JUAN J. BARTOLOME sdb LECTIO DIVINA: Mt 28,16-20 Ss. Trinità

31maggio 2015 | 9a Domenica: - T. di Pasqua B | Lectio Divina
Dopo la sua resurrezione Gesù fu costituito Signore 'del cielo e della terra.' Con autorità, congrega i suoi discepoli, ancora timorosi e increduli, e li manda al mondo con un compito: fare di ogni abitante della terra un suo discepolo, trasformare il mondo in 'scuola di Dio.' Se così faranno, li accompagnerà sempre. La presenza di Dio è, dunque, assicurata a una chiesa che continui a predicare il vangelo e
continui a battezzare nel nome di Dio Trino. E' come dire che solo tra gli annunziatori del vangelo sarà presente Gesù.
Oggi la memoria della Trinità ci ricorda che il compito è attuale per ubbidire e compiere il mandato di Gesù. Non è tempo di alimentare paure o ingrandire la nostra incredulità: ci sono ancora uomini che aspettano il battesimo e il mondo non è ancora discepolo di Dio. Ritornare al mandato, compiendo il testamento del Risuscitato, restituirebbe la sua presenza tra di noi: il Signore è con chi ha accolto il suo comandato, con chi ha il vangelo nel cuore e sulla sua bocca. Finché esistono uditori possibili del vangelo, avremo l'opportunità di contare sulla presenza di Cristo tra di noi: Dio non abbandona chi non cessa di testimoniarlo. È una grazia enorme e tutto un modo di agire
In quel tempo,
16 gli undici discepoli andarono in Galilea, al monte che Gesù aveva loro indicato.
17 Quando lo videro, si prostrarono, ma alcuni dubitarono. 18Gesù di avvicinò, e disse loro:
Mi è stato dato pieno potere in cielo e sulla terra.
19 Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo;
20 insegnando loro a osservare tutto quello che vi ho comandato.
E sappiate che io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo."
1. LEGGERE: Capire quello che dice il testo e come lo dice

Il racconto, molto schietto, presenta un'accurata composizione: incomincia e si chiude alludendo al gruppo apostolico che va in Galilea dove gli è apparso il Risuscitato (Mt 28,16-17) e che da Lui ricevono la promessa della sua permanenza tra di loro (Mt 28,20b). Al centro, Gesù, che è mostrato loro pieno di potere (Mt 28,18), promette la sua presenza vicino ad essi (Mt 28,20b) ed impone la missione universale (Mt 28,19-20a).
Gli Undici ai quali è stata comunicata già la resurrezione (Mt 28,7-8.10), si dirigono in Galilea, ad un monte conosciuto. Non fuggono da Gerusalemme né si ritirano alle loro faccende, seguono una precisa indicazione: lì, è stato promesso loro che avrebbero visto il Signore (Mt 28,7.10). E vedendolo, cadono a terra, adorandolo, benché alcuni - un fatto del tutto sorprendente - continuano ad avere dubbi. La visione non è tanto eclatante da eliminare qualunque titubanza. Il dubbio diminuisce la loro fede (cfr Mt 14,31) e, in qualche modo, relativizza l'esperienza visiva: per saperlo vivo, non basta vederlo, ma dovranno anche ubbidirgli.
La doppia reazione dei testimoni riflette due posizioni che potevano viversi nella comunità cristiana davanti all'esperienza pasquale; Matteo, annotando che l'esperienza personale dell'incontro col Risuscitato non produsse una fede senza dubbi, è perché vuole sottrarre forza al vissuto soggettivo della visione e sottolinea l'importanza della missione al mondo (Mt 28,19).
In realtà, non è la vita dopo la morte, la nuova forma di essere di Gesù, il centro del messaggio pasquale, bensì la sua promessa di permanenza tra i discepoli (Mt 28,20). Certo che il sepolcro vuoto e le apparizioni in Galilea furono centrali nell'esperienza pasquale; ma il redattore li vedi già come fatti del passato; quello che importa, ora, è obbedire al Risuscitato: i dubbi si superano nella missione al mondo, perché lì si ha solo la certezza della presenza del Signore risuscitato. Chi va ai confini del mondo, si sentirà accompagnato dal suo Signore: allora non vi sarà dubbio della sua resurrezione. Matteo, dunque, prepara così le generazioni cristiane posteriori; nella misura in cui rimangono lontano dai fatti pasquali, dovranno centrare la loro attenzione nei compiti che hanno ed affrontare i problemi del loro tempo.
Con una fede, non libera ancora da sospetti, gli Undici riescono finalmente a vederlo (Mt 28,17); è imposto loro come sovrano universale ed impone la sua volontà ai suoi (Mt 28,18-20). Il Risuscitato esercita quel potere inviando i suoi testimoni al mondo: fare dei popoli discepoli di Cristo è la forma di farli già partecipare della sua vittoria personale e di assicurar loro la sua presenza indefettibile. Finché la comunità è scuola cristiana, Cristo sarà di casa; dove sorgano suoi seguaci, lì sarà il Signore. La missione non si riduce, dunque, all'indottrinazione, a mero apprendistato dell'insegnamento di Gesù; introduce i pagani ad una vita comune di sequela.
Il battesimo nel nome di Dio Trino e l'insegnamento sulla sequela di Gesù sono le due attività basilari di questo lavoro educativo tra i fratelli. La promessa finale non è semplice ripetizione di impegni passati: il Risuscitato si impegna ora con la sua parola, ed il suo potere onnipotente, che starà sempre coi suoi, non solo quando lo seguono (Mt 10,19-20) o si riuniscano per pregare (Mt 18,20), bensì purché essi stiano dove Egli li vuole, tra le genti e col vangelo come unica occupazione. Finirà prima il mondo, prima che venga meno la sua presenza. Questa presenza è permanente ed efficace. Gesù sarà Dio-con-noi (Mt 1,23), se i suoi inviati staranno con le genti (Mt 28,20)

