Umberto DE VANNA SDB"La vita eterna o l'assurdo"

17 maggio 2015 | 7a Domenica di Pasqua - Anno B | Omelia
7a Domenica di Pasqua - 2015
Per cominciare
Gesù rimane con gli apostoli dopo la Pasqua per 40 giorni, poi sale al cielo, dove viene glorificato dal Padre. Gesù abbandona visibilmente la terra, ma lascia alla chiesa e agli apostoli il compito di renderlo presente e di continuare la sua opera di evangelizzazione.
La parola di Dio
Atti 1,1-11. È l'inizio del libro degli Atti degli apostoli.
L'evangelista Luca racconta che Gesù si mostrò vivo per 40 giorni. Nell'ultimo giorno, mentre si trova a tavola con gli apostoli, parla loro e li invita ad attendere lo Spirito Santo, poi viene elevato in alto e una nube lo sottrae ai loro occhi. È l'ascensione al cielo di Gesù.
Efesini 4,1-13. Lo stesso Gesù, che è sceso sulla terra, ora è salito al cielo, dice Paolo, e ha lasciato a ogni cristiano il compito di costruire la chiesa, corpo visibile di Cristo, di essere fedeli alla propria chiamata, ciascuno secondo la propria vocazione.
Marco 16,15-20. L'ascensione nel racconto di Marco è la più essenziale: una sola riga. Gesù sale al cielo e siede alla destra di Dio. Ma prima dà agli undici il compito di andare in tutto il mondo a proclamare il vangelo. La loro parola, dice Marco, sarà accompagnata da "segni", perché il Signore Gesù agisce insieme a loro.

Riflettere...
o Oggi riflettiamo sulla conclusione della vita di Gesù. Una partenza che introduce Gesù in una realtà del tutto nuova e gloriosa; e nello stesso tempo determina un momento di grande vuoto tra gli apostoli e li pone in una situazione di grande responsabilità personale.
o L'ascensione al cielo di Gesù è un episodio ben documentato della sua vita, fondato sul racconto degli evangelisti e prima ancora dalla predicazione e dalla testimonianza degli apostoli. Con questo racconto infatti si concludono i vangeli di Marco e di Luca, mentre gli Atti degli apostoli cominciano proprio con l'ascensione al cielo di Gesù.
o Una descrizione quanto mai sobria, quella dell'ascensione. Si direbbe che c'è pochissimo della solennità delle grandi teofanie antico testamentarie o della stessa trasfigurazione di Gesù. Marco si limita a scrivere: "Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio" (16,19).
o Che cosa significhi ascensione al cielo non è molto semplice da spiegare. A partire dalla parola "cielo": che cosa può voler dire questa parola per la gente evoluta del nostro tempo? Un tempo si poteva pensare che la dimora di Dio, il paradiso, si trovasse proprio al di là delle nuvole. Ma oggi questa immagine è davvero improponibile. Ascensione al cielo di Gesù significa che Gesù è ritornato nel mondo di Dio, da dove era partito e da dove in realtà non si era mai allontanato. La Scrittura dice semplicemente che è "tornato al Padre", che siede alla "destra del Padre", pienamente glorificato, dopo la terribile prova della passione e morte.
o Comprendiamo bene che questo è il nostro modo di esprimerci, perché molte categorie del mondo di Dio ci sfuggono. Del resto è Gesù stesso che quasi materializzata il suo discorso, per farci capire: "Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi" (Gv 14,1-3).
o Gli apostoli, che sono stati colti di sorpresa dalla risurrezione di Gesù, non lo sono meno dalla sua ascensione. Gli domandano: "Signore è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?", quasi a confermare che la predicazione di Gesù non aveva ancora lasciato tracce profonde e lucide in loro.
o Ancora una volta gli apostoli appaiono increduli, dubitano, faticano ad accettare i nuovi fatti che riguardano Gesù. Tanto da meritare il suo rimprovero: "Li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore" (Mc 16,14).
o Dopo l'ascensione si fermano a fissare il cielo. Ma compaiono due uomini in bianche vesti e dicono loro, quasi a conferma delle parole di Gesù: "Perché state a guardare il cielo?". Nonostante la loro fede debole - sono rimasti in undici, come ricorda Marco, quasi a dimostrazione della loro sconfitta - Gesù li manda a "predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati" (Lc 24,47-48). "Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20).
o Se dunque l'ascensione introduce Gesù in una dimensione nuova, anche gli apostoli sono chiamati a un profondo cambiamento di vita. Gesù abbandona la terra, e gli apostoli devono imparare a vivere senza di lui, a prolungare la predicazione del vangelo. Dice Marco (e sono le due ultime righe del suo vangelo: "Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,20).
o Questo a conferma che Gesù non abbandona realmente i suoi: non solo li accompagna nella loro predicazione, ma compie "segni" che accompagnano la loro predicazione.
o Nonostante la fede debole, le incertezze e la "durezza di cuore" degli apostoli, Gesù affida a loro e ai loro successori la predicazione del regno, il compito che è stato suo di annunciare a tutti l'amore di Dio. Tutto riparte da questa debolezza, da questa fede incerta. Quando tutto sembra finito, tutto riparte.
o Dice Luca che gli apostoli tornano a Gerusalemme "pieni di gioia" (24,52). E, secondo la parola di Gesù, attendono la discesa dello Spirito Santo: "Ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" (Lc 24,49); "Riceverete la forza dello Spirito Santo e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra" (At 1,8).

