Commento a cura di Mons. Remo Bonola Domenica delle Palme
Domenica delle Palme (Anno B) (29/03/2015)
Vangelo: Mc 14,1-15,47
COMMENTO ALLE LETTURE
La Liturgia della Domenica delle Palme è come un grande 'portale' perché immette nella solenne celebrazione del Mistero Pasquale del Triduo sacro della Settimana Santa.
Così come è strutturata la Liturgia di questa Domenica con i suoi due momenti: benedizione delle palme-processione, e Liturgia della Parola
nella Eucaristia, potremmo paragonarla alla ouverture di una grandiosa sinfonia. Come l'ouverture nella sua trama musicale accenna ai temi che lo spartito sinfonico svilupperà, così la Liturgia odierna contiene già in sintesi i grandi temi del Mistero pasquale (passione-morte-risurrezione) delle celebrazioni di tutta la Settimana Santa.
Tuttavia, l'ordine cronologico è invertito. Infatti nel rito della benedizione delle palme viene simbolicamente anticipato il trionfo regale del Signore sul peccato e sulla morte, quindi la sua risurrezione, mentre nella Liturgia della Parola della Eucaristia viene fortemente sottolineato il momento della passione e morte, specialmente nell'Evangelo che in ognuno dei tre cicli annuali è sempre il racconto sinottico della passione, quest'anno in quello di Marco.
Questo anticipare la gloria del trionfo di Cristo non è senza signficato. Dice infatti che nel disegno di Dio la passione-morte è soltanto un momento di passaggio, essenziale certamente, ma tuttavia finalizzato alla risurrezione, vertice dell'azione salvifica di Dio., nella quale ogni celebrazione liturgica coinvolge il cristiano - ma in modo del tutto particolare quelle della Settimana Santa.
Prima della riforma liturgica voluta dal Concilio, (ma forse in qualche caso ancora adesso) nei cristiani l'attenzione spirituale era focalizzata principalmente, anzi quasi esclusivamente sulla passione e morte del Signore ( Via Crucis, processione del " Cristo morto" ecc.).
La Liturgia della domenica delle Palme può e deve aiutarci a orientare la nostra attenzione spirituale in modo corretto e certamente più fecondo per la crescita di una spiritualità e perciò di una vita cristiana autentica, prospettandoci la sintesi finalizzata dei due momenti del Mistero pasquale.
Del resto anche nella liturgia della Parola della Eucaristia troviamo lo stesso equilibrio. Infatti, la prima lettura, quella del 3° canto del Servo di JHWH (Is 50,4-7), profeticamente traccia i lineamenti di Gesù, Servo del Padre, proteso nell'ascolto obbediente della sua volontà per il compimento del disegno della salvezza, fino all'accettazione della più dura e umiliante sofferenza.
Nella seconda lettura l'altissimo inno Cristologico del cap.2,6-11 della lettera ai Filippesi celebra la kenosis del Cristo, il suo 'svuotamento' nella umiliazione della passione e della morte, ma ne fa il motivo ("per questo" v.9) della sua esaltazione a KYRIOS, cioè a Signore dell'universo, con la risurrezione.
Lo stesso equilibrio troviamo nel salmo responsoriale tratto dal sal.21. Il ritornello angosciato delle parole di Gesù sulla croce,- "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" - commentate in modo così impressionante, saremmo tentati di dirlo quasi fotografico dalle prime tre strofe del salmo, si annulla profeticamente nell'ultima strofa con l'annuncio trionfante della sottintesa resurrezione " in mezzo all'assemblea" liturgica.
L'Evangelo di Marco, il primo e quindi più antico racconto del mistero della redenzione, nei due lunghissimi capitoli 14-15 narra come tutto è avvenuto. L'ampiezza di questo racconto con la ricchezza di particolari, dice chiaramente quale fosse l'argomento centrale, quasi unico del primitivo Kerigma cristiano: la "buona notizia" della salvezza operata dalla morte e resurrezione del Signore Gesù.
Anche noi cristiani del 3° millennio dalla attualizzazione della Liturgia siamo portati a rivivere quel clima, ad ascoltare quell'annuncio sconvolgente, per aprire con rinnovata fede il nostro cuore e la nostra vita alla divina efficacia della salvezza.
