Umberto DE VANNA SDB"Chi mi ha toccato?"

28 giugno 2015 | 13a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
13a Domenica - T. Ordinario 2015
Per cominciare

Il lungo brano evangelico che viene proposto questa domenica racconta due straordinari miracoli di Gesù, che pongono l'uomo di fronte al problema della malattia e della morte. Con questi gesti, Gesù - che è il volto umano di Dio - si colloca come sempre dalla parte della vita.



La parola di Dio
Sapienza 1,13-15;2,23-24. Dio ha fatto bene ogni cosa e la creazione è sana. È stata l'invidia del diavolo a rovinare il progetto originale di Dio e a portare la morte tra gli uomini. Così dice il libro della Sapienza, attribuito alla saggezza di Salomone.
2 Corinzi 8,7.9.13-15. Paolo esorta i Corinzi a essere generosi nella colletta a favore dei cristiani in difficoltà di Gerusalemme. Li invita a guardare a Gesù, che da ricco si è fatto povero; e tra le motivazioni cita il senso di giustizia: chi sta meglio si accorga di chi sta male, in modo che ci siano uguaglianza e fraternità.
Marco 5,21-43. Gesù, attraversato il lago di Genesaret, riprende la predicazione. Ma viene avvicinato da Giairo, uno dei capi della sinagoga locale, a cui Gesù restituisce la figliola che nel frattempo era morta. Mentre si reca a casa di Giairo, guarisce una poveretta che da molti anni soffriva a causa di perdita di sangue.

Riflettere...

o Gesù, dopo aver comandato alle acque del lago di calmarsi e aver liberato un uomo posseduto da una moltitudine di demoni, si sta recando nella casa di un certo Giairo, uno dei capi della sinagoga, per riportare in vita una ragazzina di dodici anni. Mentre fa questo tratto di strada, accompagnato dai suoi discepoli ed è circondato da una grande folla che lo preme da ogni parte, Gesù viene accostato e toccato da una donna ammalata.
o Il caso di questa donna nasce da una situazione di estremo bisogno. Essa ha perso ogni speranza di poter guarire, ha "molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi avevi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando" Questa donna vede quindi nella possibilità di incontrare Gesù l'ultima carta da giocare per poter riacquistare la salute e per ritornare a vivere.
o È una donna piena di coraggio e di voglia di vivere, non è una rassegnata: sono dodici anni che lotta con la malattia e cerca di guarire. Anche ora non ha paura di farsi largo tra quella gente pur di poter toccare Gesù.
o Essa si trova tra l'altro in una drammatica situazione di impurità legale. Tale diventava presso gli ebrei chi era soggetto a flussi di sangue. Anzi, lei sapeva certamente che chi si trovava nelle sue condizioni avrebbe anche reso impuro chiunque avesse toccato. Nonostante questo si avvicina a Gesù e lo tocca, manifestando la sua fede nel potere che Gesù ha di guarirla.
o Di fatto Gesù la guarisce, senza medicine, senza parlare; con naturalezza, senza gesti spettacolari. Gesù non si accontenta di guarirla, ma facendola uscire allo scoperto, intende rimetterla a pieno titolo nella società. Per questo chiede alla donna di farsi avanti e rende di dominio pubblico la sua fede. Non solo Gesù non la considera impura, ma loda la sua fede e le riconosce, per così dire, il suo diritto di essere aiutata, dal momento che si trovava in una situazione umanamente disperata.
o Gesù non guarisce la donna con dei gesti magici, servendosi di una specie di fluido che esca dalla sua persona: è anche per questo che viene sottolineata chiaramente la fede della donna: è essa stessa che con la sua fiducia intraprendente strappa a Gesù un miracolo. o Questo miracolo s'intreccia in un unico racconto con quello del ritorno in vita della figlia di Giairo. Gesù non fa il miracolo da lontano, ma decide di recarsi a casa del capo della sinagoga. Mentre è in cammino, la bambina muore e lo dicono al padre: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?". Quello di Gesù è però ormai un viaggio verso la vita. Invita Giairo a non temere (lo stesso invito fatto agli apostoli durante la tempesta!) e gli dice: "Soltanto abbi fede".
o Come per la donna che perdeva sangue, anche in questo caso Gesù fa riferimento alla fede di Giairo, in modo che si capisca che il suo non è un gesto di magia.
o Quando Gesù giunge alla casa del capo della sinagoga, la figlia è di fatto ormai morta. Si sentono già le donne e i suonatori che fanno il tradizionale lamento e qualcuno sorride con ironia alle parole di Gesù: "La bambina non è morta, ma dorme".
o Gesù prende la mano della bambina, così come si era lasciato toccare dalla donna, in un gesto umanissimo, ma anche di grande libertà, perché chi perdeva sangue o era morto diventava impuro e rendeva impuri. Poi comanda alla bambina di alzarsi: "Talità kum!". La bambina si alza e cammina.
o Nei due episodi l'intenzione di Marco è chiaramente quella di presentare Gesù con tutte le caratteristiche di Dio: il Figlio dell'uomo infatti ha il potere di fare miracoli e addirittura di riportare in vita una bambina morta.
o Ma lo fa senza applicare al messia Gesù le caratteristiche del superuomo. Gesù infatti afferma che la guarigione della donna e il ritorno in vita della bambina sono da attribuire alla fede della donna e a quella di Giairo. Inoltre Gesù si interroga come farebbe qualunque altro: "Chi mi ha toccato?", dice. Cerca poi di limitare l'importanza del suo potere di guarigione ("La bambina non è morta, ma dorme"), e si preoccupa addirittura banalmente di un particolare della vita della bambina ritornata in vita: ordina di darle da mangiare.

