don Marco Pozza "Puledri, asini e cianfrusaglie varie: benvenuti a Gerusalemme"

Domenica delle Palme (Anno B) (29/03/2015)
Vangelo: Mc 14,1-15,47 
Agli appuntamenti con Cristo si va sempre di fretta: una volta giunti a Lui, poi, ci sarĂ  tutto il tempo per riposarsi stando con Lui, per rimettersi in cammino dopo averlo incontrato, per riprendersi dopo lo stordimento di quella
Bellezza inaudita, che lascia attoniti. Di corsa, poi si rallenta: è la velocità della liturgia, della Quaresima, della conversione. Cinque settimane di fretta - dove ai giorni sembra solo importi diventare settimane - per approdare all'ultima settimana, quella che il popolo cristiano additerà come santa. Qui dentro, si conterà i giorni, le ore, i minuti: qualcuno, magari più avvezzo agli affari di cuore del Vangelo, la scandirà in secondi. Certi istanti di questa settimana sono carichi come fucili puntati: toccarli è rimanere fulminati, accendersi, scoprire di non essere più gli stessi di prima. Da una corsa affannata e affannosa ad un cammino lento e faticoso: a Gerusalemme ci si arriva sempre di corsa e con mille intenzioni di bontà. I gesti parlano laddove le parole tacciono: i ramoscelli d'ulivo, i tappeti sulle strade, i canti dell'Osanna. Il batticuore, il battimano, il battipanni alle finestre di questa città strana e straniera alla gioia del Cristo.
Lui entra: in sella ad un puledro, figlio d'asina. Varca quelle porte con solennitĂ , il suo sguardo è quello di un Re bistrattato ma pur sempre Re, il suo cuore è quello di una madre considerata zingara ma pur sempre madre. Oggi Lo pressano, Lo incitano, Gli innalzano canti: tempo tre giorni - forse anche qualche attimo in meno - e Lo derideranno, lo sbeffeggeranno, Gli tenderanno l'ultima delle tentazioni possibili, la piĂą infausta e luciferina. Fin sotto la Croce Satana lo segue, quell'Uomo lo tormenta al punto tale che fin sul Golgota cerca di smascherarne la fallacia e l'inaffidabilitĂ : «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». La prima fu nel deserto, poca roba al confronto: pietre che diventano pane, inchini che diverranno potere, tuffi dal pinnacolo che si tramuteranno in abbracci di angeli. Fu un tracollo per Satana quel giorno: se ne uscì sconfitto da quella potenza e trafitto da quello sguardo. Il Bastardo non mollò, non s'arrese nemmeno la Bellezza, però. LassĂą s'incrociarono, nel pomeriggio della farsa che s'era annunciato con il canto di quel gallo malandrino, che tanto pianto arrecò al cuore di quel pescatore così smisurato nelle ambizioni e nei propositi. Lui e l'altro, la Bellezza e l'Inganno, la Gloria e la vanagloria: "Scendi, ti crederanno". Lui tace e resta: lassĂą, deriso, irriso. Consolato da un brigante tumefatto che Gli confida la piĂą fanciullesca delle intimitĂ  possibili: "Tu sei Re, lo vedo e lo sento. Stasera, da LassĂą, fai una preghierina per me. Punto". L'Altro, il Re tumefatto, a porgergli l'invito alla festa delle feste: "Una preghiera? Stasera tu sarai con me LassĂą". Fu la prima canonizzazione della storia: firmata da Lui, davanti a Satana, sul Golgota. Certe gesta esigono palcoscenici all'altezza dell'imbarazzo. Poco importa se rimarranno indigeste: sono "cose di Cristo".
Giorni al rallentatore. Da domenica, giorno di festa, si rallenterĂ  ancora di piĂą: a scalare, fin quasi a fermarsi. SarĂ  un andare in prima: la lentezza del Giovedì, l'ansia e la spavalderia del Venerdì, il silenzio attonito del Sabato: fine corsa, fine del bel tempo, fine delle illusioni. Con quell'urlo che ancor oggi devasta: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!». La paura del Cristo: troppo male lì davanti, troppa menzogna da smaltire, che angoscia. "Padre, evitamelo!": è l'Uomo GesĂą che parla, che ansima, che trema. «Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontĂ ». Due volontĂ  a confronto: il Padre e il Figlio, la scappatoia e l'amore, la Terra e il Cielo. PrevarrĂ  la volontĂ  del Padre: mica alta teologia, l'ennesimo affare di cuore. VolontĂ  del Padre non è far ammazzare il Figlio, ma è non tornare indietro sui suoi passi vedendo cosa l'uomo Gli sta facendo. No, Lui non cambierĂ  idea: questo mondo scassato continuerĂ  ad amarlo.
«Probabilmente Dio si rese conto che, avendo sbagliato ad aspettarsi l'impossibile dall'uomo e poi a punirlo (per aver disatteso quelle aspettative), avrebbe fatto cosa piĂą ragionevole a provare maggiore simpatia per gli errori umani (...) Sono disposto a sopportare un'umanitĂ  peccatrice, dice Dio, a lasciare spazio alla debolezza dell'uomo, dal momento che non posso avere la botte piena e la moglie ubriaca: non posso avere un essere libero dal peccato che sia al tempo stesso un uomo. Meglio un'umanitĂ  peccatrice piuttosto che un mondo senza uomini» (Y. Muffs, The personhood of God).
Rotto, slabbrato, confuso: rimarrà il loro mondo. Pianse la morte del Figlio, ma quell'infamia nulla potè contro quell'Amore folle e bambino: lo farà risorgere con un colpo da Maestro. D'amante. Quando si dice: "Ti voglio un bene da morire". Certi proverbi, quando toccano la vita, sono Vangelo. Notizia buona da sentirsi. Gustosa d'assaporarsi. A mangiare la mandorla, però, occorre rompere il guscio. Per non farsi del male.

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