FIGLIE DELLA CHIESA LECTIO DIVINA"Battezzate tutti i popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,16-20)

Santuario della SS. Trinità - Vallepietra
La Parola  Lectio
Una chiave di lettura
La liturgia della domenica della Santissima Trinità riporta gli ultimi versetti del Vangelo di Matteo. All'inizio del Vangelo, Matteo presentava Gesù come Emmanuele, Dio con noi (Mt 1,23). Ora, nell'ultimo versetto del suo Vangelo, Gesù comunica la stessa certezza:
"Sono con voi fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Questo continua ad essere il punto centrale della nostra fede: Gesù è l'Emmanuele, Dio con noi. E' anche la prospettiva per adorare il mistero della SS. Trinità.



v. 16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.

Gesù apparve anzitutto alle donne (Mt 28,9) e, attraverso le donne, fa sapere agli uomini che dovevano andare in Galilea per vederlo di nuovo. In Galilea avevano ricevuto la prima chiamata (Mt 4,18-22) e la prima missione ufficiale (Mt 10,1-16).

La Galilea è il luogo dove Gesù ha vissuto la vita d’ogni giorno e iniziato il suo annuncio (Mt 4,12-17). E’ una terra piena di ricordi e d’emozioni, è il confine con le nazioni pagane. Su questo monte della Galilea Gesù risorto vuole avere l’ultimo incontro terreno con i suoi; non è il momento dell’addio, ma è qualcosa di nuovo che comincia.

I discepoli sono undici. L’assenza di Giuda è memoria della mutevolezza dell'animo umano e soprattutto della impossibilità all'interno della stessa chiesa (persino fra gli uomini scelti "direttamente" da Gesù!) di ogni garanzia di santità e di pretesa di perfezione. Eppure il Signore li chiama ancora, per investirli della missione più delicata.



v. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.

Al vedere Gesù, i discepoli si prostrano davanti a lui. La prostrazione è la posizione di chi crede e accoglie la presenza di Dio. Il fine della nostra esistenza è adorare, è il bacio del Figlio. Alcuni, però, dubitano. Tutti i quattro Evangeli accentuano il dubbio e l'incredulità dei discepoli di fronte alla risurrezione di Gesù (Mt 28,17; Mc 16,11.13.14; Lc 24,11.24.37-38; Gv 20,25).

Adorazione e dubbio sono due atteggiamenti che ci descrivono la fede dei discepoli; una fede che rimane mescolata al dubbio, un insieme di fede e d’esitazione... continuamente bisognosa d’essere purificata…, una fede piccola, chiamata a diventare quella fede grande che rende presente e operante Gesù.



v. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.

È Lui, Cristo, missionario del Padre che per primo si avvicina a noi. Nel Vangelo i discepoli spesso si avvicinano a Gesù, però nel momento di massimo bisogno si allontanano e fuggono.(Cfr. Getsemani e croce). Giuda si avvicina e lo tradisce (Mt 26,49). Gesù invece si avvicina e, aiutandoli a ricordare, li invita ad andare.

L’iniziativa della missione rimane sempre ed esclusivamente sua! "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra”. Frase solenne che assomiglia molto a "Tutto mi è stato dato dal Padre mio" (Mt 11,27). Simili sono alcune affermazioni di Gesù riportate nel vangelo di Giovanni: "Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani" (Gv 13,3) e "Tutto ciò che è mio è tuo e tutto ciò che è tuo è mio" (Gv 17,10).

Questa autorità di Gesù, nata dalla sua identità con Dio Padre, dà fondamento alla missione che gli Undici stanno per ricevere ed è la base della nostra fede nella SS. Trinità. La sua morte e resurrezione lo hanno fatto Signore dell’universo. Questa è la radice da cui nasce l’universalità e la novità della missione.

Il mandato di Gesù è di insegnare pur restando discepoli: lui solo è l’unico Maestro (Mt 23,10). Non siamo chiamati ad insegnare qualcosa di nostro, ma solo “tutto ciò che egli ha comandato”. Un insegnamento che nasce da un ascolto.



v. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo

Gesù comunica una triplice missione: far discepole tutte le nazioni, battezzarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnar loro ad osservare tutto quello che aveva comandato.

1) Diventare discepolo/discepola: Il discepolo convive quotidianamente con il maestro e da questo impara. Forma comunità con il maestro e lo segue, cercando di imitare il suo modo di vivere e di convivere. Discepolo è quella persona che è sempre disposto ad imparare, è colui che tende l'orecchio per ascoltare quello che Dio ha da dire (Is 50,4). È una missione rivolta a tutto il mondo perché Gesù risorto è la luce che illumina tutti (Lc 2,32).

2) Battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo: La Buona notizia di Dio che Gesù ci ha portato è la rivelazione che Dio è il Padre e che pertanto tutti siamo fratelli e sorelle. Questa nuova esperienza di Dio, Gesù l'ha vissuta e ottenuta per noi con la sua morte e risurrezione. In quel tempo, essere battezzato in nome di qualcuno significava assumere pubblicamente l'impegno di osservarne il messaggio annunciato.

Per cui, essere battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo era lo stesso che essere battezzato nel nome di Gesù (At 2,38) e lo stesso che essere battezzato nello Spirito Santo (At 1,5). Significava e significa assumere pubblicamente l'impegno di vivere la Buona Novella che Gesù ci ha dato: rivelare attraverso la fraternità profetica che Dio è Padre e lottare perché siano superate le divisioni e le separazioni tra gli esseri umani, e affermare che tutti siamo figli e figlie di Dio.

3) Insegnare ad osservare tutto quello che Gesù ha ordinato: non insegnare dottrine nuove o nostre, ma rivelare il volto di Dio che Gesù ci ha svelato.



v. 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Il comando è amare Dio e i fratelli con lo stesso amore del Figlio manifestato nella sua morte di croce. Gesù, il Crocifisso risorto, non ha esaurito il suo compito, né si assenta dal mondo: è presente come l’Emmanuele, il “Dio con noi” (Mt 1,23).

Questa è la grande promessa, la sintesi di tutto quello che è stato rivelato fin dall'inizio. È la sintesi del Nome di Dio, il riepilogo di tutto l'Antico Testamento, di tutte le promesse, di tutte le aspirazioni del cuore umano.

È questa una promessa che guarda soprattutto la missione: i discepoli non saranno soli, Gesù li accompagnerà nel loro lavoro, nelle loro difficoltà, nella loro solitudine, nel loro vagabondare per il Vangelo. Una familiarità con Gesù che non ha fine.

 Alcuni dubitavano

            Mi sembra che questa fosse l’ultima apparizione in Galilea, quando li inviò a battezzare. Se alcuni dubitarono, ammira ancora da ciò la loro veridicità, come non tengano nascosti, fino all’ultimo giorno, i loro difetti. Ma tuttavia anche costoro furono rafforzati nella fede mediante l’apparizione. (Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo 90,2)

Ecco, mi appare in un’immagine misteriosa la Trinità, cioè tu, Dio mio, poiché tu, Padre, hai creato il cielo e la terra nel principio della nostra sapienza che è la tua Sapienza, nata da te, a te uguale e coeterna, ossia nel tuo Figlio.

Ho detto tante cose intorno al cielo del cielo, alla terra invisibile e confusa, all’abisso tenebroso, visto come delirio della creatura spirituale priva di forma, vagante finché non si volgerà verso colui dal quale viene ogni forma di vita, e, con la sua illuminazione, non diventerà una vita meravigliosa e sarà cielo di quel cielo che venne poi creato tra acqua e acqua. E così ormai ho saputo che col nome di Dio s’intende il Padre che creò, e col nome del Principio s’intende il Figlio nel quale Dio creò.

Poiché credo che il mio Dio è Trinità, andavo cercando questa nelle sue sante parole; ed ecco il tuo Spirito che si portava sopra le acque: risultava così il mio Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore d’ogni cosa. (Sant’Agostino, Le Confessioni, libro XIII, 5)



[…] Ebbi la visione della SS. Trinità e del modo con cui Ella sta nell’anima in grazia, la SS. Trinità mi si rappresentò in tal maniera, per via di certe comparazioni e paragoni, d’averne io la cognizione in visione immaginaria.

[…] Riconosco che questa verità è conforme a quanto ho sentito dire dai teologi.

[…] Agli ignoranti sembrerà che le Persone della SS. Trinità stiano tutte e tre in una sola persona nel modo con cui si vedono dipinte.

[…] Secondo quello che ho veduto, si tratta di tre Persone distinte che si possono vedere e a cui si può parlare separatamente.

[…] Queste persone si amano, si comunicano, si conoscono.

[…] Queste tre Persone hanno una sola volontà, un solo potere e una sola autorità, per cui una non può nulla senza il concorso delle altre: infatti, tutte le creature hanno un solo creatore. Potrebbe il Figlio creare una formica senza il Padre? No, perché entrambi, unitamente allo Spirito Santo, non sono che un unico potere, per cui non vi è che un solo Onnipotente e un’unica Maestà in tutte tre le Persone.

Potrebbe un’anima amare il Padre senza amare il Figliuolo e lo Spirito Santo? No: chi ne onora una le onora tutte, e chi ne offende una le offende tutte.