Attualizzare

* L'argomento su cui la parola di Dio di questa domenica ci invita a riflettere è quello della malattia, soprattutto di quella grave che conduce o può condurre alla morte.
* Diciamo anzitutto che non è vero che la situazione di malattia sia favorevole alla vita di fede. Non è vero che quando si è ammalati sia più facile pregare. La malattia è sempre qualcosa di cui non riusciamo a comprendere pienamente il senso, è un mortificare la vita, è una limitazione che crea insofferenza, che porta spontaneamente più alla ribellione e alla bestemmia che alla serena accettazione. "Perché Dio che può tutto e mi è Padre mi lascia soffrire così?".
* L'atteggiamento di Dio nei confronti della malattia, contrariamente a quanto talvolta si pensa, è però di un uguale rifiuto. Dio non ama la malattia; Gesù ha compassione per tutti gli ammalati. La malattia non è un bene per l'uomo: è un momento di prova, di sofferenza. Dio è vicino all'ammalato non con un atteggiamento di condanna, quasi che quella malattia rappresenti in qualche modo un castigo per il male compiuto, come pensavano gli ebrei.
* Lottare contro la malattia e cercare di guarire è quindi non solo un atteggiamento legittimo, ma significa mettersi dalla parte di Dio.
* Gesù guarisce tanti ammalati che lo accostano: oggi tocca all'uomo continuare l'opera di Gesù, compiere altri "miracoli" servendosi della scienza e delle risorse umane. Si dovrebbero indirizzare in questo campo tante spese inutili e dannose, come quelle destinate alla corsa agli armamenti.
* La malattia è un momento difficile di crisi e di depressione. L'ammalato ha bisogno della vicinanza di qualcuno che lo ami veramente, che gli dica con la sua presenza che anche Dio lo ama e che la malattia non è un castigo, ma una realtà connaturale alla condizione umana, una realtà che l'uomo deve dominare, anche se al presente la strada da percorrere appare ancora lunga.
* È questo il senso vero del sacramento degli infermi. Questo sacramento ha assunto purtroppo lungo i secoli il significato di preparare gli ammalati gravi alla morte. Ma la lettera di Giacomo dice ben altro: "Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati" (Gc 5,14-15). È questo lo scopo del sacramento, e la guarigione dovrebbe essere il segno normale che lo accompagna. Quando l'ammalato è ormai dichiarato clinicamente inguaribile, ha certo meno significato dargli un sacramento che ha lo scopo di dichiarare che Dio è solidale con l'ammalato, che vuole la sua salvezza e di per sé anche la sua guarigione.
* Chi è malato deve quindi sapere che si trova in una situazione di crisi di fede. Per questo dovrà chiederla a Dio, avvicinarsi a Gesù per toccargli il mantello: non solo per ottenere un miracolo, ma per riuscire a continuare a credere nella bontà di Dio. C'è nella malattia e nella sofferenza qualcosa di profondamente misterioso: Dio non ama la morte sulla croce del suo Figlio, ma nonostante ciò non lo stacca da essa. Ci sono delle situazioni per noi incomprensibili davanti alle quali lo stesso Dio ci appare con le mani legate.
* Chi è ammalato però deve anche cercare di dare un senso alla sua sofferenza, deve imparare a vivere anche in quella situazione di disagio: c'è una salvezza che si fa strada nonostante la malattia. È sorprendente che vi siano persone distrutte dalla malattia che si dicono pienamente felici e realizzate e altri in buona salute che maledicono la vita. La malattia e la sofferenza hanno senza dubbio una grande capacità di purificarci, di affinarci lo spirito. Chi non ha sofferto non conosce nulla della vita, non ha vissuto realmente, non riesce a capire gli altri.

Lourdes
Vicino alla grotta un sacerdote incontra un ragazzo sulla sedia a rotelle:
"Come ti chiami?".
"Elio".
"Da dove vieni?".
"Da Roma".
"Che grazia hai chiesto alla Madonna?".
Il ragazzo si guardò intorno per assicurarsi che nessuno lo sentisse e poi disse lentamente:
"Non ho chiesto la guarigione, ma altre cose, più importanti...".
"Quali?".
"Ho chiesto alla Madonna tre cose: di guarire coloro che soffrono più di me, di rendere santi i preti e di convertire i peccatori...".
Quel ragazzo non fu guarito, ma la sua pace interiore era già una grande grazia, addirittura un miracolo... (J. Klimek).

La malattia trasforma un giovane brasiliano
"Alcuni anni fa, per un intervento chirurgico, ho dovuto trascorrere un periodo piuttosto lungo in ospedale, costretto a rimanere a letto per mesi. Ho avuto così tutto il tempo per meditare sul significato della sofferenza, e anche per comprendere il dramma di coloro che passano una vita intera nelle corsie degli ospedali, o sulle sedie a rotelle. In quel tempo mi sono accostato a Cristo, che da anni avevo abbandonato, e mi sono messo alla sequela del Dio che predilige quelli che soffrono e sono soli. Da allora la mia vita è radicalmente cambiata: ho lasciato il vecchio, egoistico modo di vivere, per avvicinare e aiutare quelli che soffrono, Ho preso il diploma di infermiere ed è così che passo il mio tempo libero andando da un capo all'altro della città a fare medicazioni e iniezioni alla gente che non può procurarsi infermieri e assistenza" (Marcelo)


Umberto DE VANNA

Commenti

Post più popolari