Tutto l'Evangelo di Marco è attraversato da una domanda: Chi è questo Gesù che "parla come nessun uomo ha parlato" (Gv 7,46). e compie gesti miracolosi che sorprendono e sconvolgono? La domanda sottesa alla tensione di tutto il racconto marciano, trova la sua inaspettata risposta al momento della morte di Gesù sulla croce: non davanti all'affiorare del suo potere sovrumano, ma proprio nel momento del più drammatico fallimento. "Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" (15,39). Così esclama non un ebreo, membro del popolo eletto, ma un pagano, un soldato! Come non ricordare quanto Gesù ebbe a dire a Pietro quando ad una sua domanda: "La gente chi dice che io sia?...E voi?". Pietro rispose: " Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio". Gesù di rimando gli disse: "Beato te, perché non la carne e il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,16-17). Il soldato pagano è stato oggetto della stessa, gratuita grazia di fede, una fede purissima, che prescinde da ogni evidenza razionale o sensibile, e vede ciò che Dio solo compie e può far vedere.
Nessuna definizione teologica della fede potrà mai eguagliare l'impressionante eloquenza di questo culmine del cammino verso la fede del 'catecumeno' di Marco.
Noi che ascolteremo queste parole, mentre ci inginocchieremo in silenzio adorante, dovremo chiedere al Signore nostro, che è morto per noi, di ravvivare la nostra fede, forse indebolita dalla routine feriale della nostra vita cristiana, per poter proclamare con intima, vissuta convinzione, nonostante la drammatica apparenza della "scena di questo mondo"(1Cor 7,31): Sì Gesù, Tu sei il Figlio di Dio che per noi tutti, per la salvezza di tutta l'umanità, sei morto d'amore. Tu sei l'unico nostro Salvatore!"
Nell'impossibilità di un commento a tutto l'Evangelo, ci soffermeremo sulla sua introduzione (14,1 seg), che ci aiuterà a entrare nel clima di questa Eucaristia.
Il racconto ha inizio con la cena in casa di Simone, il lebbroso. dove una donna unge di profumo "molto prezioso" il capo di Gesù. E' il profumo della Sposa del Cantico dei Cantici (4,10) che è versato tutto fino a infrangere il vaso di alabastro!, simbolo del dono totale dell'amore della sposa che risponde profeticamente allo spezzarsi del corpo dello Sposo Cristo, sulla croce dove l'amore raggiunge il suo "telos", cioè il suo vertice assoluto, come dice Giovanni nell'analoga introduzione al suo racconto della passione (13,1). Ricordiamo che fin dal cap 2 (v.19) dell'Evangelo di Marco Gesù si presenta come lo Sposo
Il tema nuziale di Dio, sposo dell'umanità, attraversa tutta la Scrittura: dalla Genesi dove la coppia umana è " a immagine di Dio": quindi (come dice una recente suggestiva teologia) in Dio l'Amore deve avere una struttura 'sponsale'. Infatti le tre Persone divine sono un solo. Dio, come l'uomo e la donna (ebr. Ish e Isha) sono "una sola carne" (Gen 2,24). Passando attraverso la rivelazione dei profeti (Isaia ed Osea) e il NT il tema sponsale arriva fino all'Apocalisse, dove la Sposa dell'Agnello è la Gerusalemme celeste (cap.21,2). Il tema da simbolico-profetico diventa realtà nell'Evangelo, quando Gesù si presenta fin dall'inizio della sua vita pubblica, appunto come "lo Sposo" (Mc 2,19; cfr.Gv 3,29).
Saranno le braccia di Maria di Magdala, protese all'abbraccio del Risorto nel giardino (quello dell'Eden finalmente riaperto, e del Cantico dei Cantici ) a simboleggiare la risposta della Sposa ormai pronta alle nozze, con l'abito bianco, lavato nel sangue dell'Agnello suo Sposo! (Ap 19,7; 21,2; 22,17).
Il linguaggio è tutto simbolico: La realtà deve essere nostra, nella fedeltà riconfermata dal sacramento pasquale, nel quale ci verrà rinnovato il dono dell'Amore nuziale dello Spirito Santo.
Quell'olio profumato versato sul corpo di Gesù assurge a un altro altissimo significato. Con l'olio si ungevano i sacerdoti, i re e i profeti: Gesù è unto, e perciò tacitamente riconosciuto come tale, preparato simbolicamente, profeticamente per compiere il sacrificio sacerdotale e regale della croce. La cena si svolge nella casa di Simone il lebbroso: il fetore della lebbra (della morte del peccato), viene dissolto dal profumo di vita dell'Amore obbediente.
L'olio profumato "molto prezioso" appare "sprecato" (Mc 14,4); viene spezzato anche il vasetto d'alabastro!: Perché tanto spreco? .Quel gesto silenzioso della donna dice che ha compreso quanto sia "folle" -come spesso hanno detto i Santi- l'Amore di Dio nel Figlio suo che va alla morte per noi. Il gesto della donna vuole essere risposta d'amore totale a quell'Amore divino.
