Fra . Massimo Dom."Sono io il pane della vita"

XVIII DOMENICA – 2 AGOSTO 2015
Es 16,2-4.12-15; Sal 77;  Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35
O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le immense risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane sulla mensa di ciascuno dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola, perché possiamo saziare la fame di verità che hai posto nel nostro cuore.

“Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto…”
“Voi mi cercate (…) perché avete mangiato e vi siete saziati. Sono io il pane della vita:  chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.”
Riprendiamo la riflessione sul Vangelo di Giovanni, del pane di vita, iniziata domenica scorsa.
Quando la vita sembra, dico sembra, aver perduto ogni senso e valore, noi invochiamo sorella morte! nella speranza (perversa) che almeno la morte metta fine al calvario nostro, e/o altrui.
È così che reagivano gli Ebrei alle fatiche del deserto;  anzi, non reagivano, non reagivano più…
La dinamica dell’esodo provoca coloro che ne accolgono la sfida a fare i conti con le proprie debolezze, con le proprie schiavitù:  è vero, ogni schiavitù costituisce una forma conclamata di oppressione dell’uomo, una violazione reale della sua dignità… Tuttavia “non tutto il male vien per nuocere”, dice il proverbio.  Lo schiavo può contare sulla protezione del padrone:  il signore ha tutto l’interesse e la convenienza a curarsi dei propri schiavi, a mantenerli e a difenderli;  cosa farebbe se i suoi schiavi insorgessero contro di lui? se si mettessero in sciopero?   Anche il signore è, in qualche modo asservito:  il suo benessere dipende dall’efficienza dello schiavo…
Sembra una divagazione, ma non è così!
Il faraone aveva bisogno della manodopera degli Ebrei:  costoro occupavano i gradini inferiori della produzione:  erano contadini, piccoli artigiani, carpentieri,… E così, gli Egiziani potevano dedicarsi a mestieri più onorevoli, o meno umilianti.  Questa dinamica economico-sociale è ancora presente in alcuni Stati mediorientali, ove il lavoro (subordinato) è svolto quasi esclusivamente da personale straniero… Le motivazioni del conflitto tra il faraone e Mosè sono da rinvenire per lo più in fattori economici.
La notte che il popolo eletto uscì dall’Egitto, rappresentò una vera e propria catastrofe economico- finanziaria …anche per il fatto che gli Ebrei portarono via oggetti d’oro e d’argento avuti in dono – si fa per dire – dai rispettivi vicini di casa egiziani…  Se no, come la facevano l’Arca dell’Alleanza?
Mi fermo qui, perché rischio la denuncia…
Intanto, le tribù del Signore, stavano morendo di fame e di sete…  niente pane, niente carne…
Spontanea la protesta contro Mosè e contro Aronne: “Fossimo morti per mano del Signore in terra d’Egitto!...”:  Intanto, morire dobbiamo tutti; tantovale morire con la pancia piena!!  no?
Il prodigio compiuto da Dio, il dono celeste della manna, rispondeva ad un’emergenza che durò fino all’arrivo del popolo nella regione di Canaan, sulle rive del Giordano, allorché la manna cessò e gli israeliti mangiarono, finalmente, i frutti della terra (cfr. Gs 5,12).
Il fatto della contingenza del dono, corrispondente al bisogno, è un aspetto delicato della Salvezza, il più delicato e discriminante.  Nel suo discorso sul pane di vita, Gesù provoca i suoi ascoltatori a riconoscere che il vero pane del cielo non fu, non è la manna, ma l’eucaristia che Lui, il Signore darà a coloro che glielo chiedono.  E questa volta, il dono celeste non cesserà più come era cessata la manna.  L’eucaristia è il nutrimento per la vita e non per la morte, come invece lo era stata la manna.  In altre parole Gesù presenta la novità cristiana come ciò che dà alla salvezza la sua vera valenza immortale, il respiro universale,…  aggiungendo ciò che mancava alla prima Alleanza.
La stessa obbiezione sulla fragilità intrinseca della precedente Alleanza, significata (anche) nel segno della manna, la fa san Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto: “Non voglio, infatti, che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale (…). Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio perciò furono sterminati nel deserto.” (1Cor 10,1-5).
Anche l’apostolo Pietro, ritorna sulla questione, ponendo in relazione il patriarca Davide e la persona di Cristo: il primo è morto e riposa con i suoi padri; il secondo, invece, è stato sciolto dalle angosce della morte, è risorto e vive per sempre (cfr. At 2,22ss.).
Infine, la Lettera agli Ebrei annuncia che i sacrifici antichi non avevano il potere di rimettere il peccato una volta per tutte:  il sacrificio di Cristo, invece, sì!(cfr. Eb cap.9)!
Il senso di questi ragionamenti è lo stesso: il corpo di Cristo è quel nutrimento che ci mancava, che, solo, assicura la salvezza:  sazia la fame e la sete, che sono i bisogni primari della vita.  Un’anima affamata e assetata è un’anima che non connette…  Si dice che, con la pancia piena si ragiona meglio…  Analogamente, parafrasando santa Teresa – Nada te turbe (…) solo Dios basta. –, possiamo dichiarare che quando Cristo è con noi, nulla più ci manca, nulla più ci spaventa.
Lo so che queste affermazioni suonano vagamente retoriche…  Ma è solo un altro modo per esprimere le parole di Gesù:  “Sono io il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete, mai!”.
Che peccato!  quando il Gesù di Giovanni insegna, coloro che ascoltano, interpretano le sue parole ad un livello che non è quello inteso dal Maestro di Nazareth.  Non si tratta di un discorso di ordine materiale, e neanche morale. Gesù sta parlando a livello di fede: lo vedremo più specificatamente le prossime domeniche, man mano che l’insegnamento progredisce …e la recezione da parte degli ascoltatori peggiora:  è come se stessero ascoltando un canale radiofonico:  all’inizio la sintonia era chiara, poi cominciò ad arrivare disturbata…  le interferenze aumentavano sempre di più; alla fine perdettero il canale e se ne sovrappose un altro, dal segnale più potente …più prepotente.
Le interferenze che disturbano la ricezione (del Vangelo) sono le tante voci che vengono dal mondo degli affetti, dei beni materiali… voci che percepiamo forti e chiare! Il Signore parla di zizzania, di rovi, che insidiano il buon seme, sottraendogli nutrimento, ossigeno, luce…
Talvolta non si tratta di interferenze esterne…   siamo noi, addirittura, a cambiar canale!
Nella migliore delle ipotesi, il Vangelo di Gesù, così come viene annunciato dai canali della radio, della TV, o da altri mezzi di diffusione, sembra un discorso per addetti ai lavori;  parole retoriche, parole di circostanza,… sempre le stesse parole. Nella peggiore delle ipotesi, sono parole che rasentano l’eresia… non per temerarietà, ma per grettezza.  Nel senso che restringono il discorso, riedificano i muri che il Crocifisso ha abbattuto. Le porte spalancate la domenica di Pasqua, nel segno della tomba scoperchiata, sembrano richiudersi ogni giorno che passa, un po’ di più…
I custodi della porte del Cielo siamo noi e a noi verrà chiesto conto, il giorno del redde rationem (cfr. Lc 16,2).



DAL SITO:


Commenti

Post più popolari