Potrebbe il Padre star senza il Figliuolo e lo Spirito Santo? No, perché le tre Persone hanno un’unica essenza e non si possono separare, per cui dove si trova una vi sono anche le altre. (Santa Teresa d’Avila, Relazioni Spirituali, dal n. 33)



O dolce Trinità, mio Signore e mio Dio

Mistero di Bontà, nascosto nel cuor mio

ti lodo con l’amore che mi hai dato per te

come ti loda il fiore, col profumo che ha in sé.

(Madre Maria Oliva Bonaldo, fondatrice delle Figlie della Chiesa)



B come Battesimo, ossia full immersion

Amati, anzi immersi nell’amore: battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito, cioè tuffati nell’oceano senza fondo e senza sponde dell’infinito mistero della vita divina. È iniziata così, anche per ciascuno di noi, l’avventura cristiana, con il rito dell’acqua versata sulla testa. Molto più suggestiva la triplice immersione del catecumeno nell’acqua battesimale: una vera full immersion nella vita stessa del Dio – Trinità.

Se il sacramento è un gesto di Cristo compiuto con le mani della Chiesa, il discendere completamente nella grande vasca del battistero significa e realizza l’immersione nella morte del Signore; e il riemergere dall’acqua esprime e attua la partecipazione alla vita di lui, risorto da morte. «Nel battesimo con lui siete stati sepolti insieme, in lui siete anche stati insieme risuscitati» (Col 2,12). È Cristo che con le mani della Chiesa ci immerge nella sua morte e risurrezione. Si ripete sacramentalmente lo stesso suo passaggio dalla discesa nel sepolcro alla gloria del Padre.

È nella Pasqua il principio del battesimo: nel momento in cui il catecumeno viene battezzato, entra in comunione con Cristo, muore e risorge con lui: muore l’uomo vecchio per lasciare il posto all’uomo nuovo. Una testimonianza tra le tantissime? Milano, 24 aprile 387, veglia pasquale: viene battezzato, per le mani di Ambrogio, Aurelio Agostino, sotto gli occhi lucidi della madre Monica. Ad anni di distanza il cuore registra ancora sussulti di commozione, come quella notte: «E fummo battezzati. E si dileguò da noi tutta l’inquietudine della vita passata».

L’acqua battesimale è «sepolcro e madre»: se in rapporto al Figlio, il battesimo è conformazione a Cristo, per via d’incorporazione nella sua Chiesa, in rapporto al Padre il battesimo è rigenerazione. Facendoci fratelli suoi, Cristo ci fa figli del Padre. Questa è l’immensa fortuna che ci è data; non siamo delle povere creature, nude e fragili e per giunta tristi e feroci, ma figli amati: gratuitamente, infinitamente, tenerissimamente. Il nostro essere è un «essere ricevuto», qualcosa di scelto, benedetto, donato. Sono pensato e voluto, e chiamato per nome. Questa è la nostra verità, grande e incredibile: siamo non solo umani, ma divini. Una notizia da capogiro: pulsa in noi la stessa vita di Dio. Al solo pensiero il cuore – liberato dalla paura di dover vivere da creature straniere in un mondo ostile – dovrebbe battere all’impazzata …

Infine – il fine di tutto, non la fine! – il battesimo, che – guai a dimenticarlo! – viene celebrato anche nel nome dello Spirito Santo, è consacrazione per la missione: ecco l’opera della terza Persona divina, la persona – Amore, la persona – Dono. Assimilati da lui a Cristo, come Cristo, «in – con - per» Cristo. San Paolo usa espressioni insuperabili per esprimere la consacrazione – missione del cristiano: vivere «come vivi, tornati dai morti»; profumare il mondo diffondendo ovunque «il buon profumo di Cristo»; «lasciarsi guidare dallo Spirito»; «rallegrarsi sempre» e «rendere sempre grazie al Signore» …

«Tutta la nostra vita non era che morte», canta un antico autore cristiano del II secolo, e sull’architrave del battistero di san Giovanni in Laterano un’iscrizione latina recita: «Qui nasce per il cielo un popolo di alto lignaggio / lo Spirito gli dà vita nelle acque feconde. / Peccatore, tu scendi vecchio, e risali con una nuova giovinezza. / Nulla separa più i redenti: essi sono uno …».

Il battesimo ci fa Chiesa: stirpe eletta, assemblea sacerdotale, nazione regale, comunità santa. Siamo un popolo, non un’accozzaglia di individui sfusi. Siamo il corpo di Cristo, non un agglomerato di sette. Siamo un popolo con un unico capo, siamo una famiglia con un solo Padre, e con una sola condizione: la libertà dei figli di Dio; con una sola legge: l’amore, e con un solo fine: il regno di Dio.

C’è una vita più umana di quella cristiana?

(F.Lambiasi, ABC della fede, pag 11-14)

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