D. Gianni Mazzali SDB "DIO CI PARLA E NOI NON LO ASCOLTIAMO"

5 luglio 2015 | 14a Domenica - Tempo Ordinario B  | Omelia
DIO CI PARLA E NOI NON LO ASCOLTIAMO
Anche il Buon Dio ha voluto correre i suoi rischi. Ci ha creati a sua immagine e somiglianza e quindi ci ha creati liberi. La scorsa domenica abbiamo cercato di capire che la morte, non compresa nel progetto originale di Dio, è conseguenza del peccato dell'uomo, della nostra ribellione. E noi, uomini e donne, abbiamo continuato e continuiamo ad alimentare questo spirito contestatore di non accettazione, addirittura di rifiuto nei confronti di Dio. Anche oggi, come in altre epoche, siamo
liberi di accettare la signoria di Dio e di contestarla fino al disprezzo, allo scherno, alla totale negazione. La Parola registra questo atteggiamento e ci induce ad entrare nell'esperienza costante della nostra ribellione, dei nostri rifiuti nei confronti di Dio.

LA LIBERTA' DI RIBELLARSI A DIO

La breve pagina del profeta Ezechiele ci presenta la chiamata di Dio che lo manda ai figli di Israele, ad una "razza di ribelli". Il popolo sta vivendo l'esperienza dell'esilio, della perdita totale della propria terra, della propria autonomia, in fondo della propria dignità. Nella lettura dei rapporti tra Dio e il suo popolo l'esilio è conseguenza di infedeltà, di traviamento. Ci si è allontanati da Dio con atteggiamenti di rivalsa, di ribellione "Si sono rivoltati contro di me(...) Quelli ai quali ti mando sono figli testardi, dal cuore indurito". Israele volutamente si è estraniato da Dio, lo ha provocato ed ora si sente estraneo a se stesso, in terra straniera, smarrito, spodestato.
La Bibbia esprime con questi tratti essenziali l'esperienza della solitudine, dello smarrimento, del traviamento dell'uomo e delle comunità degli uomini. La schiavitù e l'esilio non sono soltanto esperienze sociali, sono anche esperienze interiori, significano la perdita di punti saldi di riferimento, l'abbandono e il disfacimento della propria dignità umana. La sensazione di tanta gente oggi è lo smarrimento, la confusione nei confronti di ciò che accade in noi ad attorno a noi. Ci chiediamo se effettivamente ci siamo emancipati nei confronti di Dio, dei grandi valori della vita, delle regole che ci dovrebbero guidare, oppure ci siamo persi e per orgoglio non riusciamo a vedere una realtà individuale e sociale che si deteriora al punto di autodistruggerci.
E nonostante questo quadro preoccupante e desolante, Dio vuole continuare a starci vicino: "Ascoltino o non ascoltino - dal momento che sono una genia di ribelli - sappiamo almeno che un profeta si trova in mezzo a loro". E' un invito forte, nonostante l'universale disagio a riconoscere coloro che ci "parlano a nome di Dio", che, con sofferenza e dolore, ci richiamano alla resipiscenza, a riconoscere man mano il baratro in cui siamo caduti, a riscattarci, a desiderare la fine della schiavitù.

GESU' RIFIUTATO E CONTESTATO DAI SUOI

Succede frequentemente nei rapporti umani. Si è portati a disconoscere, a sminuire il valore, la grandezza, i meriti di una persona con cui siamo prossimi, con cui abbiamo condiviso le circostanze e il contesto di vita che siamo indotti e livellare nella normalità. E' la reazione degli abitanti di Nazaret, che forse per ristrettezza paesana, per superficialità o per sopita gelosia non riescono o non possono accettare che uno di loro sia latore di cose grandi e operatore di eventi straordinari: "Da dove gli vengono queste cose? Non è costui il falegname, il figlio di Maria?".
Un rifiuto più subdolo e umiliante si consuma nei confronti di Gesù da parte dei suoi intimi, degli apostoli. Nel momento della prova, della cattura e del processo del loro "maestro" fuggono, si dileguano a qualcuno lo rinnega.
Ci viene forse più naturale riflettere sul rifiuto di Gesù e di Dio da parte di chi si definisce miscredente, agnostico, ateo. Ma la pagina odierna di Marco ci incalza a considerare non il rifiuto e la ribellione dei lontani, ma dei vicini, degli intimi, di coloro che il Cristo lo conoscono e lo frequentano. L'evangelista denuncia la piaga dell'assuefazione, di una frequentazione abitudinaria e stanca delle cose sacre e di Dio che talvolta celano una ribellione sottile, una strumentalizzazione di Dio, un rifiuto effettivo a lasciarlo efficacemente agire in noi. E' la ribellione, la testardaggine della mediocrità, dei facili accomodamenti, del compromesso. A volte parrebbe che ci sentiamo schermati da una sorta pretenziosa di impunità che ci impedisce di arrenderci, di abbandonarci al mistero. Le amare lacrime di Pietro possono essere oggi il nostro paradigma.

DEBOLEZZA E GRAZIA

Constatiamo con Paolo nella nostra esperienza quotidiana la costante dialettica tra la nostra fragilità e debolezza e la grazia, la forza, l'energia di Dio. Come Paolo ciascuno di noi ha una "spina nella carne". L'apostolo ci incalza a non disconoscere che talvolta possiamo essere schiavi e servitori di Satana, più sensibili ai suoi impulsi e messaggi. Ci rendiamo conto che le nostre forze sono deboli e il male oscuramente ci svuota e ci umilia. Siamo orgogliosamente tentati di scoraggiarci, in fondo di non voler ammettere e chiamare con il loro nome le nostre contraddizioni. Il nostro peccato, qualunque esso sia, può da un lato farci soffocare e morire spiritualmente, oppure, riconosciuto con verità, schiuderci alla grazia di Dio. Non significa giustificare il male che sperimentiamo, ma riconoscere che è Gesù, il Figlio di Dio, la sua grazia, la sua vita che ci salva e ci rende forti.

"Noi senza di te cosa siamo se non quel Pietro che ti rinnega tre volte? " (S. Agostino)

D. Gianni Mazzali SDB

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