Don Giorgio Scatto"E' tutta questione di relazioni"

Festa della SS. Trinità (anno B)
Letture: Dt 4,32-34; Rm 8,14-17; Mt 28,16-
«Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te» (Dt 4,32).
Io penso che ci voglia del coraggio, oggi, per porre delle domande che ti possono anche cambiare la vita.
Viviamo in un’epoca che preferisce vivere di emozioni, di frammenti; abitiamo una storia che
ha abbandonato da tempo la ricerca sistematica di un pensiero capace di strutturare modelli di civiltà. Qualcuno ha parlato di una società ‘liquida’, senza progetto e senza confini definiti. Le domande che affiorano nella nostra quotidianità sono spesso banali, sanno più di curiosità che di apertura ad un orizzonte di senso. Navighiamo sotto costa, non in mare aperto.
La domanda, quella che tocca la radice dell’anima, è come un campo arato. I lunghi solchi appaiono come ferite profonde, lasciate aperte, nell’attesa del seme. Porre domande è lasciarsi ferire, è essere abitati da lunghi silenzi, è attraversare deserti aridi e senza acqua, fiduciosi che la pioggia verrà, un giorno, e renderà fecondo ciò che era solo una steppa inaridita.
«Sappi oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro» (Dt 4,39).
Le domande vere, dalla cui risposta, o non risposta, dipende tutta una vita, sono rare e poche volte le cerchiamo con vivo desiderio. Facciamo fatica a farle emergere dalle nostre profondità perché abbiamo paura di farci del male, perché temiamo di provocare delle ferite che non diventeranno mai un grembo fecondo, capace di donare vita. Accogliere e custodire le domande estreme ci farebbe impazzire, almeno così ci pare, e allora viviamo accontentandoci di poco, non per francescana povertà, ma per pura pigrizia. Oggi porre la domanda su Dio risulta per molti del tutto privo di senso, in una società diventata adulta e autonoma, svincolata da ogni tutela, anche religiosa, almeno per quanto riguarda il nostro mondo occidentale. Si può ancora affermare che, se c’è un Dio, questi si interessa del mondo, dell’umanità? Spesso
Dio viene posto sotto accusa, imputandogli di essere impotente di fronte ai mali del mondo. E’ un Dio inutile. Dove sono «le prove, i segni, i prodigi e le battaglie» (Dt 4,34) che Dio avrebbe sostenuto per andare a scegliersi un popolo e condurlo con forza verso una terra di libertà? Quello che leggiamo nei testi sacri degli ebrei e dei cristiani, non è un linguaggio che appartiene inesorabilmente alla categoria del mito, della leggenda, ad una realtà prescientifica e sostanzialmente primitiva? Per ‘dimostrare’ Dio non è sufficiente guardare le stelle o ammirare l’oceano dove guizzano animali piccoli e grandi. E pure l’uomo, non comunica più un’immagine credibile di Dio, dal momento che spesso porta in sé il volto violento di Caino, o è somigliante ad Abele, a cui è impedito di esistere. E dunque, se non esiste l’uomo, non esiste nemmeno Dio.

L’altro giorno un giovane mi ha detto proprio questo: che non crede in nessun Dio, materiale o spirituale, e che per lui sono importanti solo le relazioni umane. Accetto, e quasi condivido: partiamo dalle relazioni.
Partiamo da Abramo e dalla sua discendenza; partiamo da Mosè e dal suo popolo, condotto come un gregge di pecore ribelli; da Giosuè, che attraversa all’asciutto il Giordano; dalle possenti mura di Gerico, che si frantumano al suono delle trombe dei sacerdoti. Partiamo dalle battaglie, dalle conquiste, dai tradimenti, dalle alleanze. Partiamo dai profeti di corte e dai re empi, dalle guide abitate dalla sapienza e dagli uomini dall’occhio penetrante, capaci di sognare il futuro. Scopriremo una storia attraversata da una Presenza, talvolta nascosta e inafferrabile, altre volte violenta e terribile, come un torrente in piena, come un fuoco divorante. Molti hanno chiamato questa Presenza, inaccessibile e intimissima, Dio, colui che chiama all’esistenza tutte le cose, Creatore e Signore di tutte le cose. L’uomo ha potuto dire di averlo conosciuto, di averne ‘udito la voce’, anche se il suo nome resta sempre nascosto, perché egli è “il più grande”e non può restare prigioniero delle nostre definizioni. Ogni affermazione su Dio può diventare nello stesso istante fabbrica di idoli.

Al centro di questa storia di relazioni c’è un volto, un nome comune a tanti altri, e nello stesso tempo assolutamente unico: Gesù, figlio di Maria, di Nazareth. E’ un uomo abitato da tutta la storia che l’ha preceduto, imparata sulle ginocchia di sua madre e nelle lunghe frequentazioni della sinagoga del villaggio, dove ha appreso le Scritture antiche. Dopo una vita itinerante, vissuta predicando il Regno di Dio e curvandosi con tenerezza su tutte le miserie umane, è stato condannato dalle autorità e messo in croce.
Raccontano che Dio non lo abbia abbandonato nell’oscurità del sepolcro, ma lo abbia fatto sedere accanto a sé nella gloria. Quest’uomo non è solo figlio di Abramo, e di tutta l’umanità. E’ come generato da una sorgente increata di vita e d’amore, da un principio senza principio, che lui stesso ha chiamato Abbà, Padre. Sa con certezza che la sua vita viene da lui. E a lui ritorna. L’autore della lettera agli Ebrei afferma che egli è «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2). Allora, accogliendo lui e la sua Parola, già sono rassicurato sulla fede, e Dio non lo devo più cercare lontano da quest’uomo che ha affermato: «Chi vede me vede il Padre» (cfr. Gv 14,9). E che ha detto anche: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). Gli credo, con tutto il cuore, e penso anche che quel giovane mio amico abbia ragione: è tutta questione di relazioni: di Gesù con me; di Gesù con tutta la storia; di Gesù con il Padre, vita senza principio, di Gesù con l’intera creazione, che ancora geme e soffre e attende liberazione.

Lo «Spirito, assieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio» (Rm 8,16).
Tutte queste relazioni sono rese possibili da un grande Amore, eterno come il Padre e il Figlio, chiamato anche ruah, grembo di vita, o pneuma, soffio leggero e vento impetuoso, Spirito Santo, caldo nido di una umanità e di un mondo nuovo. Relazione sostanziale tra il Padre e il Figlio. Amore riversato nei nostri cuori, che ci genera come figli per Dio.
Solo attraverso il dono dello Spirito possiamo giungere alla fede in Dio, conosciuto nella comunione del Padre e del Figlio. Le vie della conoscenza di Dio sono solo le vie dell’amore.
Giorgio Scatto

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