don Giorgio Scatto "Una Parola che è come un pane per nutrire l’esistenza

Festa del SS. Corpo e Sangue di Cristo
MONASTERO MARANGO CAORLE (VE)
Letture: Es 24,3-8; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26
1)«Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore».
All’inizio di quella complessa realtà che noi siamo soliti chiamare ‘Parola di Dio’ c’è dapprima una esperienza, una storia. C’è, per esempio, la vicenda esemplare di un uomo come Mosè, allevato alla corte del faraone, travolto dalla paura per aver ucciso un egiziano, fuggiasco nel deserto, pastore di un gregge che non gli appartiene,
adoratore di quel Dio che era stato il Dio dei suoi antenati, scoperto oltre il deserto, in una fiamma ardente. A questo pastore viene affidato il compito di condurre alla libertà una massa di schiavi rassegnati e stanchi, capaci solo di levare al cielo rumorose grida. Ma sembra che Dio ascolti più il grido degli oppressi, che le devote preghiere senza storia e senza dramma, e Mosè accetta questo incarico perché Dio stesso gli ha parlato. Come e quando gli ha parlato? In una lingua a noi incomprensibile: «Vi furono lampi, una nuvola densa sul monte e un suono fortissimo di corno» (Es 19,16). E ancora: «Il monte Sinai era tutto fumante…tutto il monte tremava molto. Il suono del corno diventava sempre più intenso» (Es 19,18.19). Gli ebrei dicono che ‘Dio non parla ebraico’. La sua parola viene ‘detta’ in mezzo al frastuono degli avvenimenti, nell’oscurità della storia, in mezzo ai lampi sanguigni di eventi che scuotono la terra. Ma ci sono uomini che sanno ricevere una parola in mezzo al rombo dell’uragano e al suono di mille trombe. Ci sono uomini capaci di vedere anche attraverso l’oscurità della notte. E poi annunciano quello che hanno visto e udito; diventando voce di una Parola che ha origine nelle profondità dei cieli e nell’eternità di Dio. L’Evento-Parola ha dunque tre soggetti: una storia accaduta; il profeta che legge e interpreta quella storia; il popolo, che riceve quella parola come Parola di Dio.

«Quanto il Signore ha detto, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
L’obbedienza alla Parola, il suo ascolto fedele, non è il frutto della nostra comprensione, alla luce della nostra conoscenza razionale. La Parola la si capisce facendola; solo eseguendola la potremo anche progressivamente capire.
A questo punto la Parola viene anche scritta, perché la sua forza, nel tempo, non andasse perduta. E’ una Parola che norma la vita dei credenti. Ma la Scrittura non è direttamente la Parola di Dio: è lo scrigno che la contiene, e possiamo riceverla come Parola di Dio solo se abitati dal medesimo Spirito che ha spinto i profeti a parlare.
La pagina scritta, per tornare ad essere viva Parola, ha bisogno di essere proclamata in mezzo ad una comunità di credenti: in mezzo alla santa assemblea essa ci viene restituita come Parola viva ed efficace di Dio. In essa Dio parla al suo popolo, si manifesta ad esso, diventa fiamma viva che avvolge con la sua luce e il suo calore un popolo prima disperso, e ora radunato nel suo nome.

«Mosè eresse un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù di Israele».
L’altare, nella simbologia biblica, indica la presenza di Dio e ciò che avviene su di esso coinvolge l’insieme del popolo (le dodici tribù) e ne determina l’unità. Vengono sacrificati dei giovenchi e con il loro sangue viene asperso il popolo, dopo che se ne è versato una parte sull’altare. E’ il «sangue dell’alleanza». Una medesima vita, significata dal sangue, unisce ora Dio e il popolo: non sono più due, ma diventano una sola vita. La conclusione dell’alleanza, così come ci viene descritta dai testi antichi, è vissuta come un unico atto di culto, che comprende una ‘liturgia della Parola’ e una ‘liturgia di comunione’. Dovrebbero partire da qui quelli che pensano che il Concilio si sia allontanato dalla Tradizione della Chiesa, e abbia introdotto elementi estranei al vero culto. Come abbiamo visto, ritroviamo gli elementi essenziali della liturgia già nel Primo Testamento.

«Cristo è mediatore di un’alleanza nuova».
Proprio nella notte in cui veniva tradito Gesù cambia profondamente il significato di tutta la realtà dell’antico patto. Il nuovo patto, o la nuova alleanza, ha ora una parola nuova, che non distrugge quella antica, ma la porta a compimento: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,19).
E’ una Parola fatta carne, donata a noi nella forza e nella dolcezza dello Spirito Santo. Una Parola che capiremo solo nella sequela umile e perseverante, non attraverso sottili ragionamenti. Una Parola che è come un pane per nutrire l’esistenza.
Ora il sangue con il quale aspergere l’altare e il popolo non è più quello delle vittime sacrificali, ma l’offerta della vita stessa di Gesù, crocifisso e risorto: «Prendete, questo è il mio corpo; questo è il mio sangue dell’alleanza». «Corpo e sangue», significa che Gesù ha fatto dell’intera sua vita un dono d’amore. Non ci ha detto parole che impegnano poco l’esistenza; non ha messo a nostra disposizione solo il suo tempo, il suo corpo, le sue energie; ci ha messo l’anima, il cuore, tutto, fino al dono totale di sé: questo significa l’antica espressione ebraica. La sua Parola e la sua vita donata saziano la nostra fame e sete di pienezza.
Fare della nostra vita un’eucaristia, un grande atto di culto a Dio, celebrare l’alleanza, è fare corpo con il Signore Gesù, vivere del medesimo Spirito, perdere la nostra vita nel servizio audace, e sempre umile, reso ai fratelli, specialmente ai più poveri e ai più abbandonati. Nutrirsi del pane eucaristico, bere al santo calice, è estremamente necessario per ricevere in noi tutta la vita di Dio. Attraverso questo Corpo donato fino allo spargimento di sangue, veniamo portati al cuore stesso di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma con la forza di questo cibo spirituale siamo anche buttati nel cuore del mondo, nei suoi drammi, dentro ogni tragedia e solitudine, finché Cristo sia tutto in tutti. Allora saremo ‘Corpus Domini’, un unico corpo , nell’adempimento delle promesse di Dio.
Un unico sangue, quello di Dio, scorre nelle vene di Gesù e nel suo corpo che è la Chiesa. I due sono uno. Per sempre.

Giorgio Scatto    

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