Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche DOMENICA «DEL PROFETA DISPREZZATO IN PATRIA»

XIV del Tempo per l’Anno B
Marco 6,1-6; Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10
1. Il profeta è disprezzato nella sua patria
Venuto, dunque, nel suo paese, Gesú si astiene dai miracoli per non infiammare ulteriormente l`invidia
dei suoi compaesani e non doverli condannare piú duramente per la loro testarda incredulità; ma, in cambio, espone loro la sua dottrina, che, certo, non merita minor ammirazione dei miracoli. Tuttavia, costoro, completamente insensati, mentre dovrebbero ascoltare con intenso stupore e ammirare la forza delle sue parole, al contrario lo disprezzano per l`umile condizione di colui che ritengono suo padre. Eppure hanno molti esempi, verificatisi nei secoli precedenti, di figli illustri nati da padri oscuri. Cosí David era figlio di Jesse, umile agricoltore; Amos era figlio di un guardiano di capre e pastore lui stesso; Mosè, il legislatore, aveva un padre assai meno illustre di lui. Dovrebbero, quindi, onorare e ammirare Gesú proprio per questo fatto: che, pur sembrando loro di umile origine, insegna quella dottrina. E` ben evidente cosí che la sua sapienza non deriva da studio, ma dalla grazia divina. Invece lo disprezzano per ciò che dovrebbero, al contrario, ammirare.
D`altra parte Gesú frequenta le sinagoghe per evitare di essere accusato come solitario e nemico della convivenza umana, il che sarebbe accaduto se egli fosse vissuto sempre nel deserto. "Ed essi ne restavano stupiti e dicevano: Donde viene a costui questa sapienza e questa potenza?" (Mt 13,54), chiamando potenza la sua facoltà di operare miracoli o anche la sua stessa sapienza. "Non è questi il figlio del falegname?" (Mt 13,55). Quindi piú grande il prodigio, e maggiore lo stupore. "Sua madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe Simone e Giuda? E le sorelle sue non sono tutte qui fra noi? Donde mai gli viene tutto questo? E si scandalizzavano di lui" (Mt 13,55-57).
Vedete che Gesú parla proprio a Nazaret? Non sono suoi fratelli, dicono, il tale e il tal altro? E che importa? Questa dovrebbe essere la ragione piú valida per credere in lui. Purtroppo l`invidia è una passione malvagia e spesso combatte e contraddice se stessa. Ciò che è straordinario, sorprendente e suscettibile di attirarli a Gesú, questo invece li scandalizza.
Che risponde loro Cristo? «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e nella propria sua casa». "E non operò molti miracoli, a causa della loro incredulità" (Mt 13,57-58). Anche Luca da parte sua riferisce che non fece lí molti miracoli (cf. Lc 4,16-30). Ma, mi direte voi, sarebbe stato naturale e logico farli. Se Gesú aveva la possibilità di suscitare ammirazione - come in realtà avvenne -, per qual motivo non operava miracoli? Sta di fatto che egli non aveva di mira la propria gloria, ma il loro bene. Tuttavia poiché questo bene non si realizzava, Cristo trascurò la propria manifestazione per non aumentare il castigo dei suoi compaesani. Osservate dopo quanto tempo e dopo quale dimostrazione di miracoli egli torna presso di loro: ma neppur cosí lo accolgono, anzi si accendono piú vivamente di invidia. E perché allora, voi chiederete, Gesú ha operato qualche miracolo? L`ha fatto perché non gli dicessero: "Medico, cura te stesso" (Lc 4,23), e non affermassero che egli era avversario e nemico loro e disprezzava i suoi concittadini; non voleva infine sentir dire: Se avesse operato miracoli, noi pure avremmo creduto. Per questo egli opera qualche miracolo e in seguito si ritira, compiendo, da una parte, ciò che spetta a lui ed evitando dall`altra di condannarli piú severamente.
Ebbene, osservate ora la potenza delle parole di Cristo: malgrado fossero dominati dall`invidia, quelli tuttavia restano stupiti. E come nelle sue opere non biasimano l`atto in se stesso, ma immaginano cause inesistenti dicendo: «In virtù di Beelzebul caccia i demoni», cosí anche ora non condannano la sua dottrina, ma ricorrono, per disprezzarlo, all`umiltà della sua origine. Ammirate d`altra parte la moderazione del Maestro: egli non li biasima con violenza, ma dichiara con molta mitezza: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria», e non si ferma qui, ma aggiunge: «e nella sua stessa casa», alludendo, io credo, con queste ultime parole ai suoi parenti.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 48, 1)


