Luca Desserafino sdb "RIMANETE NEL MIO AMORE..."

10 maggio 2015 | 6a Domenica di Pasqua - Anno B | Omelia
Il comando dell'amore, che apre e chiude il passo evangelico di questa domenica, trova in Gesù il modello, la ragione e la misura: "Come io ho amato voi". È un amore vicendevole: "amatevi reciprocamente". Ed è un amore che esce dal
chiuso della comunità e si dilata al mondo, diventa fecondo: spinge a una partenza "perché andiate e portiate frutto". L'amore di Gesù, modello dell'amore umano, è un amore di amicizia, dunque un rapporto confidente fra persone, un dialogo.

Tre sono le caratteristiche di questo rapporto amicale:

l'estrema dedizione ("nessun amore è più grande di chi dà la vita per i suoi amici");
la confidente familiarità ("vi ho confidato tutto ciò che ho ascoltato dal Padre mio");
la scelta gratuita, la predilezione ("non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi"). Se leggiamo il passo del Vangelo odierno unendolo al Vangelo di domenica scorsa, nel quale si parlava di rimanere in Cristo come il tralcio nella vite, si comprende che il rimanere in Gesù si realizza praticamente là dove si rimane nella sua Parola e nel suo amore, dove si osservano i suoi comandamenti.

E il suo comandamento è appunto che ci si ami gli uni gli altri. L'imperativo "rimanete in me" si risolve, poi, nell'imperativo "amatevi reciprocamente".
Gesù insiste sulla reciprocità dell'amore, ma al tempo stesso la sconvolge, perché a modello e fondamento dell'amore reciproco pone il "come io ho amato voi", cioè la Croce, dunque la gratuità. La reciprocità cristiana nasce dalla gratuità. L'amore cristiano, tra Dio-Padre e noi, suoi figli, è intrinseco e asimmetrico: il dare e il ricevere non sono sullo stesso piano.

La reciprocità evangelica non è un semplice scambio.
La nota che la caratterizza è la gratuità che è la verità dell'amore di Dio, ed al tempo stesso la verità del nostro amore. L'amore, quello di Dio come quello dell'uomo, tende alla reciprocità e alla comunione: la costruisce. Ma la reciprocità non è la sua radice né la sua misura. Se amiamo solo nella misura in cui siamo ricambiati, non è vero amore. E se siamo amati solo nella misura in cui diamo, non ci sentiamo veramente amati. Soltanto chi comprende questa gratuità originaria, dell'amore, è nella condizione di poter comprendere Dio e se stesso.

L'uomo è creato per donarsi gratuitamente, totalmente: qui, nel farsi gratuità, trova la verità di se stesso, qui tocca il suo essere "immagine di Dio".

"Rimanete nel mio amore". Il senso di questo comandamento non è "Continuate a volermi bene", ma piuttosto "Continuate a lasciarvi amare, non sfuggite alla mia presa amorosa". Abbiamo qui una delle dichiarazioni d'amore più audaci che Gesù potesse farci e che tuttavia, chissà per quale leggerezza e superficialità, forse rischiamo di non prendere sul serio. Questo amore vertiginoso di Gesù per i suoi, e per noi, ha la sua sorgente in Dio: "Dio è amore". Tutto l'amore, che Dio da sempre dona a suo Figlio, Gesù lo riversa su di noi.
Nello Spirito, dal Padre al Figlio a noi: ecco il movimento dell'amore. Grazie al rapporto con Gesù riceviamo, nello Spirito, l'amore del Padre e siamo portati dentro la vita dell'amore Trinitario. Questa realtà è la realtà della comunione e dell'amore.

Segno e condizione del nostro "rimanere nel suo amore" è l'obbedienza alla volontà di Dio manifestata da Gesù. Il frutto che Dio vuole è l'amore fraterno e null'altro: l'amore vicendevole e concreto fino al completo dono di sé agli altri. Questo amore, però, non è un amore qualunque, ma un amore che si misura su quello di Gesù e ha origine nel suo amore. Il "come vi ho amati" non dice soltanto che dobbiamo imitare Gesù, supremo modello d'amore. Ma il "come" ha pure un valore causale: perché io vi ho amati.

L'amore di Gesù, che prima ancora è amato dal Padre, precede con assoluta gratuità ogni nostro intervento d'amore e lo rende possibile, donandoci Egli stesso il suo medesimo amore. L'amore che Gesù ci chiede di vivere tra di noi viene dall'amore di Dio in Cristo per noi.

Tale amore è di una gratuità assoluta che tende alla comunione. Nella misura in cui accettiamo di trasferire nella nostra vita e nei nostri rapporti concreti la radicalità dell'amore con cui Cristo ci ha amato e ci ama, noi rimaniamo in questo amore. Se siamo capaci di amarci in questo modo, testimoniamo che siamo amati, nello Spirito, dal Padre e dal Figlio di modo che possiamo a nostra volta amare i fratelli col medesimo amore con cui Essi ci abbracciano.

Luca Desserafino sdb |

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