La celebrazione del Mistero pasquale che stiamo iniziando, ci farà intravvedere ancora una volta la profondità di questa divina "follia", e ci inviterà a lasciarcene coinvolgere nella vita, con la risposta della fedeltà rinnovata del nostro fragile amore
Vangelo: Mc 14,1-15,47
COMMENTO ALLE LETTURE
La Liturgia della Domenica delle Palme è come un grande 'portale' perché immette nella solenne celebrazione del Mistero Pasquale del Triduo sacro della Settimana Santa.
Così come è strutturata la Liturgia di questa Domenica con i suoi due momenti: benedizione delle palme-processione, e Liturgia della Parola
nella Eucaristia, potremmo paragonarla alla ouverture di una grandiosa sinfonia. Come l'ouverture nella sua trama musicale accenna ai temi che lo spartito sinfonico svilupperà, così la Liturgia odierna contiene già in sintesi i grandi temi del Mistero pasquale (passione-morte-risurrezione) delle celebrazioni di tutta la Settimana Santa.
Tuttavia, l'ordine cronologico è invertito. Infatti nel rito della benedizione delle palme viene simbolicamente anticipato il trionfo regale del Signore sul peccato e sulla morte, quindi la sua risurrezione, mentre nella Liturgia della Parola della Eucaristia viene fortemente sottolineato il momento della passione e morte, specialmente nell'Evangelo che in ognuno dei tre cicli annuali è sempre il racconto sinottico della passione, quest'anno in quello di Marco.
Questo anticipare la gloria del trionfo di Cristo non è senza signficato. Dice infatti che nel disegno di Dio la passione-morte è soltanto un momento di passaggio, essenziale certamente, ma tuttavia finalizzato alla risurrezione, vertice dell'azione salvifica di Dio., nella quale ogni celebrazione liturgica coinvolge il cristiano - ma in modo del tutto particolare quelle della Settimana Santa.
Prima della riforma liturgica voluta dal Concilio, (ma forse in qualche caso ancora adesso) nei cristiani l'attenzione spirituale era focalizzata principalmente, anzi quasi esclusivamente sulla passione e morte del Signore ( Via Crucis, processione del " Cristo morto" ecc.).
La Liturgia della domenica delle Palme può e deve aiutarci a orientare la nostra attenzione spirituale in modo corretto e certamente più fecondo per la crescita di una spiritualità e perciò di una vita cristiana autentica, prospettandoci la sintesi finalizzata dei due momenti del Mistero pasquale.
Del resto anche nella liturgia della Parola della Eucaristia troviamo lo stesso equilibrio. Infatti, la prima lettura, quella del 3° canto del Servo di JHWH (Is 50,4-7), profeticamente traccia i lineamenti di Gesù, Servo del Padre, proteso nell'ascolto obbediente della sua volontà per il compimento del disegno della salvezza, fino all'accettazione della più dura e umiliante sofferenza.
Nella seconda lettura l'altissimo inno Cristologico del cap.2,6-11 della lettera ai Filippesi celebra la kenosis del Cristo, il suo 'svuotamento' nella umiliazione della passione e della morte, ma ne fa il motivo ("per questo" v.9) della sua esaltazione a KYRIOS, cioè a Signore dell'universo, con la risurrezione.
Lo stesso equilibrio troviamo nel salmo responsoriale tratto dal sal.21. Il ritornello angosciato delle parole di Gesù sulla croce,- "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" - commentate in modo così impressionante, saremmo tentati di dirlo quasi fotografico dalle prime tre strofe del salmo, si annulla profeticamente nell'ultima strofa con l'annuncio trionfante della sottintesa resurrezione " in mezzo all'assemblea" liturgica.
L'Evangelo di Marco, il primo e quindi più antico racconto del mistero della redenzione, nei due lunghissimi capitoli 14-15 narra come tutto è avvenuto. L'ampiezza di questo racconto con la ricchezza di particolari, dice chiaramente quale fosse l'argomento centrale, quasi unico del primitivo Kerigma cristiano: la "buona notizia" della salvezza operata dalla morte e resurrezione del Signore Gesù.
Anche noi cristiani del 3° millennio dalla attualizzazione della Liturgia siamo portati a rivivere quel clima, ad ascoltare quell'annuncio sconvolgente, per aprire con rinnovata fede il nostro cuore e la nostra vita alla divina efficacia della salvezza.
Tutto l'Evangelo di Marco è attraversato da una domanda: Chi è questo Gesù che "parla come nessun uomo ha parlato" (Gv 7,46). e compie gesti miracolosi che sorprendono e sconvolgono? La domanda sottesa alla tensione di tutto il racconto marciano, trova la sua inaspettata risposta al momento della morte di Gesù sulla croce: non davanti all'affiorare del suo potere sovrumano, ma proprio nel momento del più drammatico fallimento. "Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" (15,39). Così esclama non un ebreo, membro del popolo eletto, ma un pagano, un soldato! Come non ricordare quanto Gesù ebbe a dire a Pietro quando ad una sua domanda: "La gente chi dice che io sia?...E voi?". Pietro rispose: " Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio". Gesù di rimando gli disse: "Beato te, perché non la carne e il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,16-17). Il soldato pagano è stato oggetto della stessa, gratuita grazia di fede, una fede purissima, che prescinde da ogni evidenza razionale o sensibile, e vede ciò che Dio solo compie e può far vedere.