2. La famiglia di Gesú

Circa l`esclamazione: "Donde gli viene tanta sapienza?" (Mt 13,54), essa mostra chiaramente la sapienza superiore e sconvolgente delle parole di Gesú, che si è meritata l`elogio: "Ed ecco che qui vi è piú di Salomone" (Mt 12,42). E i miracoli da lui compiuti erano piú grandi di quelli di Elia e di Eliseo, persino piú grandi di quelli, piú antichi, di Mosè e di Giosuè figlio di Nun. Mormoravano stupiti, perché non sapevano che egli era nato da una vergine, oppure non lo avrebbero creduto neppure se glielo avessero detto, mentre supponevano che egli fosse il figlio di Giuseppe, l`artigiano: "Non è egli figlio del falegname?" (Mt 13,55). E pieni di disprezzo verso tutto ciò che poteva sembrare la sua parentela piú prossima, dicevano: "Sua madre non si chiama Maria, e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra dí noi?" (Mt 13,55.56). Lo ritenevano dunque figlio di Giuseppe e di Maria. Quanto ai fratelli di Gesú, taluni pretendono, appoggiandosi al cosiddetto vangelo «secondo Pietro» o al «libro di Giacomo» [apocrifi], che essi siano i figli di Giuseppe, nati da una prima moglie che egli avrebbe avuto prima di Maria. I sostenitori di questa teoria vogliono salvaguardare la credenza nella verginità perpetua di Maria, non accettando che quel corpo, giudicato degno di essere al servizio della parola che dice: "Lo Spirito di santità scenderà su di te e la potenza dell`Altissimo poserà su di te la sua ombra" (Lc 1,35), conoscesse il letto di un uomo, dopo aver ricevuto lo Spirito di santità e la potenza discesa dall`alto, che la ricoprí con la sua ombra. Da parte mia, penso che sia ragionevole vedere in Gesú le primizie della castità virile nel celibato, e in Maria quelle della castità femminile, sarebbe in effetti sacrilego attribuire ad un`altra tali primizie della verginità...
Le parole: "E le sue sorelle non sono tutte tra di noi?", mi sembrano avere il seguente significato: la loro sapienza e la nostra, non certo quella di Gesú, e nulla vi è in loro che sia a noi estraneo, la cui comprensione ci rimanga difficile, come in Gesú. E` possibile che, attraverso queste parole, affiori un dubbio circa la natura di Gesú, che non sarebbe un uomo, bensí un essere superiore, poiché, pur essendo, come essi credono, figlio di Giuseppe e di Maria, e pur avendo quattro fratelli, come pure alcune sorelle, non somiglia ad alcuno dei suoi prossimi e, senza aver ricevuto una istruzione e senza maestri, ha raggiunto un tale grado di sapienza e di potenza. Difatti, dicevano altrove: "Come fa costui a conoscere le Scritture, senza avere studiato?" (Gv 7,15). E` un testo simile a quello qui riportato. Tuttavia coloro che parlavano in questo modo, pieni di un tal dubbio e di stupore, ben lontani dal credere, si scandalizzavano a suo riguardo (cf. Mt 13,57), come se gli occhi della loro mente fossero asserviti (cf. Lc 24,16) da potenze di cui egli avrebbe trionfato (cf. Col 2,15) sul legno, nell`ora della sua Passione...
E` venuto il momento di illustrare il passo: "Colà, egli non fece molti miracoli, a causa della loro incredulità" (Mt 13,58). Queste parole ci insegnano che i miracoli si compivano in mezzo ai credenti, poiché "a chi ha sarà dato e sarà nell`abbondanza" (Mt 25,29), mentre invece tra gli increduli i miracoli non solo non producevano effetto, ma addirittura, come ha scritto Marco, non potevano produrlo. Fa` attenzione, infatti, a queste parole: "Non poté compiere alcun miracolo"; difatti, non ha detto: "Non volle".... bensí: "Non poté"... (Mc 6,5), perché si sovrappone al miracolo che sta per compiersi una collaborazione efficace proveniente dalla fede di colui su cui agisce il miracolo, e che l`incredulità impedisca tale azione. Di modo che, è il caso di sottolinearlo, a coloro che hanno detto: "Per quale motivo non abbiamo potuto scacciarlo?", egli ha risposto: "A causa della vostra poca fede" (Mt 17,19-20), e a Pietro che cominciava ad affondare, fu detto: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" (Mt 14,31). L`emorroissa, al contrario, senza aver neppure richiesta la guarigione, diceva tra sé semplicemente che "se avesse potuto toccare solo il lembo del suo mantello" (Mc 5,28), sarebbe guarita, e lo fu all`istante (cf. Mt 9,22; Lc 8,47); e il Signore riconobbe quel modo di guarire, quando disse: "Chi mi ha toccato? Perché ho avvertito una potenza uscire da me" (Lc 8,46; cf. Mt 5,30). E come taluni, quando si tratta dei corpi, esercitano una specie di attrazione naturale sugli altri - sul tipo di ciò che avviene tra la calamita e il ferro o tra la nafta e il fuoco -, cosí una fede del genere attira forse il miracolo divino; ecco perché egli ha anche detto: "Se aveste fede quanto un granello di senapa, direte a questo monte: «spostati da qui a là"», ed esso si sposterà" (Mt 17,20).
Mi sembra che, però, Matteo e Marco abbiano voluto stabilire la netta superiorità della potenza divina, capace di agire anche in mezzo all`incredulità, senza tuttavia dimostrare la stessa potenza che di fronte alla fede di coloro che beneficiano del miracolo; quando il primo non ha detto che "egli non fece miracoli a causa della loro incredulità," bensí che "colà, egli non fece molti miracoli" (Mt 13,58); quando invece Marco dice: "In quel luogo non poté compiere alcun miracolo", non si limita a questo bensí aggiunge: "tranne che impose le mani su alcuni malati e li guarí"(Mc 6,5), poiché la potenza che è in lui trionfa, in tali condizioni, della stessa incredulità.

