mons. Gianfranco Poma"Veramente quest'uomo era il Figlio di Dio

Domenica delle Palme (Anno B) (29/03/2015)
Vangelo: Mc 14,1-15,47
Il racconto della "Passione" di Gesù è considerato dalla Chiesa un tesoro da conservare gelosamente e da tramandare nella sua purezza. Lo stile di Marco, sempre veloce, essenziale, incalzante, qui rallenta ed abbonda in particolari: secondo alcuni commentatori il Vangelo è il racconto della "Passione" a cui è stata premessa una lunga introduzione. Mc.14-15 sono la narrazione di episodi che si svolgono in luoghi precisi: la sala al piano superiore dove avviene l'ultima cena, il giardino del
Monte degli ulivi, la casa del sommo sacerdote e la residenza del governatore romano, la via che conduce al Golgota dove avviene la morte, la tomba. La lettura attenta ci fa pensare che all'origine di questo racconto ci sia l'esperienza dei primi cristiani che ripercorrevano i passi di Gesù, meditando, ripensando a quei fatti alla luce dell'A.T. per comprenderli come la rivelazione del modo di essere di Dio con noi, fino ad arrivare alla tomba per proclamare: "Non è qui: è risorto". Si tratta quindi di una narrazione preoccupata più che mai della fedeltà storica dei fatti, ma che al tempo stesso è già diventata "memoria orante" che provoca il lettore a prendere posizione di fronte a Gesù, in una storia che rimane viva per ogni persona.
Marco costruisce il suo racconto mettendo in evidenza che Gesù rimane sempre più solo: così lo sguardo si concentra su Gesù che invita il lettore a riflettere se non sia lui stesso, oggi, ad abbandonarlo. Lui, solo, prega nel Gethsemani, in una preghiera angosciata e drammatica, mentre i discepoli dormono; i discepoli, tutti, abbandonandolo, fuggono; Pietro sostiene di non conoscerlo; il sommo sacerdote con il suo consiglio lo condanna; il governatore romano e i soldati lo maltrattano; le sue ultime parole, sulla Croce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", mostrano che persino Dio lo ha lasciato solo. Gesù è solo: se prima Marco ha mostrato Gesù in preghiera, solo con il Padre che gli parlava e illuminava la sua vita filiale, adesso la sua solitudine è totale. Ma adesso la narrazione della Passione di Gesù secondo Marco comincia a svelarci qual è il suo significato essenziale: la rivelazione nuova e piena di Dio. Dio ormai è dentro Gesù ed è operante dall'interno del suo cuore. Lo stile di Marco continua ad essere glaciale, fatto di episodi brevi, privi di spiegazioni che cerchino di rendere ragione dei fatti: ma proprio attraverso questi fatti avviene la grande rivelazione. Quando Gesù è spogliato di ogni speranza, di ogni potere, quando rimane solo in un incubo senza senso, senza speranza di poter sopravvivere, solo allora parla e dichiara la propria identità. Al "sommo" sacerdote che gli chiede: "Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?", Gesù, con estrema chiarezza, rompe il silenzio e risponde: "Io sono". Gesù che nel Vangelo di Marco ha continuamente proibito di dire chi Lui è, che ha rifiutato di essere identificato con il potente che fa i miracoli, adesso dice il suo nome: "Io sono", come Dio chiama se stesso quando si rivela a Mosè (Es.3,14). Mentre nel Vangelo di Giovanni l' "Io sono" ricorre con frequenza, Marco lo riserva a quest'unico momento, quello dell'estrema debolezza, nel quale il potere umano incombe su Gesù in modo totale: solo in questo momento si dichiara Dio. Ed aggiunge: "e vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza, venire sulle nubi". Come in altri passi di Marco, questa espressione "Figlio dell'uomo" che rimane oscura nonostante le varie interpretazioni degli esegeti, vuole sottolineare la concretezza umana di Gesù nella quale si fa presente il mistero di Dio. "Io sono e vedrete il Figlio dell'uomo...": è la nuova rivelazione di Dio, un Dio che adesso appare, solo quando ogni manifestazione di potere e di affermazione umana è scomparsa, solo quando Gesù rompe il silenzio. Tutto il Vangelo di Marco converge verso questo momento: l' "Io sono e vedrete" (un presente che lo nasconde e un futuro che lo mostrerà) che rompe il silenzio di fronte al sommo sacerdote, la proclamazione sconvolgente di Dio che il sommo sacerdote ritiene una bestemmia. Tutto il Vangelo di Marco vuole correggere l'idea che si debba credere in Gesù perché compie azioni miracolose o che si debba ascoltare Lui perché dice parole meravigliose. "L'ascolto di ciò che Gesù dice con la sua vita, con la sua carne mortale, con la sua morte, può avvenire solo quando ogni possibilità umana di speranza, di amore, di liberazione, è stata apparentemente spazzata via e ci troviamo di fronte a questa nuda affermazione: questo uomo mortale ("il Figlio dell'uomo") è qui, nel Nome di Dio, e il posto di Dio è quello dell'essere umano respinto e condannato. Marco ci conduce fino a questo punto, spogliandoci da ogni illusione di false speranze: ma questo è il momento del "Vangelo", del lieto evento che Marco vuole annunciare. Il mondo di cui noi parliamo, è completamente sconvolto: ma il mondo nuovo che viene portato all'esistenza, il mondo nuovo annunciato dal Vangelo, ed è qui la notizia infinitamente buona ma pure sconvolgente, è quello nel quale Dio non è lontano da nessun dolore, nessun disastro, nessun fallimento, ma è incredibilmente dentro di essi. Se Gesù proclama che Dio è lì dove è l'uomo fragile, la sua presenza, il suo amore, la sua misericordia non possono essere soffocati dalla solitudine, dall'ingiustizia, dalle sofferenze terribili apparentemente prive di senso, in cui si trovano gli uomini. Se Dio ha scelto di essere nel punto più debole e più basso dell'esperienza umana, i poveri, gli indifesi, i condannati, sanno che Dio è con loro e che il Dio che è con loro non può essere sconfitto, non può essere spogliato della sua divinità" (Rowan Williams). Così Marco ci annuncia il "Vangelo", la lieta, sconvolgente, autodichiarazione di un Dio che non è là dove noi pensiamo che debba essere, e dove noi vorremmo continuamente ritportarlo, ma di un Dio che è lì, nell'uomo spogliato, dove salta ogni mito di un Dio potente nel quale in realtà proiettiamo la nostra sete di potere, per essere solo l'Amore che sta dentro l'uomo fragile per farlo vivere della sua vita

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