Attualizzare
* Quaranta giorni dopo la Pasqua: per quaranta giorni Gesù è rimasto ancora tra gli apostoli, li ha catechizzati, parlando a loro con maggior chiarezza che nel passato. Li ha davvero "amati fino alla fine".
* Gesù inaugura il paradiso degli uomini nuovi, siede alla destra del Padre. Un uomo siede alla destra di Dio, condivide la gloria di Dio. Uno di noi ha raggiunto quella glorificazione finale a cui siamo chiamati anche noi, nonostante la povertà delle nostre esperienze umane.
* "Missione compiuta" per Gesù, che inaugura nello stesso tempo una presenza nuova tra gli uomini, non più nella visibilità della carne, ma nella fede. "È bene per voi che io me ne vada" (Gv 16,7), aveva detto. Si tratta di una specie di nuova incarnazione: d'ora in poi sarà presente ovunque nella storia, fino alla fine dei tempi, attraverso la comunità nata dalla sua risurrezione, attraverso i suoi apostoli e la sacramentalità della chiesa.
* È per questo che oggi è la giornata dell'impegno missionario per eccellenza. Gli apostoli per primi sono stati dei grandi testimoni della fede, poi li ha seguiti una schiera luminosa di cristiani generosi, tante storia di amore e di sacrificio. Da Francesco Saverio a Madre Teresa, da Padre Damiano a monsignor Comboni e Annalena Tonelli, per citare solo qualche nome.
* È una giornata di fede, che ci sollecita tra l'altro a mettere ordine nella nostra vita, ad aprire gli occhi su come viviamo, su dove siamo incamminati. "L'albero cade dalla parte da cui pende", dice un proverbio. "Un pezzo di paradiso aggiusta tutto", diceva san Giovanni Bosco, che prometteva a chi lavorava con lui per il bene dei giovani "pane, lavoro e paradiso". Questo infatti è il nostro destino ultimo: un'eternità felice, una gioia senza fine per la quale sentiamo di essere stati creati.

La vita eterna o l'assurdo
"Il problema è drammatico e inevitabile, perché i casi sono due: con la morte o si va a finire nel niente o si va a finire nella vita eterna. Le altre soluzioni sono forzatamente provvisorie. Io so già che tra qualche anno o andrò a finire nel niente o andrò a finire alla vita eterna. Ma se andrò a finire nel niente, io vivo già adesso per niente; se l'approdo dell'esistenza è il niente, anche la sostanza dell'esistenza è il niente, e questa è un'assurdità. Che qualcosa doveva venire dal niente solo per finire nel niente, è una contraddizione. La strada più breve sarebbe restare nel niente… Ma il niente è l'assurdo, e l'assurdo non può essere. Io chiedo di essere salvato dall'assurdo. Ogni uomo sente questo problema; anche quando non lo sa, tutte le fibre del suo essere anelano a essere salvato dall'assurdo e a ricevere una risposta". Chi parla così è il cardinal Giacomo Biffi, già arcivescovo di Bologna, in una intervista televisiva per Raidue.

Umberto DE VANNA

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