Carla Sprinzeles Commento su At 10,25-26.34-35.44-48 e Gv 15,9-17

VI Domenica di Pasqua (Anno B) (10/05/2015)
Vangelo: Gv 15,9-17 
Amici, oggi prendiamo in esame come Pietro fa fatica ad abbandonare gli otri vecchi, gli insegnamenti vecchi della religione e accettare il messaggio di Gesù.
Direi che ancora noi, oggi, facciamo fatica ad abbandonare insegnamenti che ci sono stati tramandati e accettare il messaggio di Gesù e viverlo pienamente!

L'otre vecchio dà sicurezza, quello nuovo di Gesù dà libertà ma non sicurezza, ognuno è responsabile di se stesso!
Vediamo le varie tappe della conversione di Pietro.
Pietro parte per un viaggio a visitare le comunità cristiane.
Come la parabola del figliol prodigo, il figlio parte per un paese lontano.
"Le chiese erano in pace"... occorre notare che Stefano, che ha avuto il coraggio di denunciare il tempio e la legge, è stato assassinato..che Paolo, convertito, dice che la legge, l'osservanza, l'ha considerate un nulla di fronte alla ricchezza di Gesù! Giovanni dice: "la legge fu data attraverso Mosè, la grazia e la verità (ossia l'amore fedele), vennero per Gesù."
Occorre scegliere il rapporto con Dio: o un rapporto basato sull'osservanza della legge, o un rapporto basato sull'accoglienza dell'amore gratuito da parte di Dio.
La situazione delle comunità è un disastro. In una si parla di Enea, paralitico da otto anni. Il numero otto indica la risurrezione di Gesù, perché è risuscitato l'ottavo giorno. Questa comunità, anziché essere testimone della forza e della vita, era paralizzata.
Va nella comunità di Giaffa, nonostante le buone opere di Tabita, la comunità era morta.
Quindi Pietro va a vivere presso Simone il conciatore. Questa attività lo rendeva impuro, secondo la legge rabbinica, ma questa comunità è viva.
ATTI 10, 25-26. 34-35. 44-48
Il capitolo 10 degli Atti, che abbiamo letto, si apre con l'importante figura di un centurione, quindi di un pagano, di nome Cornelio, che manda a chiamare Simone, Pietro. Mentre gli preparavano da mangiare perché Pietro aveva fame (come il figliol prodigo), avvenne su di lui l'estasi (sarà l'inizio del cambiamento di Pietro) "Vide il cielo aperto", ossia una comunicazione divina "e discendere un recipiente come una grande tovaglia, a terra calata per i quattro capi" (4 sono i punti cardinali e indica l'universalità). "In essa si trovava ogni forma di quadrupedi, rettili e uccelli".. "uccidi e mangia!".. Pietro scandalizzato risponde: "Giammai, Signore, perché mai ho mangiato nulla di immondo!"
Pietro in casa di una persona impura, arriva a capire che la distinzione tra puro e impuro non è vera! - Questo non è cosa facile! -
Poi arriva Cornelio, il pagano, che è impuro. Lo Spirito disse: "Va con loro senza esitare, perché sono io che li ho mandati!"
Per convertire Pietro, lo Spirito si è servito di un pagano straniero.
Per la prima volta nella storia, lo Spirito ha saltato i canali ordinari della salvezza, ha effuso i suoi doni in una comunità di pagani. Non che questi si erano convertiti, purificati, hanno pregato...e poi lo Spirito è sceso...
Il pagano per gli ebrei era un mostro, uccidendolo si faceva un'azione positiva si uccideva il male! C'era un proverbio ebraico che diceva: "Uccidi il migliore dei pagani, avrai schiacciato la testa al più schifoso dei serpenti".
Nella religione si distingueva tra degno e indegno. Attenti che ancora oggi diciamo: non sono degno di avvicinarmi a te, non ho meritato i tuoi benefici...Quando parliamo e pensiamo così siamo ancora alla legge antica, non a quella nuova portata da Gesù, in cui l'amore di Dio è un dono gratuito, non va meritato dagli sforzi degli uomini, ma va accolto come dono gratuito da parte sua!
"L'irruenza dello Spirito piombò su quelli che ascoltavano la parola"!
La clamorosa notizia si sparge per tutta la Giudea.
Accorgiamoci se la pensiamo ancora così, convertiamoci e diffondiamo questo messaggio liberatorio tra tutti i nostri conoscenti.
GIOVANNI 15, 9-17
Oggi proseguiamo il testo di domenica scorsa del cap. 15 secondo Giovanni, ricordate? Gesù Cristo è la vite, noi siamo i tralci. Mentre nella tradizione ebraica la vite rappresentava il popolo di Israele, Gesù annuncia di essere la vite vera, colui che coltiva questa vite è il Padre. Solo il Padre valuta la crescita e il frutto, né la vite, né i tralci.
Quante volte ci troviamo a giudicare gli altri? Mettiamo una sentinella sui nostri pensieri e sulle nostre labbra per accorgercene!!!
Abbiamo già detto che questo capitolo viene dopo che Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli.
