D. Gianni Mazzali SDB"BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE"
29 marzo 2015 | 6a Domenica: Le Palme - Tempo di Quaresima B | Omelia
VI DOMENICA DI QUARESIMA: Le Palme - ANNO B
Avvertiamo tutti un grande bisogno di segni, in ogni tempo, in ogni cultura. Le folle che si ritrovano oggi per la Domenica delle Palme cercano un segno, vogliono vedere, toccare con mano. Portano a casa un semplice ramo di ulivo e conservano tra le mura domestiche una
presenza, un auspicio, un segno di speranza, di liberazione, di pace. Manifestiamo tutti, con sensibilità e modi diversi, un bisogno di grande riscatto, di redenzione. Nella filigrana dei rami di ulivo la Parola di Dio ci offre Cristo, il Servo obbediente che ci libera.
Un servo che parla e soffre
C'è bisogno di consolazione nell'esperienza triste ed umiliante dell'esilio. Israele ha perso tutto, soprattutto la sua dignità e sente Dio lontano, offeso da una infedeltà stolta e perversa. La voce del secondo autore del libro di Isaia, mite e discreto, consola il suo popolo non con parole vane o promesse incredibili, ma cercando di far capire che Dio non è muto, ma continua a parlare nella sofferenza e nell'umiliazione. Nella figura del servo, che parla, cerca le parole di Dio e soffre violenza sul suo corpo per la sua integrità e rettitudine, il profeta aiuta il popolo e ciascun esiliato a guardare a Dio con occhi nuovi e cuore purificato. Questo servo che dice le parole di Dio, che viene disprezzato, vilipeso, colpito con brutalità rappresenta la parte migliore del popolo e di ciascun credente che si solleva dal buio del male, della schiavitù e che gridando conferma la sua fede provata in Dio che solo può salvare.
Un servo tradito che muore in croce
La narrazione della sua passione e morte ci presenta Gesù come il servo sofferente, il figlio di Dio e del popolo che sulla croce testimonia la verità della parola di Dio e muore per dare la vita. Marco, come in tutto il suo vangelo, è scarno ed essenziale nel seguire Gesù dall'esperienza dell'ultima cena alla morte sul Calvario. Se è vero che questo evangelista fu accanto a Pietro e poté direttamente raccoglierne l'esperienza con Gesù, capiamo l'amarezza del tradimento di colui che Gesù ha scelto come pietra di fondazione della sua comunità, del nuovo popolo di Dio. Il tradimento dell'amico è netto, narrato con brutale immediatezza: " Non conosco quest'uomo di cui parlate". E forse non siamo lontani dal vero nel percepire che la narrazione del tradimento di Giuda, del suo bacio al Maestro, nelle parole di Marco, esprimono l'amarezza di Pietro che ricorda il suo tradimento. I ricordi sono nitidi nonostante gli anni e il velo del tempo: "Simone, dormi, non sei riuscito a vegliare un'ora sola?".
Non ci deve scandalizzare l'indifferenza, la superficialità degli apostoli, gli intimi di Gesù, che non si rendono conto della gravità e dell'oscurità del momento. Gesù, il servo, è solo. Soffre nella sua solitudine per tutti, anche (e forse con amara delusione) per chi, pur essendogli accanto, non capisce, non partecipa, resta estraneo. Ti stringe il cuore sentire da Marco che dopo il bacio di Giuda e, perpetrato il tradimento: "tutti lo abbandonarono e fuggirono".
Gesù ha affrontato il duplice processo, il dileggio e la violenza dei soldati, il percorso verso la collina del Calvario, la crocifissione, la sua stessa morte da solo. Ha provato e gridato la sua disperazione umana, il senso del più umiliante e totale abbandono: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
Appeso alla croce, disprezzato dai capi, abbandonato dagli amici, seguito da lontano dalle lacrime di sua madre e di poche donne, Gesù è davvero il servo che soffre, grida e muore per tutti.
E' solo perché di fronte a lui schiavi, fuggiaschi, impauriti e traditori ci siamo tutti noi. L'umanità intera di fronte al servo di Yahweh. Solo sul legno, con le braccia allargate, avvolge tutto il popolo, lo libera, lo salva.
Un servo umiliato ed esaltato
Nella tragedia della croce Cristo viene totalmente umiliato e svuotato e sperimenta la sua massima alienazione e lontananza da Dio. Dov'eri, Padre, quando tuo figlio, con grida e lacrime, moriva sulla croce? Nel suo supremo atto di obbedienza e di amore, appeso alla croce, Gesù esprime la massima vicinanza, l'armonia riconquistata dell'uomo ribelle. La croce è un mistero di alienazione e di armonia. Gesù viene spogliato e privato della sua dignità di figlio di Dio e figlio dell'uomo, doppiamente. Gesù si svuota, si elimina per annientare l'orgoglio di Adamo.
La croce è un mistero insondabile di umiliazione e di esaltazione. Cristo si immedesima con Adamo, si fa peccato inchiodato e ci riconsegna al Padre liberi, riscattati, pronti per la risurrezione "perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra".
