DON PAOLO ZAMENGO"Un lago pieno di barche "
Gv 6, 24-35 XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)FRAMMENTO
Il vangelo racconta di una ricerca spasmodica, ostinata. La gente pretende Gesù e lo raggiunge fin sull’altra riva del lago. In breve tempo, quello specchio d’acqua trabocca di barche e si popola di illusioni. Sembra un’America’s cup, in realtà è soltanto fame di miracoli.
Ancora una volta, la gente resta ammaliata dai prodigi di Gesù e cerca di guadagnarci. L’umanità di tutti i tempi e di tutte le latitudini continua a rincorrere Dio ma lo carica di attese contingenti. Quasi sempre la gente attacca la fede all’amo delle urgenze quotidiane, ai bisogni di sopravvivenza e al prurito di novità.
Dio non sta a questo gioco che intacca la libertà umana. Come padre, si fa garante per le necessità primarie ma prende le distanza da abusi, sperperi e avidità. Chi vive nel benessere spesso fa diventare essenziale il superfluo e su Dio fa ricadere talvolta pure le responsabilità e le inettitudini personali.
È un bisogno concreto quello che spinge la folla a cercare Gesù da una riva all’altra del lago. La gente vuole mangiare ancora quel pane miracoloso che il giorno prima aveva saziato la fame di cinquemila uomini e che non era costato niente a nessuno.
Ma questo bisogno di mangiare ritorna ogni giorno identico. Prepotentemente. Perché la soddisfazione di un bisogno non crea benessere stabile. Non accade così per i desideri.
I desideri hanno una dinamica più complessa. Prima di tutto il desiderio segna la differenza tra l’uomo e le altre creature. In secondo luogo il desiderio non si estingue al raggiungimento dell’oggetto cercato, anzi, ogni traguardo, anche importante, è sempre e solo temporaneo e provvisorio. E ogni tappa segna e orienta la meta successiva.
Gesù ha tanti desideri. Per donarci se stesso e il suo messaggio usa i segni umani: siede a tavola e condivide con gli uomini la mensa ma il suo obiettivo non è il corpo ma il cuore. Nel cibo che perisce Gesù fa risplendere il segno di un altro cibo che è per la vita eterna. E nella festa umana, sempre transitoria, Gesù pone il segno di un banchetto e di una convivialità della quale solo lui può farsi garante.
La vita di Gesù non dipende dal cibo terreno e il suo obiettivo è un pane che viene dall’alto. Un pane dato e “beati gli invitati alla cena del Signore”.
Anche noi possiamo alimentare e rafforzare nella speranza questo desiderio, se non ci accontentiamo di soddisfare soltanto bisogni feriali. La nostra vocazione è imparare a nutrire il cuore di grandi desideri.
La manna del deserto bastava per la fame di un giorno. Il vero cibo che sazia ogni vivente è Gesù stesso, Signore della vita e della storia. Per sempre.
Il vangelo racconta di una ricerca spasmodica, ostinata. La gente pretende Gesù e lo raggiunge fin sull’altra riva del lago. In breve tempo, quello specchio d’acqua trabocca di barche e si popola di illusioni. Sembra un’America’s cup, in realtà è soltanto fame di miracoli.
Ancora una volta, la gente resta ammaliata dai prodigi di Gesù e cerca di guadagnarci. L’umanità di tutti i tempi e di tutte le latitudini continua a rincorrere Dio ma lo carica di attese contingenti. Quasi sempre la gente attacca la fede all’amo delle urgenze quotidiane, ai bisogni di sopravvivenza e al prurito di novità.
Dio non sta a questo gioco che intacca la libertà umana. Come padre, si fa garante per le necessità primarie ma prende le distanza da abusi, sperperi e avidità. Chi vive nel benessere spesso fa diventare essenziale il superfluo e su Dio fa ricadere talvolta pure le responsabilità e le inettitudini personali.
È un bisogno concreto quello che spinge la folla a cercare Gesù da una riva all’altra del lago. La gente vuole mangiare ancora quel pane miracoloso che il giorno prima aveva saziato la fame di cinquemila uomini e che non era costato niente a nessuno.
Ma questo bisogno di mangiare ritorna ogni giorno identico. Prepotentemente. Perché la soddisfazione di un bisogno non crea benessere stabile. Non accade così per i desideri.
I desideri hanno una dinamica più complessa. Prima di tutto il desiderio segna la differenza tra l’uomo e le altre creature. In secondo luogo il desiderio non si estingue al raggiungimento dell’oggetto cercato, anzi, ogni traguardo, anche importante, è sempre e solo temporaneo e provvisorio. E ogni tappa segna e orienta la meta successiva.
Gesù ha tanti desideri. Per donarci se stesso e il suo messaggio usa i segni umani: siede a tavola e condivide con gli uomini la mensa ma il suo obiettivo non è il corpo ma il cuore. Nel cibo che perisce Gesù fa risplendere il segno di un altro cibo che è per la vita eterna. E nella festa umana, sempre transitoria, Gesù pone il segno di un banchetto e di una convivialità della quale solo lui può farsi garante.
La vita di Gesù non dipende dal cibo terreno e il suo obiettivo è un pane che viene dall’alto. Un pane dato e “beati gli invitati alla cena del Signore”.
Anche noi possiamo alimentare e rafforzare nella speranza questo desiderio, se non ci accontentiamo di soddisfare soltanto bisogni feriali. La nostra vocazione è imparare a nutrire il cuore di grandi desideri.
La manna del deserto bastava per la fame di un giorno. Il vero cibo che sazia ogni vivente è Gesù stesso, Signore della vita e della storia. Per sempre.
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