Il brano che leggiamo oggi è la spiegazione pratica dell'allegoria della vite, ci dice cosa dobbiamo fare! Il vero popolo di Dio, la vera vite è il Cristo e i discepoli che rimangono con lui!
Il verbo più ripetuto, e non a caso, è "rimanere" in Gesù.
Per "rimanere", occorre essere già giunti!
Dove lo trovo Gesù? Non riesco più a vederlo! Vado in chiesa, ma non c'è, parlo con lui, non sempre mi sento ascoltata!
L'ideale è incontrare delle persone pronte ad amare senza pretendere nulla, senza aspettare niente in cambio. E' difficile che questo si avveri, tuttavia succede che Dio faccia irruzione nelle nostre vite attraverso sguardi, gesti o parole, forse piccolissimi, forse addirittura trovati in un libro o in un film.
Permettono a un tratto, anche in fondo alla disperazione, di capire che non si tratta di conquistare o di meritare l'amore di Dio, ma di comprendere che vi siamo già immersi.
Se esistiamo è perché Dio ci accompagna in ogni situazione.
Dio non è solo l'inizio, ma il principio, che come l'amore dura per sempre.
Certo è, che quando io parlo o sento parlare di "amore", mi sento in un terreno minato.
Se ne parla troppo, in tutte le salse e non è amore vero! Quasi quasi, potessi, inventerei un altro termine per esprimere quello che si vuol dire qui, un amore che non ha niente a che fare con sentimentalismi, individualismi: i predicatori dell'amore non ci convincono!
Questo "Padre", l'amore di Dio, ci precede, non si riesce a tradurre in linguaggio umano perché, normalmente scegliere è escludere, se io scelgo, escludo e invece l'amore di Dio ci sceglie gratuitamente, non per i nostri meriti, senza escludere nessuno!
E' come una forza centripeta che ha preferenza per ciò che è fuori, per ciò che è escluso dagli altri.
E' un amore che forse riusciamo a immaginare, ma come esperimentarlo?
Gesù ha dimostrato l'amore, che ha ricevuto dal Padre nel servizio.
Se vi chiedono: qual è l'insegnamento dell'amore che Gesù ci ha dato?
Mi raccomando non rispondiamo: "ama il prossimo tuo come te stesso."
Questo era per gli ebrei, Gesù, per i discepoli, lascia un comandamento "nuovo", che soppianta, sostituisce gli altri: "che vi amiate tra di voi come io vi ho amato"..."servitevi come io vi ho servito"
Qual è la prova del nove per vedere se abbiamo amato come lui, con l'amore che lui ha avuto dal Padre? Beh, qui vorrei che la radio per un attimo avesse il video, la prova è la "gioia divina"!
Il concetto molto diffuso ancora oggi è che se va tutto troppo bene, se siamo felici, sembra che ce lo sentiamo, stiamo usurpando un privilegio divino, e ci capiterà qualcosa!
Le immagini di Dio giudice, che condanna, che castiga sono tutte inventate!
La volontà di Dio è che la sua gioia divina sia nostro patrimonio!
E non lo dico io, che non ho nessuna autorità per dirlo, lo dice Gesù nel Vangelo:
"Queste cose io vi ho detto perché la gioia, quella mia, dell'uomo-Dio, sia in voi traboccante"!
Perché traboccante? Sì, come una fontana in montagna che riceve acqua, straripa e la comunica a tutti quelli che passano di lì, e alla natura circostante!
Cosa ci ha detto dunque Gesù? Tranquilli, Dio è esclusivamente buono, non ci sono giudizi, castighi, minacce. Dio comunica il suo amore a tutti!
Una fontana in montagna, quando passi, ti chiede se meriti di bere? Se proprio tu non vuoi bere non ti obbliga,... anche se, c'è un passo nel Vangelo che nella parabola degli invitati a nozze, Gesù dice di andare sui crocevia delle strade e "costringere a entrare" ma era un esempio dell'amore esagerato di Dio!
"Voi siete miei amici" presuppone un rapporto con Dio paritario, dove l'unico interesse è il bene dell'altro, dove c'è piena confidenza, a Dio interessa tutto di me, sin nei minimi particolari, e ..piena intimità!
Tutto questo è possibile se "rimaniamo" uniti alla sorgente che ci ama, ma visto che non è verificabile, la verifica (non quella della scuola), diciamo, la verità, la garanzia che "stiamo rimanendo nel suo amore" in modo cosciente è: - la pratica dell'amore reciproco.-
Offrire la vita è incontrare l'altro dove sta, senza partire dai nostri desideri nei suoi confronti, raggiungerlo nella sua situazione, è accoglierlo così com'è, con le sue qualità e i suoi difetti, accettando di portare il peso che ci mette sulle spalle, senza vendicarci delle fatiche che ci impone, senza neanche sfruttare il suo bisogno di affetto per colmare le noste carenze.
Decidere di orientare le nostre relazioni all'amore è "rimanere nell'amore". Amare così non è possibile per gli esseri umani, ma a Dio sì.

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