D. Gianni Mazzali SDB"PERCHE' STATE A GUARDARE IL CIELO?

17 maggio 2015 | 7a Domenica: Ascensione - Anno B  | Omelia
In effetti viviamo come in un campo magnetico tra forze opposte che ci attirano e si respingono. Non c'è dubbio che siamo essere terrestri, radicati su questa dimensione terrena, abbarbicati a tante esperienze umane, sensibili, carnali. Ma è altrettanto vero che spesso sentiamo una spinta, un desiderio struggente di sollevare il nostro sguardo, di "superarci", di puntare
verso l'alto. Per quanto irrimediabilmente terrestri vorremmo già essere abitatori del cielo. La Parola di questa solennità dell'Ascensione del Signore si inserisce in questo campo magnetico e orienta la nostra identità terrestre verso la dimensione celeste.

Testimoni nello Spirito di Cristo

Nella sua prefazione agli Atti degli Apostoli, il suo "secondo Vangelo", Luca fa una sintesi molto concentrata dell'esperienza storica di Gesù nella prospettiva dei suoi Apostoli. Si delinea una incertezza nelle aspettative degli "undici" che per quaranta giorni Gesù dispone e prepara al suo definitivo congedo. La loro preoccupazione è indubbiamente terrestre: "Signore, è questo il tempo in cui ricostruisci il Regno di Israele?". Nonostante l'esperienza viva di Gesù Risorto non sono state fugate le aspettative di gloria e di onore terreno di questi poveri uomini. Gesù è consapevole di questo fraintendimento e sposta la loro attenzione sul fatto che, grazie ad una esperienza che li trasformerà interiormente, la loro preoccupazione futura sarà quella di essere suoi testimoni "fino ai confini della terra".
Il nuovo Regno di Israele, di cui ora sono così preoccupati, si realizzerà grazie alla loro predicazione e personale testimonianza in ogni parte del mondo fino al dono della loro stessa vita. Gesù sta dicendo loro che il suo compito, la sua missione si è conclusa. Ora tocca a loro e per questa hanno bisogno di una "nuova esperienza di Cristo: il Cristo non più nella carne, ma nello Spirito. Per essere pienamente responsabili della loro missione il Cristo "storico", il Cristo uomo, deve lasciarli soli. Si inaugurerà la stagione del Regno, del nuovo Israele, il tempo dello Spirito.
Gli Apostoli sono invitati dagli angeli a cessare di scrutare nostalgicamente il cielo verso il quale Cristo è asceso e di impegnarsi nella loro missione certi che Gesù sarà con loro, lo stesso Gesù che ora li sta lasciando. E' sulla terra, in mezzo agli uomini di ogni razza e di ogni lingua che Gesù vuole essere salvatore, grazie alla loro testimonianza.

La misura della pienezza di Cristo

Come Luca anche Paolo insiste che il mistero dell'ascensione di Gesù impegna non solo gli Apostoli, ma ogni cristiano a concentrarsi sugli elementi fondamentali della sua dignità cristiana e vivere, senza rimpianti ed alienazioni, la chiamata, la missione ricevuta. La personale esperienza di Paolo gli fa constatare quanto i limiti e le debolezze umane segnino il compito di testimoniare Cristo. Quanto è evidente che la salvezza di Gesù viene recata dalla fragilità e debolezza di tanti uomini e di tante donne. La discesa di Gesù nella carne e la sua ascesa al Padre sono il paradigma della nostra missione.
Come cristiani sentiamo di dover rendere vivo e presente Gesù nella realtà di questa terra, evitando di impoverire l'esperienza umana, in tutti i suoi aspetti, in un' alienante e falsa attesa del cielo, del Paradiso. Per questo Paolo è molto concreto e parla di umiltà, di dolcezza, di magnanimità, di sopportazione vicendevole, tutte espressioni dell'amore che è l'essenza di Dio e dell'uomo. Si sente forte la sua preoccupazione per l'unità, sempre fragile e precaria della nuova comunità che vive le contraddizioni e le tensioni umane. E' una comunità ricca di doni e di compiti diversi quella che esprime il Corpo di Gesù, costantemente in tensione per la delicata e difficile realizzazione dell'unità nella diversità. Sembra che Paolo, con grande consapevolezza e concretezza, ci voglia dire di non scoraggiarci dei nostri vuoti, della nostra inadeguatezza, delle quotidiane ferite. La conferma e garanzia della nostra integrità e pienezza è la "misura della pienezza di Cristo".

Partirono e predicarono dappertutto

Marco conclude il suo Vangelo con il suo stile essenziale e scarno. Evidenzia una immediata consequenzialità tra l'ascensione al cielo di Gesù e la missione degli Apostoli. Non vi è accenno diretto all'esperienza dello Spirito, ma, a modo suo, il discepolo di Pietro, ha un inciso che sembra essere la descrizione marciana della Pentecoste: "Il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano".
Ci viene consegnato un modello ed un paradigma. Il modello è l'incalzante invito a concretizzare la nostra testimonianza in tutti gli aspetti della nostra esperienza di uomini e donne di questo tempo. Il paradigma è Cristo asceso al cielo che agisce nello Spirito in ciascuno di noi, confermandoci e rassicurandoci nella fatica del vivere e testimoniare ogni giorno.

"Tu sogni l'amore eterno. Impara dapprima la fedeltà giorno per giorno; sprona la tua anima a lottare contro il fluire universale. È votato all'eternità solo ciò che resiste al tempo". (Gustave Thibon)
D. Gianni Mazzali SDB

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