2. MEDITARE: APPLICARE QUELLO CHE DICE IL TESTO ALLA VITA

Alla fine del periodo pasquale, nel quale abbiamo ricordato i fatti principali della nostra salvezza, morte e risurrezione di Gesù, la sua ascensione e l'invio del suo Spirito, la Chiesa vuole che centriamo la nostra attenzione nel Dio che è alla fonte di tanta grazia e che adoriamo il mistero di tale amore. Chi crede di avere il suo salvatore in Cristo Gesù, deve credere nella Trinità di Dio. Oggi ricordiamo il mistero centrale della nostra fede: il Dio di Gesù, l'unico vero, è Padre, che ci ha creati e che ci ha richiamati all'esistenza; è Figlio che morì per noi e che, risuscitato, vive per noi; è Spirito che ci accompagna durante l'assenza di Gesù e vuole il meglio per noi, la nostra santificazione.
Questo mistero, come qualunque altro mistero della nostra esistenza, non è alla portata della nostra intelligenza. Come tanti altri misteri, è comprensibile solo col cuore. Non spieghiamo mai come è possibile che Dio sia tre Persone, come mai ci spiegheremo perché Dio volle amarci tanto: Dio ci ama, per questo motivo non gli bastò di essere uno per noi, ma volle triplicarsi per noi. E questa decisione misteriosa ci fa capire che si è spaventati per il tanto amore immeritato. Quando parliamo di tre Persone in Dio, diceva sant'Agostino, non è perché così definiamo meglio la sua realtà, bensì per non dover tacere completamente. Davanti all'amore non c'è un'altra reazione possibile che l'accettazione o il rifiuto. Tentare la comprensione dei motivi per i quali uno è amato è incominciare a perdere l'amore che si è scoperto; non si analizza né si seziona quello che si apprezza; quello che più vale per noi lo contempliamo meglio. Invece di cercare una spiegazione razionale all'amore che Dio ha per noi, dovremmo contemplare oggi quell'amore e tacere accettandolo gratuitamente: abbiamo, chi l'avrebbe detto, un Dio che si è fatto tre per dimostrarci il suo amore, per rendersi più vicino, imponente ed innegabile.
Dio ci ha tanto amato che ci ha salvato richiamandoci ad esistere. Ci ha voluti tanto bene che volle somigliare a noi vivendo, come uomo vero, tra di noi, conoscendo come noi la pena e la morte; ci ha amati tanto che ci diede non lo spirito di servi ma di figli. Per amore, amore incomprensibile perché è amore senza misura, il Dio unico è in tre Persone che ci amano: non si può vivere per comprendere l'amore (triplo, di Dio) ma si può vivere per sentirsi compresi da quell'amore personale di Dio Trino. Dio deve risultarci sempre incomprensibile. Ma un Dio che si triplica per amarci meglio è sempre un Dio adorabile.
Oggi dovremmo, noi credenti in questo Dio, recuperare l'allegria di vivere, la fiducia in noi stessi e la sicurezza di non vederci defraudati domani, perché, credendo nel Dio Trino, possiamo sentirci figli di un Dio che si è fatto in tre per amarci di più e per sempre, in forma diversa: un altro Dio cosa potrebbe fare di più? 'Interroga, domanda i tempi antichi, che ti hanno preceduto, dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra: ci fu mai come da un estremo all'altro del cielo parola tanto grande come questa?, si sentì cosa simile?... Riconosci, dunque, oggi, e medita nel tuo cuore che non vi è lassù Signore, unico Dio nel cielo e qui sotto sulla terra; non ce ne è un altro.'
