Mons.Antonio Riboldi " Ascensione del Signore Risorto"

Omelia del giorno 17 Maggio 2015
 Ascensione del Signore (Anno B)
Dobbiamo provare ad entrare nell’animo degli Apostoli dopo ‘quel terzo giorno’ dalla sepoltura del Maestro quando, come oggi raccontano gli Atti degli Apostoli, “Gesù si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove,
apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio.”
Anche se non comprendevano il ‘come’ e il ‘perché’, sicuramente intuirono che il Suo ritorno, gli incontri inaspettati e quelli tanto desiderati, erano come un ‘nuovo’ invito a seguirLo.

Infatti di fronte al loro desiderio – forse ancora troppo umano – di ‘ricostituire il Regno d’Israele’ Gesù risponde con decisione: ‘Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra’.

‘Essere Suoi testimoni’ è il senso profondo della nostra vita quaggiù, perché la presenza di Gesù tra di noi, concretamente, ha il fine di permetterci di tornare alla nostra vera casa, che non è qui, ma in Cielo dove Lui è asceso. E se questo è lo stesso desiderio d’amore del Padre, che tutti, senza eccezioni, un giorno saliamo al Cielo e anche la sola, unica ed eterna nostra vocazione.

“Fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse ai loro sguardi. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: ‘Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che è stato tra voi assunto al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’.” (At. 1, 1-11)

Ma quanto può sembrare difficile, alla prima impressione, essere un giorno per sempre cittadini del Regno dei Cieli! Eppure è la sola ragione per chi concepisce la vita, non solo come un momento di esperienza sulla terra, dove è impossibile conoscere la gioia vera, ma come ‘un pellegrinaggio’ proiettato verso l’eternità. Spesso c’è il rischio di vivere alla giornata, e non è certamente giusto interpretare la vita in modo così riduttivo. ‘Quanto a noi, la patria è nei cieli – afferma S. Paolo – non abbiamo qui città permanente, ma andiamo in cerca della futura’ (Ebr. 13, 14)

Se si pensa bene, per chi crede, il Cielo è un’assemblea di santi e di gente semplice, che sono stati nostri compagni di vita: una vita con ‘i piedi a terra’, ma il pensiero e il cuore ‘rivolti al Cielo’.

Possiamo incontrare, qui, oggi, sulla strada della vita, tanti nostri fratelli che seguono quelle orme: vivono da pellegrini ‘provvisori’ su questa terra. Sono impegnati, come tutti, a compiere la loro fatica terrestre, ma il loro passo è sempre diretto al Cielo.

Che servirebbero tanti sacrifici, se non fossero interpretati e vissuti come la necessaria fatica verso una gioia eterna? È la grande speranza che portano nel cuore tanti che ci sono vicini e da cui apprendiamo come si cammina nella vita verso il Cielo.

Viviamo della speranza che Cristo, salendo al Cielo, ha dischiuso all’anima. Questa speranza ci darà il miglior senso di questa vita presente: ci libererà dall’incombente ossessione del materialismo organizzato, opprimente castigo a se stesso, e, se avesse a prevalere, rovina della stessa civiltà cristiana. La speranza del Cielo ci insegna a portare e santificare i dolori del nostro viaggio terreno, ci infonde premura e amore per fare del bene ai nostri simili; ci conserva nella libertà dello spirito, che l’orizzonte puramente temporale tenta di restringere e soffocare; ci ammonisce finalmente a considerare questo nostro provvisorio soggiorno sulla terra, come una vigilia laboriosa e amorosa, sostenuta dalla preghiera che vince il sonno della materia e della morte, in attesa dell’incontro e del ritorno a Lui, Cristo, in Cielo. ‘Affrettiamoci verso quella vita.– dice S. Ambrogio – Dio, dopo questa nostra vita, sia la nostra patria”.

Ma è anche necessario convincerci che la Resurrezione di Gesù e la sua Ascensione al Cielo, non è solo una ‘questione personale’, come una dimostrazione della potenza, che Dio ha su tutto, anche sulla morte, ma, Lui, Dio, si è fatto uomo, per coinvolgerci tutti, ma proprio tutti, nella Sua stessa sorte.

È questo il grande evento dell’Amore del Padre.

Non ci rimane, allora, che guardare alla vita temporale, questo piccolo spazio, concessoci da Dio, non come un’avventura, ma come un valore che veramente ci riporta alla ragione per cui Dio ci ha creati: imparare a ‘stare sempre con Lui’ già qui sulla terra, per essere pronti a ‘stare con Lui eternamente in Cielo’, con il più gran numero di nostri fratelli.

E questa è la missione che Gesù ha lasciato agli Apostoli, salutandoli, prima di ascendere al Cielo, come ci narra oggi l’evangelista Marco: ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e se berranno qualche veleno non recherà loro alcun danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno’. Il Signore, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme a loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”. (Mc, 16, 15-20)

È bello riflettere sulle ultime parole di Gesù, mentre manda i Suoi a predicare in mezzo a questo mondo che, anche se non appare, ha bisogno di infinito, di speranza, di quella gioia che dà il Cielo. Un incarico che fa tremare anche noi, oggi, tanto è grande! Ecco perché Lui assicura la Sua Presenza ‘operando con noi e confermando la Sua Parola con i miracoli che l’accompagnano’.

Ed è così. Sappiamo che Gesù, asceso al Cielo, non è lontano da noi; è qui con noi a condividere la nostra ‘passione quotidiana’ e ci sentiamo forti della Sua Forza, amati e per questo capaci di amare, per l’azione del Suo stesso Spirito, che è Amore, diventando Suoi testimoni. Coraggio dunque, qualsiasi sia la nostra situazione: Gesù è con noi, ha cura di ciascuno di noi, opera attraverso noi.



Antonio Riboldi – Vescovo

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