(Origene, Comment. in Matth., 10, 17-19)


3. Domiziano dà ordine di uccidere i discendenti di David

Il medesimo Domiziano comandò che fossero uccisi quelli di stirpe davidica. Un`antica tradizione racconta che degli eretici denunziarono [perfino] i discendenti di Giuda, fratello del Signore secondo la carne, rilevando la loro derivazione genealogica da David e la loro parentela con Cristo. Egesippo stesso mette in chiaro tutto ciò esprimendosi in questi termini:
«In quel tempo vivevano ancora i parenti del Salvatore vale a dire i nepoti di Giuda, che fu detto fratello di Lui secondo la carne (cf. Mt 13,55; Mc 6,3). Denunziati come discendenti di David, "dall`evocatus" furono condotti davanti a Domiziano, il quale al pari di Erode paventava la venuta di Cristo.
L`imperatore cominciò a domandar loro se provenissero dalla stirpe di David e quelli risposero di sí. Domandò loro quante possessioni avessero e quanto denaro. Risposero che tutti e due assieme possedevano novemila denari, metà ciascuno; aggiunsero però che non li avevano in contanti, ma in terre dell`estensione di trentanove pletri, da essi lavorate per pagare i tributi e per il necessario alla vita.
E gli mostrarono le mani e, a prova della loro personale fatica, gli facevano vedere le membra rudi e le callosità delle ruvide palme a causa del continuo lavoro.
Interrogati intorno al Cristo e al Suo regno, intorno alla natura, al tempo e al luogo della Sua venuta, risposero che l`impero di Cristo non è mondano e terreno, ma celeste e angelico; che si attuerà alla fine dei tempi, quando Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e renderà a ciascuno secondo le opere sue (cf. Mt 16,27; At 10,42; Rm 2,6; 2Tm 4,1).
Udito questo, non li condannò: ebbe invece un pensiero di sprezzo per la loro condizione sí bassa, li rimise in libertà e, con un editto, fece cessare la persecuzione contro la Chiesa.
Essi, poi, liberati, furono posti a capo delle Chiese, come martiri e parenti del Signore e, venuta la pace, vissero fino ai tempi di Traiano».

