Dall'«Omelia sulla Pasqua» di un antico autore."Cristo autore della risurrezione e della vita"
(Disc. 35, 6-9; PL 17, 696-697)
L'apostolo Paolo ricordando la felicità per la riacquistata salvezza, dice: Come per Adamo la morte entrò in questo mondo, così per Cristo la salvezza viene nuovamente data al mondo (cfr. Rm 5, 12). E ancora: Il primo uomo tratto dalla
terra, è terra; il secondo uomo viene dal cielo, ed è quindi celeste (1 Cor 15, 47). Dice ancora: «Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra», cioè dell'uomo vecchio nel peccato, «porteremo anche l'immagine dell'uomo celeste» (1 Cor 15, 49), cioè abbiamo la salvezza dell'uomo assunto, redento, rinnovato e purificato in Cristo. Secondo lo stesso apostolo, Cristo viene per primo perché è l'autore della sua risurrezione e della vita. Poi vengono quelli che sono di Cristo, cioè quelli che vivono seguendo l'esempio della sua santità. Questi hanno la sicurezza basata sulla sua risurrezione e possiederanno con lui la gloria della celeste promessa, come dice il Signore stesso nel vangelo: Colui che mi seguirà, non perirà ma passerà dalla morte alla vita (cfr. Gv 5, 24).
Così la passione del Salvatore è la vita e la salvezza dell'uomo. Per questo infatti volle morire per noi, perché noi, credendo in lui, vivessimo per sempre. Volle diventare nel tempo quel che noi siamo, perché, attuata in noi la promessa della sua eternità, vivessimo con lui per sempre.
Questa, dico, è la grazia dei misteri celesti, questo il dono della Pasqua, questa è la festa dell'anno che più desideriamo, questi sono gli inizi delle realtà vivificanti.
Per questo mistero i figli generati nel vitale lavacro della santa Chiesa, rinati nella semplicità dei bambini, fanno risuonare il balbettio della loro innocenza. In virtù della Pasqua i genitori cristiani e santi continuano, per mezzo della fede, una nuova e innumerevole discendenza.
Per la Pasqua fiorisce l'albero della fede, il fonte battesimale diventa fecondo, la notte splende di nuova luce, scende il dono del cielo e il sacramento dà il suo nutrimento celeste.
Per la Pasqua la Chiesa accoglie nel suo seno tutti gli uomini e ne fa un unico popolo e un'unica famiglia.
Gli adoratori dell'unica sostanza e onnipotenza divina e del nome delle tre Persone cantano con il Profeta il salmo della festa annuale: «Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso» (Sal 117, 24). Quale giorno? mi chiedo. Quello che ha dato il principio alla vita, l'inizio alla luce. Questo giorno è l'artefice dello splendore, cioè lo stesso Signore Gesù Cristo. Egli ha detto di se stesso: Io sono il giorno: chi cammina durante il giorno non inciampa (cfr. Gv 8, 12), cioè: Chi segue Cristo in tutto, ricalcando le sue orme arriverà fino alle soglie della luce eterna. È ciò che richiese al Padre quando si trovava ancora quaggiù con il corpo: Padre, voglio che dove sono io siano anche coloro che hanno creduto in me: perché come tu sei in me e io in te, così anche essi rimangano in noi (cfr. Gv 17, 20 ss.).
L'apostolo Paolo ricordando la felicità per la riacquistata salvezza, dice: Come per Adamo la morte entrò in questo mondo, così per Cristo la salvezza viene nuovamente data al mondo (cfr. Rm 5, 12). E ancora: Il primo uomo tratto dalla
terra, è terra; il secondo uomo viene dal cielo, ed è quindi celeste (1 Cor 15, 47). Dice ancora: «Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra», cioè dell'uomo vecchio nel peccato, «porteremo anche l'immagine dell'uomo celeste» (1 Cor 15, 49), cioè abbiamo la salvezza dell'uomo assunto, redento, rinnovato e purificato in Cristo. Secondo lo stesso apostolo, Cristo viene per primo perché è l'autore della sua risurrezione e della vita. Poi vengono quelli che sono di Cristo, cioè quelli che vivono seguendo l'esempio della sua santità. Questi hanno la sicurezza basata sulla sua risurrezione e possiederanno con lui la gloria della celeste promessa, come dice il Signore stesso nel vangelo: Colui che mi seguirà, non perirà ma passerà dalla morte alla vita (cfr. Gv 5, 24).
Così la passione del Salvatore è la vita e la salvezza dell'uomo. Per questo infatti volle morire per noi, perché noi, credendo in lui, vivessimo per sempre. Volle diventare nel tempo quel che noi siamo, perché, attuata in noi la promessa della sua eternità, vivessimo con lui per sempre.
Questa, dico, è la grazia dei misteri celesti, questo il dono della Pasqua, questa è la festa dell'anno che più desideriamo, questi sono gli inizi delle realtà vivificanti.
Per questo mistero i figli generati nel vitale lavacro della santa Chiesa, rinati nella semplicità dei bambini, fanno risuonare il balbettio della loro innocenza. In virtù della Pasqua i genitori cristiani e santi continuano, per mezzo della fede, una nuova e innumerevole discendenza.
Per la Pasqua fiorisce l'albero della fede, il fonte battesimale diventa fecondo, la notte splende di nuova luce, scende il dono del cielo e il sacramento dà il suo nutrimento celeste.
Per la Pasqua la Chiesa accoglie nel suo seno tutti gli uomini e ne fa un unico popolo e un'unica famiglia.
Gli adoratori dell'unica sostanza e onnipotenza divina e del nome delle tre Persone cantano con il Profeta il salmo della festa annuale: «Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso» (Sal 117, 24). Quale giorno? mi chiedo. Quello che ha dato il principio alla vita, l'inizio alla luce. Questo giorno è l'artefice dello splendore, cioè lo stesso Signore Gesù Cristo. Egli ha detto di se stesso: Io sono il giorno: chi cammina durante il giorno non inciampa (cfr. Gv 8, 12), cioè: Chi segue Cristo in tutto, ricalcando le sue orme arriverà fino alle soglie della luce eterna. È ciò che richiese al Padre quando si trovava ancora quaggiù con il corpo: Padre, voglio che dove sono io siano anche coloro che hanno creduto in me: perché come tu sei in me e io in te, così anche essi rimangano in noi (cfr. Gv 17, 20 ss.).
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