Mons.Gianfranco Ravasi"Sale, luce e città"

Uno scrittore americano di forte impronta sarcastica, Ambrose Bierce (1842-1914), aveva coniato nel suo Dizionario del diavolo questa dura definizione del “cristiano”: «Uno che crede che il Nuovo Testamento sia un libro ispirato da Dio, mirabilmente adatto alle necessità spirituali del suo vicino».



Ciò che spesso manca al cristiano è la testimonianza e la coerenza con la propria fede. Gesù lo ribadisce in un paragrafo del Discorso della Montagna (Matteo 5,13-16), proposto come modello di vita anche agli sposi dal Lezionario del matrimonio. Tre simboli reggono questo celebre brano. Il primo è quello del sale, che dà sapore ai cibi valorizzandone gli aromi, il gusto, la sfumatura; applicato alle ferite, le cauterizza disinfettandole; inserito nelle derrate alimentari, ne elimina i microbi preservandole dalla decomposizione.

Inoltre, Gesù potrebbe riferirsi al salgemma misto a bitume di cui grondano le coste del Mar Morto, usato come combustibile dai contadini. Come si vede, i valori simbolici si moltiplicano: sapore, purità, incorruttibilità, calore rappresentano qualità spirituali che il cristiano deve avere per dare senso, vigore, consistenza e ardore al mondo grigio, ferito, inconsistente, corrotto e freddo in cui è inserito. Ma, al di là di tutto, il sale è qualcosa di forte, aspro, netto: per lo scrittore francese George Bernanos Cristo ci ha invitati a essere il sale e non il miele della terra! Di grande rilievo il secondo simbolo, la luce, esemplificato nella lucerna che sfavilla. La luce è attiva, si ramifica, tende a svelarsi e a squarciare le tenebre.

Insensato è, quindi, accendere una lampada per nasconderla sotto una botte. L’applicazione è sviluppata dallo stesso Gesù: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano...». Il cristiano è come una fiaccola accesa nell’oscurità della notte, le sue opere e la sua testimonianza hanno lo scopo di guidare l’uomo che sta a tentoni cercando la via giusta. La meta, però, non siamo noi, come la fiaccola ha la funzione non di rivelare sé stessa ma, attraverso la sua luce, di indicare la strada. Gli uomini, vedendo il nostro esempio, correranno verso Dio per la cui gloria noi operiamo, della cui rivelazione siamo strumento, della cui parola siamo annunciatori.

Alla luce si unisce allora il terzo simbolo, la città posta su un monte. Coloro che vagano nei sentieri delle valli oscure o nelle strade piatte e amorfe delle pianure levano lo sguardo e, vedendo la città illuminata dal sole, non perdono il senso dell’orientamento. Questi tre simboli sono ora proposti alla coppia cristiana.

Forte è la tentazione del rinchiudersi in sé stessi, nella propria intimità, segregati nel proprio appartamento. Cristo invita la sposa e lo sposo a far brillare la loro gioia, il loro amore, la loro serenità anche per quelli che passano solitari nella notte. Li invita a far sì che la loro casa conosca l’ospitalità e la carità per i poveri e le persone sole. Li esorta a dar sapore alla quotidianità, a riscaldare i momenti di gelo, a far rinascere la fiamma anche dalla brace su cui si è deposto uno strato di cenere.
Gianfranco Ravasi
Cardinale arcivescovo e biblista

DAL SITO:logo famiglia cristiana

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