Nessuna definizione teologica della fede potrà mai eguagliare l'impressionante eloquenza di questo culmine del cammino verso la fede del 'catecumeno' di Marco.
Noi che ascolteremo queste parole, mentre ci inginocchieremo in silenzio adorante, dovremo chiedere al Signore nostro, che è morto per noi, di ravvivare la nostra fede, forse indebolita dalla routine feriale della nostra vita cristiana, per poter proclamare con intima, vissuta convinzione, nonostante la drammatica apparenza della "scena di questo mondo"(1Cor 7,31): Sì Gesù, Tu sei il Figlio di Dio che per noi tutti, per la salvezza di tutta l'umanità, sei morto d'amore. Tu sei l'unico nostro Salvatore!"
Nell'impossibilità di un commento a tutto l'Evangelo, ci soffermeremo sulla sua introduzione (14,1 seg), che ci aiuterà a entrare nel clima di questa Eucaristia.
Il racconto ha inizio con la cena in casa di Simone, il lebbroso. dove una donna unge di profumo "molto prezioso" il capo di Gesù. E' il profumo della Sposa del Cantico dei Cantici (4,10) che è versato tutto fino a infrangere il vaso di alabastro!, simbolo del dono totale dell'amore della sposa che risponde profeticamente allo spezzarsi del corpo dello Sposo Cristo, sulla croce dove l'amore raggiunge il suo "telos", cioè il suo vertice assoluto, come dice Giovanni nell'analoga introduzione al suo racconto della passione (13,1). Ricordiamo che fin dal cap 2 (v.19) dell'Evangelo di Marco Gesù si presenta come lo Sposo
Il tema nuziale di Dio, sposo dell'umanità, attraversa tutta la Scrittura: dalla Genesi dove la coppia umana è " a immagine di Dio": quindi (come dice una recente suggestiva teologia) in Dio l'Amore deve avere una struttura 'sponsale'. Infatti le tre Persone divine sono un solo. Dio, come l'uomo e la donna (ebr. Ish e Isha) sono "una sola carne" (Gen 2,24). Passando attraverso la rivelazione dei profeti (Isaia ed Osea) e il NT il tema sponsale arriva fino all'Apocalisse, dove la Sposa dell'Agnello è la Gerusalemme celeste (cap.21,2). Il tema da simbolico-profetico diventa realtà nell'Evangelo, quando Gesù si presenta fin dall'inizio della sua vita pubblica, appunto come "lo Sposo" (Mc 2,19; cfr.Gv 3,29).
Saranno le braccia di Maria di Magdala, protese all'abbraccio del Risorto nel giardino (quello dell'Eden finalmente riaperto, e del Cantico dei Cantici ) a simboleggiare la risposta della Sposa ormai pronta alle nozze, con l'abito bianco, lavato nel sangue dell'Agnello suo Sposo! (Ap 19,7; 21,2; 22,17).
Il linguaggio è tutto simbolico: La realtà deve essere nostra, nella fedeltà riconfermata dal sacramento pasquale, nel quale ci verrà rinnovato il dono dell'Amore nuziale dello Spirito Santo.
Quell'olio profumato versato sul corpo di Gesù assurge a un altro altissimo significato. Con l'olio si ungevano i sacerdoti, i re e i profeti: Gesù è unto, e perciò tacitamente riconosciuto come tale, preparato simbolicamente, profeticamente per compiere il sacrificio sacerdotale e regale della croce. La cena si svolge nella casa di Simone il lebbroso: il fetore della lebbra (della morte del peccato), viene dissolto dal profumo di vita dell'Amore obbediente.
L'olio profumato "molto prezioso" appare "sprecato" (Mc 14,4); viene spezzato anche il vasetto d'alabastro!: Perché tanto spreco? .Quel gesto silenzioso della donna dice che ha compreso quanto sia "folle" -come spesso hanno detto i Santi- l'Amore di Dio nel Figlio suo che va alla morte per noi. Il gesto della donna vuole essere risposta d'amore totale a quell'Amore divino.
La celebrazione del Mistero pasquale che stiamo iniziando, ci farà intravvedere ancora una volta la profondità di questa divina "follia", e ci inviterà a lasciarcene coinvolgere nella vita, con la risposta della fedeltà rinnovata del nostro fragile amore
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