L'Agnello c'insegna la fortezza:
l'Umiliato ci dà lezioni di dignità:
il Condannato esalta la giustizia:
il Morente conferma la vita:
il Crocifisso prepara la gloria. (Primo Mazzolari)
D. Gianni Mazzali SDB
VI DOMENICA DI QUARESIMA: Le Palme - ANNO B
Avvertiamo tutti un grande bisogno di segni, in ogni tempo, in ogni cultura. Le folle che si ritrovano oggi per la Domenica delle Palme cercano un segno, vogliono vedere, toccare con mano. Portano a casa un semplice ramo di ulivo e conservano tra le mura domestiche una
presenza, un auspicio, un segno di speranza, di liberazione, di pace. Manifestiamo tutti, con sensibilità e modi diversi, un bisogno di grande riscatto, di redenzione. Nella filigrana dei rami di ulivo la Parola di Dio ci offre Cristo, il Servo obbediente che ci libera.
Un servo che parla e soffre
C'è bisogno di consolazione nell'esperienza triste ed umiliante dell'esilio. Israele ha perso tutto, soprattutto la sua dignità e sente Dio lontano, offeso da una infedeltà stolta e perversa. La voce del secondo autore del libro di Isaia, mite e discreto, consola il suo popolo non con parole vane o promesse incredibili, ma cercando di far capire che Dio non è muto, ma continua a parlare nella sofferenza e nell'umiliazione. Nella figura del servo, che parla, cerca le parole di Dio e soffre violenza sul suo corpo per la sua integrità e rettitudine, il profeta aiuta il popolo e ciascun esiliato a guardare a Dio con occhi nuovi e cuore purificato. Questo servo che dice le parole di Dio, che viene disprezzato, vilipeso, colpito con brutalità rappresenta la parte migliore del popolo e di ciascun credente che si solleva dal buio del male, della schiavitù e che gridando conferma la sua fede provata in Dio che solo può salvare.
Un servo tradito che muore in croce
La narrazione della sua passione e morte ci presenta Gesù come il servo sofferente, il figlio di Dio e del popolo che sulla croce testimonia la verità della parola di Dio e muore per dare la vita. Marco, come in tutto il suo vangelo, è scarno ed essenziale nel seguire Gesù dall'esperienza dell'ultima cena alla morte sul Calvario. Se è vero che questo evangelista fu accanto a Pietro e poté direttamente raccoglierne l'esperienza con Gesù, capiamo l'amarezza del tradimento di colui che Gesù ha scelto come pietra di fondazione della sua comunità, del nuovo popolo di Dio. Il tradimento dell'amico è netto, narrato con brutale immediatezza: " Non conosco quest'uomo di cui parlate". E forse non siamo lontani dal vero nel percepire che la narrazione del tradimento di Giuda, del suo bacio al Maestro, nelle parole di Marco, esprimono l'amarezza di Pietro che ricorda il suo tradimento. I ricordi sono nitidi nonostante gli anni e il velo del tempo: "Simone, dormi, non sei riuscito a vegliare un'ora sola?".
Non ci deve scandalizzare l'indifferenza, la superficialità degli apostoli, gli intimi di Gesù, che non si rendono conto della gravità e dell'oscurità del momento. Gesù, il servo, è solo. Soffre nella sua solitudine per tutti, anche (e forse con amara delusione) per chi, pur essendogli accanto, non capisce, non partecipa, resta estraneo. Ti stringe il cuore sentire da Marco che dopo il bacio di Giuda e, perpetrato il tradimento: "tutti lo abbandonarono e fuggirono".
Gesù ha affrontato il duplice processo, il dileggio e la violenza dei soldati, il percorso verso la collina del Calvario, la crocifissione, la sua stessa morte da solo. Ha provato e gridato la sua disperazione umana, il senso del più umiliante e totale abbandono: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".
Appeso alla croce, disprezzato dai capi, abbandonato dagli amici, seguito da lontano dalle lacrime di sua madre e di poche donne, Gesù è davvero il servo che soffre, grida e muore per tutti.
E' solo perché di fronte a lui schiavi, fuggiaschi, impauriti e traditori ci siamo tutti noi. L'umanità intera di fronte al servo di Yahweh. Solo sul legno, con le braccia allargate, avvolge tutto il popolo, lo libera, lo salva.
Un servo umiliato ed esaltato
Nella tragedia della croce Cristo viene totalmente umiliato e svuotato e sperimenta la sua massima alienazione e lontananza da Dio. Dov'eri, Padre, quando tuo figlio, con grida e lacrime, moriva sulla croce? Nel suo supremo atto di obbedienza e di amore, appeso alla croce, Gesù esprime la massima vicinanza, l'armonia riconquistata dell'uomo ribelle. La croce è un mistero di alienazione e di armonia. Gesù viene spogliato e privato della sua dignità di figlio di Dio e figlio dell'uomo, doppiamente. Gesù si svuota, si elimina per annientare l'orgoglio di Adamo.
La croce è un mistero insondabile di umiliazione e di esaltazione. Cristo si immedesima con Adamo, si fa peccato inchiodato e ci riconsegna al Padre liberi, riscattati, pronti per la risurrezione "perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra".
L'Agnello c'insegna la fortezza:
l'Umiliato ci dà lezioni di dignità:
il Condannato esalta la giustizia:
il Morente conferma la vita:
il Crocifisso prepara la gloria. (Primo Mazzolari)
D. Gianni Mazzali SDB
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