MACHETTA Domenico"Staccati dunque da lui, non si realizza "nulla" Appunti per la Lectio

3 maggio 2015 | 5a Domenica di Pasqua Anno B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: At 9,26-31
Paolo, diventato cristiano da poco tempo, si sente isolato ed emarginato. Hanno ancora tutti paura di lui, sospettano, temendo una trappola... Addirittura i cristiani di origine ebraica tentano di ucciderlo! Paolo si accorge che essere discepoli vuol dire avere la stessa sorte del maestro.
È la dinamica del chicco di frumento, che deve marcire per dare frutto.

Lo spediscono a Tarso, a casa sua. E così "la Chiesa era dunque in pace...". Battuta piuttosto umoristica di Luca! Via la peste, tutto tranquillo.
La frase finale comunque apre il cuore, martellando l'idea di fondo degli Atti: Dio scrive dritto su righe storte, e lo Spirito Santo non va mai in ferie: è lui che porta avanti la Chiesa!

VANGELO: Gv 5,1-8
Ci soffermeremo per due domeniche sul capitolo quindici di Giovanni, il classico capitolo della vite e dei tralci. La vite è un'immagine tipica del linguaggio biblico, che tutti conosciamo. Pensiamo soprattutto ai profeti. Viene alla mente il grande capitolo quinto di Isaia: "Canterò per il mio diletto il cantico d'amore per la sua vigna". Pensiamo al Salmo 79/80: "Vedi e visita questa vigna". Sappiamo che nell'AT la vigna rappresenta Israele, il popolo eletto; tornerà questo tema in Matteo.
Ma qui in Giovanni la vite non è il popolo di Dio: la vite è Gesù. Allora questo capitolo inizia solennemente con la formula "Io sono", che richiama l'"Io sono" del roveto ardente. Sarebbe dunque già opportuna a questo punto una sosta su questa formula solenne, nelle nostre omelie e nei nostri momenti di preghiera su questo testo. Gesù si presenta come "vite-vera". Ci mette in guardia dunque dalle viti false.
Gesù si presenta unito alla sua Chiesa, infatti parte integrante della vite sono "i tralci", i discepoli. Le Chiesa è Gesù. Visione ecclesiale di tipo cristologico, ma anche teocentrica: vignaiolo è il Padre. E il Padre, da vignaiolo, lavora: recide i rami secchi, poi li brucia. In primavera la potatura: perché la linfa del tronco scorra bene e porti frutto, vengono potati i tralci. In greco, "potare" è kathaírein. Gesù dice: "Voi siete già mondi (katharoí) per la parola che vi ho annunziato".
Attenzione allora: è la parola di Gesù che pota, purifica il discepolo! Qui s'impone una revisione sull'effetto che la parola ascoltata produce in noi. Il rischio di chi ascolta è quello di annacquare la parola, oppure di accusare la parola di essere "dura", come i giudei del capitolo sesto di Giovanni, che dicono a Gesù: "Questo linguaggio è duro (skl¯erós)". La generazione dal cuore duro getta il proprio peccato sulla "parola", accusandola di durezza.
Come il tralcio staccato dalla vite non può far frutto, così il discepolo non può fare nulla separato da Gesù. C'è la famosa espressione: "Senza di me non potete fare nulla". Noi traduciamo "senza", ma in greco c'è l'espressione ch¯orís, dal verbo ch¯oríz¯o, che significa dividere, separare. È lo stesso termine usato nel Prologo: "Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". Staccati dunque da lui, non si realizza "nulla". Si pesca tutta la notte invano.
Gli stessi gesti, fatti con lui e in obbedienza a lui, "funzionano". C'è un martellamento quasi ostinato dell'espressione "rimanere in...". Gesù arriva a dire: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato". È l'innesto nell'unica grande Oratio, la preghiera di Cristo, sempre infallibile ed efficace, che chiede la realizzazione del progetto di Dio su ciascun uomo e sul mondo.
Infine c'è un'espressione importante che tornerà ancora dopo: "Portare molto frutto" (8). Cosa ci sta sotto? Perché questa insistenza? Al versetto 16 dirà: "Ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga". Nel capitolo 12 è Gesù stesso che ci spiega la dinamica del portare frutto: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (12,24). La missione dunque è legata al mistero della croce: è la croce di Gesù che rende missionaria la Chiesa, che fa "portare frutto".
La cosa comunque che emerge da questo testo è che l'attività apostolica della Chiesa dipende esclusivamente dall'unione a Cristo.

MACHETTA Domenico

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