(Eusebio di Cesarea, Hist. eccles., 3, 19 s.)


4. Solo Dio è autore in senso proprio

Vediamo, dunque, da quale fonte abbia origine questo nostro sole! Come è vero nasce da Dio, che ne è l`autore. E` figlio pertanto della divinità; dico, della divinità non soggetta a corruzione, intatta, senza macchia. Capisco il mistero facilmente. Perciò la seconda nascita per mezzo della immacolata Maria, poiché in un primo tempo era rimasta illibata a causa della divinità, la prima nascita fu gloriosa, affinché la seconda non diventasse ingiuriosa, cioè come vergine la divinità lo aveva generato, cosí anche la Vergine Maria lo generasse. E` scritto di avere un padre presso gli uomini, come leggiamo nel Vangelo ai Farisei che dicevano: " Non è questi figlio di Giuseppe il falegname, e Maria non è sua Madre?" (Mt 13,55).
In questo anche avverto il mistero.
Il padre di Gesú è chiamato falegname; è pienamente fabbro Dio Padre, che ha creato le opere di tutto il mondo.

(Massimo di Torino, Sermo, 62, 4)


5. Il Padre stesso mi ha mandato

Ascoltate la parola del Signore, fratelli, e considerate in che modo la confermò e come risposero: «Costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia» (Gv 7,27). Gesù allora, mentre insegnava nel tempio,esclamò: «Certo voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete» (Gv 7,28). È come dire: Mi conoscete e non mi conoscete. Sapete da dove vengo e non lo sapete. Da dove vengo lo sapete: sono Gesù di Nazaret, conoscete anche i miei genitori. In questo era velato soltanto il mistero del parto della Vergine, del quale tuttavia poteva testimoniare lo sposo; lui solo infatti avrebbe potuto fedelmente indicare com'era avvenuto, essendo l'unico che poteva conoscerlo in qualità di marito. Fatta dunque eccezione del parto della Vergine, conoscevano tutto di Gesù in quanto uomo: era noto il suo volto, era nota la sua patria, la sua origine, si sapeva dove era nato. A ragione dunque disse: «Certo voi mi conoscete e sapete di dove sono» riguardo alla sua natura umana e al suo aspetto fisico. Ma in rapporto alla sua divinità: «Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete». Per conoscerlo, credete in colui che l'ha mandato e saprete;infatti: «Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,18); e «nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27).
Infine, avendo detto: «Chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete»,per mostrar loro come potevano cono­scere colui che non avevano mai visto, aggiunge: «Io però lo conosco» (Gv 7,29). Dunque, per conoscerlo chiedetelo a me. Ma perché lo conosco? «Perché vengo da lui ed egli mi ha mandato» (Gv 7,29) . Ammirate come mostrò l'uno e l'altro: «vengo da lui» disse, perché il Figlio è dal Padre, e tutto ciò che il Figlio è, appartiene a Colui di cui è Figlio.
Perciò diciamo che il Signore è Dio da Dio; non diciamo che il Padre è Dio da Dio, ma solo che è Dio. E diciamo che il Signore Gesù è luce da luce; non diciamo che il Padre è luce dalla luce, ma soltanto che è luce. Per questo disse: «Vengo da lui».
«Ed egli mi ha mandato», così come mi vedete in un corpo umano. Quando dice: «Egli mi ha mandato» non intendere diversità di natura, ma il Padre che lo genera.

Dal trattato «Sull’Evangelo di Giovanni» di sant'Agostino, vescovo.




lunedì 29 giugno 2015
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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