca è il mon- te della preghiera) si è trascinati, si è portati, non si va da soli. Là c'è la risposta del Padre agli interrogativi di angoscia sorti davanti al mistero della passione, che ormai si avvicina.
La persona di Gesù è sempre più sconcertante, anche per i discepoli, i quali recalcitrano al pensiero di un messia sofferente. C'è una grande crisi. La Trasfigurazione, posta dai sinottici nel cuore di questa crisi, tra le prime due predizioni della passione, è un faro nella notte, una luce sulla desolata conclusione del ministero di Gesù in Galilea. È una solenne lezione di "pastorale" data alla Chiesa di tutti i tempi, tentata ripetutamente di raddolcire i messaggi impegnativi del Vangelo, le esigenze della sequela. Gesù non raddolcisce, anche rischiando grosso: "Volete forse andarvene anche voi?" (Gv 6,67).
Nel cuore della crisi, Gesù si prende i tre e se ne va sul monte a pregare. Il monte è un luogo teologico, come il deserto, come ogni luogo geografico della Terra Santa. Là il colore che domina è il bianco, il colore dell'Apocalisse, del mondo di Dio, il colore della vittoria, della Risurrezione. Dal monte scendi luminoso, come Mosè, perché hai guardato a Lui e hai ascoltato la sua voce, e farai luce, senza magari accorgerti, a tanti fratelli, perché Dio ti lascia nell'oscurità affinché tu possa camminare nell'umiltà e nella completa fiducia in lui.


MACHETTA Domenico

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