Luca Desserafino sdb"La speranza della vita è il principio e il termine della nostra fede"

2 agosto 2015 | 18a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
La liturgia di questa domenica continua la lettura del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. Siamo nella sinagoga di Cafarnao dove Gesù sta tenendo il suo noto
discorso dopo che aveva moltiplicato i pani. La gente, visto il miracolo, aveva cercato di farlo re, ma egli fuggì, prima sul monte e poi a Cafarnao.

La gente non vedendolo più si mise a cercarlo; salirono sulle barche e si diressero all'altra sponda del lago. Quel giovane profeta oltre a sfamarli, li aveva affascinati con la sua parola e non volevano perdere il contatto con lui. Ed in effetti, dopo averlo cercato, lo ritrovano "al di là del mare".
"Rabbì, quando sei venuto qua?".

Gesù non risponde direttamente alla domanda, non soddisfa questa curiosità. Ma va subito al nocciolo del problema e mette a nudo il motivo reale che li ha mossi a cercarlo. Da buon pastore non va dietro le folle, non corre dietro ai loro desideri, le loro mode, le loro richieste. Gesù resta per tutti il maestro che va avanti, che ammaestra e, se necessario, che rimprovera. Proprio per questo non smise di parlare, di esortare e di correggere coloro che aveva di fronte.

Con chiarezza si rivolse alla folla: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pane sino a saziarvi". In effetti, tutti erano andati alla ricerca di Gesù perché si erano saziati del pane da lui miracolosamente moltiplicato. Senza alcun dubbio avevano interesse per il suo potere miracoloso, ma forse non per il suo cuore. Mancava insomma l'affetto, non c'era l'amore per quel Maestro. Ebbene, questa cecità affettiva andava rimossa e guarita. Ed era quanto Gesù si apprestava a fare.

La folla ha assistito a diversi miracoli, che non sono soltanto fatti meravigliosi, ma soprattutto segni che rimandano a una realtà più profonda: indicano che l'era messianica con l'abbondanza dei beni, promessa dai profeti è arrivata attraverso Gesù, è legata alla sua persona. Ma questi segni essi non li hanno capiti. Si sono fermati al significato immediato del pane che Gesù ha donato, hanno scambiato Gesù stesso per un Messia terreno che procura loro il cibo materiale in abbondanza e a buon mercato, risolvendo i loro problemi di ordine economico.

La loro è quindi una ricerca interessata. Cercano Gesù non per se stesso, per quello che è, ma per il pane che ha donato. Preferiscono il dono al Donatore, che vale infinitamente di più, e si accontentano di un dono che, pur essendo necessario e prezioso, qual è il pane, è smisuratamente inferiore a quello che Gesù è in grado di offrire e desidera offrire. Un dono che è il Donatore stesso.

Con affetto e con pazienza disse loro: "Datevi da fare non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura per la vita eterna". Gesù sembrerebbe dire alla folla degli ascoltatori: "Se avete preso le barche e siete venuti al di qua del mare, magari affrontando anche i pericoli della tempesta per trovare il pane del corpo, tanto più dovete adoperarvi per trovare il cibo che non perisce".

Al cibo materiale che si deteriora e si esaurisce viene contrapposto un altro cibo di natura diversa e superiore, che non si corrompe, è permanente e opera un effetto non solo sulla vita terrena, ma anche sulla vita eterna. Questa è la vita divina già presente in chi crede e che, come la realtà stessa di Dio, non avrà mai termine.

Ma la gente non capì queste parole e pensarò che chiedesse loro l'osservanza di altri precetti per poter ottenere la continuazione di quel miracolo. In verità Gesù esigeva da loro una sola opera: credere il lui. "Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" Non si tratta né di un precetto né di un'ulteriore prescrizione ma solo di lasciarsi coinvolgere personalmente e affettivamente da Gesù e dal suo Vangelo. Tutto ciò non è spontaneo e naturale.

Per certi versi la fede è un vero e proprio "lavoro". Essa è senza dubbio un dono di Dio, ma nello stesso tempo è anche affidata alle nostre mani, e come ogni lavoro richiede decisione, continuità, applicazione, fatica, scelte e totale abbandono.
La gente che ascolta Gesù sembra intuire qualcosa e chiede ancora: "Ma tu che segno fai, perché noi possiamo vedere e credere in te?" Non gli era bastato il miracolo del giorno prima. Ed era ovvio; quello bastava per soddisfare i bisogni del corpo, quando però si tratta del coinvolgimento della vita si chiedono ben altre garanzie. Ma questo tipo di garanzie, possibili sul piano dei contratti commerciali, non lo sono su quello dell'amore. L'amore, e con esso la fede, è sempre anche un rischio, sebbene i "segni" compiuti da Gesù sono numerosi e incredibili.

Tuttavia Egli non manca di donare il pane per irrobustirci nel cammino della fede e dell'amore. Gesù lo spiega agli ascoltatori dicendo loro che il vero pane è quello che viene dal cielo, anzi è "colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".

"Io sono il pane della vita". Pane che attivamente dà la vita, produce la vita: vita divina. Si tratta di accoglierlo nella fede: "Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete"; i due verbi, venire e credere, sono sinonimi; la fede è condizione assolutamente necessaria in questo dinamismo.

C'è un pane, ed è Gesù stesso, messo a disposizione di tutti; viene da Dio, non è lontano da noi, tutti lo possiamo gratuitamente ricevere. Gesù, in questo discorso di Cafarnao, cerca in ogni modo di farci comprendere la necessità di nutrirci del "pane della vita". Gesù desidera essere "mangiato" perché vuole una unità totale coi suoi discepoli. Sa che la sua Parola e l'Eucaristia, se vengono ricevute da noi, gli permettono di penetrare e fondersi, col risultato di venire assimilati a Lui in modo da diventare, a nostra volta, pane spezzato e condiviso con e per gli altri.

Se il nostro cuore si spalanca attraverso la fede, la fiducia e l'amore, allora Cristo può entrare con tutta la ricchezza della sua grazia, con l'abbondanza di quei doni divini che scaturiscono dalla celebrazione dei suoi Misteri e che permettono al giusto di vivere di fede. Nutriamoci di questo pane e, come dice l'apostolo Paolo, "rinnoveremo il nostro spirito e rivestiremo l'uomo nuovo".

Luca Desserafino sdb

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