Enzo Bianco, sdb"LA NOSTRA BARCHETTA NEL MARE DELLA VITA"

21 giugno 2015 | 12a Domenica - T. Ordinario B | Omelia
La tempesta placata: Gesù con due parole - Taci! Calmati! - riporta il sereno sul Lago di Tiberiade, squassato dalla tempesta. L'episodio di Matteo ci suggerisce tante cose.
- Anzitutto riguardo a Gesù, quella domanda degli apostoli: "Chi è mai costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".

- Poi riguardo alla Chiesa, che è stata percepita nel simbolo della barca di Pietro, e nella storia risulta sempre a rischio di affondare.
- Infine riguardo a ogni cristiano di ogni tempo, portato facilmente a considerarsi in barca, nel mare così agitato della sua travagliata esistenza.

Intanto Gesù schiacciava un pisolino

Ecco dunque Gesù con gli apostoli. Il lago di Tiberiade di per sé è modesto, poco più di un catino d'acqua, ma ai pescatori di Galilea sembra così grande che lo chiamano mare. Giace nella depressione scavata dal fiume Giordano, tra pareti ripide. E quando i venti vi si scatenano, sono tempeste tremende: il vento si butta giù vorticoso, le acque sono sconvolte, c'è il rischio di naufragare e morire.

? Quel giorno lontano gli apostoli con Gesù sono "in barca", nella tempesta. L'acqua inva-de l'imbarcazione, gli apostoli la buttano fuori ma è di più quella che entra. Stanno co-lando a picco. E Gesù che fa? Schiaccia un pisolino.
"Gesù - dice l'evangelista - se ne stava a poppa sul cuscino, e dormiva". "Maestro, non ti importa che siamo perduti?". Allora Gesù rivolge alla tempesta quei comandi: "Taci! Dàtti una calmata". Ed è bonaccia.
Poi Gesù spiega agli apostoli suoi scolari. "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". No, non ce l'hanno ancora. Altrimenti, sapendosi in compagnia del Signore, non avrebbero dovuto avere timore. Però giungono a domandarsi: "Chi è dunque costui, al quale il vento e il mare obbediscono?". E così si mettono sulla buona strada.

? Forse gli apostoli all'inizio consideravano Gesù solo un profeta itinerante, come il suo cu-gino Giovanni Battista. Ma ora trovano in lui fatti sconcertanti, che non possono essere compiuti da semplici uomini. E diventava sempre più evidente: qui c'è il dito di Dio.
Poi giungeranno alla conclusione definitiva quando vedranno Gesù risorto, e Tommaso gli dirà: "Mio Signore e mio Dio!".

La Chiesa come la barca di Pietro

I cristiani fin dai primi tempi trovarono suggestivo il paragone tra la Chiesa e la barca di Pietro. Anche la Chiesa, come quella barca, sovente si trovava in un mare in tempesta, ben presto perseguitata da pagani che non la capivano e la rifiutavano.

? Ma anche nella Chiesa, come sulla barca di Pietro, c'è il Signore. Si può essere attana-gliati dalla paura, aver l'impressione che il Signore dorme, ci abbandona. Anche oggi viene da protestare come gli apostoli: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". E il Signore a noi: "Non avete ancora fede?"
Una risposta esemplare di fede ci è venuta da Blaise Pascal, in uno dei suoi famosi pensie-ri: "Fa piacere trovarsi in una barca come la Chiesa, squassata dalle tempeste, quando si è sicuri di non andare a fondo".

La nostra barchetta

E noi? Possiamo vedere nella barca di Pietro il simbolo delle nostre esistenze, spesso mes-se a rischio da mille difficoltà.
- Subiamo la suggestione dell'acqua: il mare con la sua massa imponente impressiona, soggioga, intimidisce. Se è sconvolto terrorizza. Dice un proverbio: "Chi non ha navigato, non sa cos'è il timor di Dio"; e un altro: "Il mare insegna a pregare"...
- Il telegiornale ogni tanto ci mostra i tifoni che si abbattono sulle coste dell'India, gli ura-gani sulle spiagge della Florida, i maremoti nel Pacifico, che chiamiamo in giapponese tsu-nami.
- E abbiamo tanti altri guai. Malattie come l'aids, l'ebola, il virus dei polli... Abbiamo gli ar-senali nucleari che possono far saltare in aria il pianeta, i missili, le armi batteriologiche e chimiche.
- Poi ciascuno ha le sue paure: la solitudine, l'incomprensione, il rischio della povertà. Si sente un dolorino e si pensa: sarà un tumore, è la fine. Siamo proprio in barca. Ma sulla barca del cristiano è salito quel personaggio insospettabile: il Signore.

L'esempio dei veri cristiani

Occorre imparare dal Gesù. Nella vita terrena ha riposto fiducia piena e amorosa nel Pa-dre, anche sulla croce: "Non come voglio io, ma come vuoi tu". Si abbandonava a un Pa-dre misericordioso, che gli restituirà la vita in una dimensione nuova, nella risurrezione.

* E occorre imparare dai veri cristiani.
- Santa Teresa d'Avila diceva: "Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Tutto passa, solo Dio non cambia".
- Papa Giovanni XXIII: "Oh, le mie preoccupazioni non vanno al di là della giornata. Al domani ci pensa la Provvidenza". Diceva anche "Il Signore sa che ci sono. E ciò mi basta".
- E Simone Weil, intellettuale cristiana: "Perché dovrei preoccuparmi? Non tocca a me pensare a me, a me tocca pensare a Dio. È affare di Dio pensare a me".
- Ricordo il primo segretario generale dell'Onu, Dag Hammarskjoeld, che chiudeva il suo diario, poco prima di morire, rivolto a Dio: "A ciò che è accaduto, il mio grazie. A ciò che accadrà, il mio sì".

" Questi cristiani riuscivano a vivere sereni, su barche squassate dalla tempesta. Senza tranquillanti, sonniferi, ansiolitici, tisane e camomille. Secondo quel proverbio cristiano pieno di teologia che dice: "Le nubi passano, il cielo resta".
Enzo Bianco, sdb

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