Con tutto ciò, dobbiamo riconoscere che la fede in questo Dio Trinità, non ci libera dalla nostra cattiva esistenza né la privilegia in modo alcuno: chiunque di noi avrebbe ragioni sufficienti per lamentarsi per l'insicurezza in cui vive, per la malattia che soffre o teme, per il male che ha conosciuto, per le ingiustizie che ha sofferto già o, peggio ancora, ha causato. Come ogni uomo, anche i credenti affrontiamo il giorno che nasce con sfiducia e diffidenze. Ci è difficile sperimentare la vicinanza a Dio; crediamo che Dio ci ha lasciato, abbandonati. Come può essere possibile, se crediamo che possiamo contare su un Dio che, per dirla in breve e con una frase strana, è di tre forme differenti, in tre persone diverse, totalmente dalla nostra parte, sempre a nostro favore?
Senza dubbio la nostra incapacità di apprezzare la vicinanza del Dio Trino dipende dalla irresponsabilità con la quale viviamo la nostra fede. Gesù Risuscitato promise di stare con coloro ai quali ordinò di andare al mondo e fare nuovi discepoli. Quando ci presentiamo, dunque, come inviati di Gesù senza rossore né complessi d'inferiorità, quando non ci accontentiamo di poter vivere la nostra fede solo per noi stessi, quando insegnamo quello che Cristo ci insegnò, quando recuperiamo l'orgoglio di essere i suoi discepoli e lo diciamo pubblicamente, ci sentiremo vicino all'unico Dio che vuole essere in tre persone per amarci di tre forme differenti. Cristo ci diede la sua parola - fece pubblico testamento prima di lasciare la terra! - impegnandosi a stare vicino a chi predicasse il vangelo ed insegnasse le sue parole.
Solo chi si dedica a fare comunità tra gli uomini, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito, può sperare di trovarsi con un Dio che è comunità di persone: lo stipendio del nostro impegno per fare degli uomini dei discepoli, il salario per creare spazi nel mondo dove si viva secondo quello che Cristo ha insegnato, la ricompensa per vivere in comune la nostra fede dentro la chiesa, è sempre Dio, la coscienza della sua vicinanza, la sicurezza della sua compagnia, il vissuto del suo triplice amore. Non ci rimane un'altra strada per recuperare Dio, che recuperare l'allegria di essergli fedeli in questo mondo, assumendo la missione che egli ci lasciò. Non è logico vedersi abbandonati da Dio, se abbiamo abbandonato la sua volontà.
Vivere senza Dio, quando abbiamo tre persone divine a nostra disposizione, è, oltre ad una tragedia, un senza senso. Ritorniamo al nostro compito e Dio Trino rimarrà con noi per sempre! Noi cristiani siamo bene imbacuccati da un Dio che è Padre, Figlio e Spirito, affinché possiamo dedicarci ad amare gli altri. Solo chi va verso gli altri come discepolo, cammina all'incontro del suo Dio: chi non si allontana dal suo prossimo, il suo Dio gli è vicino. Credere in Dio Trino significa, dunque, difendere la vita, cara a Dio Padre, difendere la sua creazione; vivere la fraternità nata dalla morte in croce del Figlio, lottare contro ogni ingiustizia, quella che si vede oggi e quella che non si riesce a vedere; assistere ed incoraggiare chi è privo di ragioni per vivere e, se è necessario, dargli anche la nostra vita affinché trovi il nostro Dio.
Non abbiamo nessun diritto di privatizzare un Dio che volle farsi comunità di persone per amarci più e meglio: diciamolo al mondo al quale siamo stati inviati. Annunciandolo guadagneremo tre volte l'amore di Dio. La ricompensa è molto maggiore di quanto avremmo potuto sognare: Dio ci vuole figli, fratelli e sua dimora, se andiamo al mondo per ricordare quanto sappiamo già e stiamo vivendo: che Egli è Padre, Figlio e Spirito.
                                                                                    JUAN J. BARTOLOME sdb

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