D. Severino GALLO sdb"CONTAMINAZIONE E SANTITA': RETTA INTENZIONE"

30 agosto 2015 | 22a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
Vangelo: - "Sono le cose che escono dall'uomo a contaminarlo" (Mc 7,1-8.14-15)
Il tema delle Letture odierne è la tradizione, intesa come luogo o tempo in cui si manifesta la parola divina, cioè la rivelazione.
La prima Lettura ricorda agli Ebrei la necessità e
l'utilità di conservare i comandamenti, che sono l'essenza morale dell'insegnamento di Dio e della Legge, in quello che ha di più vivo e più universale.

La seconda Lettura sottolinea la centralità dell'ascolto della Parola di Dio, che però va messa in pratica, se si vuole renderla viva e operante.
Il Vangelo sottolinea gli elementi di rottura con l'Antico Testamento, ma soprattutto con la tradizione orale farisaica, che tendeva ad aggravare con infinite e minuziose norme le prescrizioni della Legge, e dall'altra parte mira a proporre una religione e una fede del cuore, che fonda la propria condotta non su pratiche esterne e pesanti, ma sulla rettitudine del cuore, da cui esce ciò che di buono o di cattivo c'è nell'uomo.

La religione ebraica prescriveva molte purificazioni ed abluzioni per essere accetti a Dio. Il cristianesimo invece punta sull'interiorità del cuore e della retta intenzione. Nell'antropologia biblica il cuore è il centro delle nostre facoltà interiori, il midollo della personalità: in concreto, equivale alla volontà, che è l'essenza del nostro io spirituale.

Perciò rifiutare di donare il cuore a Dio è alterare il vero e profondo rapporto con la divinità; donare invece il nostro cuore al Signore non è solamente soddisfare al nostro dovere di filiale sudditanza nei confronti del Creatore, ma è metodo e sorgente di lode e di glorificazione a Colui "dal quale viene ogni regalo ed ogni dono perfetto" (seconda Lettura).

Se è così non fa meraviglia che Gesù abbia insistito tanto per avere dai suoi seguaci l'offerta genuina del proprio cuore, mostrandosi disgustato quando si donava a Dio solo un culto puramente esteriore e insincero: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il cuore è lontano da me".
E chiamata di nuovo la folla, diceva: "Ascoltatemi. E' dal cuore degli uomini, dalle loro intenzioni che escono le fornicazioni, i furt, gli omicidi" e tutto l'elenco di quegli orribili delitti di cui ci parla il Vangelo odierno.

Già! Il cuore dell'uomo! E' veramente un segreto a lui stesso! Non per nulla gli antichi ponevano come somma filosofia il "conosci te stesso". Dal nostro cuore vengono le cose più sante, gli slanci più generosi ("un uomo di cuore", si dice); ma escono anche le cose più perverse e Gesù le elenca in un crescendo pauroso, che parte dalle intenzioni cattive per concludersi nella superbia e nella stoltezza.

Gesù condanna il fariseismo, il sentirsi a posto con Dio soltanto perché si osservano alcuni precetti. La vita cristiana ha la sua sorgente nel cuore dell'uomo, nella "conversione", cioè nel mutamento della mentalità, del modo di pensare e di giudicare le realtà del mondo.
Cura del cuore, quindi; santità che è interiorità e rettitudine d'intenzione. Il Vangelo non è un sonnifero per le nostre passioni, ma è una dinamite che ci scarnifica fino in fondo.


Una sera, il celebre predicatore radiofonico, Padre Leppich, concluse appunto la sua trasmissione da Radio Stoccarda dicendo: "Il Vangelo non è un sonnifero. Il Vangelo è dinamite. Consultate il vostro orologio, vi prego. In questo momento migliaia di uomini stanno sorridendo. Tuttavia, altre migliaia soffrono in un angolo qualsiasi del mondo, stesi sul tavolo delle operazioni chirurgiche. In questo stesso momento, sulla riva della Senna o in qualsiasi altro posto, vi sono donne talmente disperate che pensano al suicidio.
All'Est, decine di migliaia di persone fuggono. In altri luoghi, centinaia di migliaia vivono in campi di concentramento o in prigione. Tutto questo sta succedendo proprio in questi istanti. E ora io dovrei dirvi: "Buona notte".
Ma no… Se non avete fatto nulla e non volete far nulla per aiutare i vostri fratelli, io vi auguro una cattiva notte! Passate una notte senza pace. Vi auguro una notte senza alcuna tranquillità!".

Tale rimprovero ripete sotto altra forma la chiara riprovazione di Gesù per il formalismo e l'ipocrisia di chi, per amore di tradizioni umane ed usanze convenzionali, si rifiuta di captare e vivere la tensione del cristianesimo in tutto il suo profondo senso di sincerità, coerenza e interiorità.
Gesù ci chiama oggi a confidare nei valori interiori, a praticare incessantemente le opere della misericordia e della generosità, a prendere coscienza delle nostre responsabilità come anime consacrate.
NB/ Qui si potrebbero avere due conclusioni: una più breve l'altra più lunga…

1. Conclusione:

Gesù nel Vangelo di oggi ci parla precisamente della purezza del cuore.
Nel cuore risiede la bontà di un uomo o vi si annidano tutte le cattiverie.
La purezza è un dono gratuito di Dio, il quale purifica la nostra anima dal peccato per farne la Sua abitazione con la grazia. Perciò si è puri, finché ci si conserva strettamente uniti a Gesù.
La purezza è l'immagine di Dio in noi.
Una comitiva di zingari, di passaggio nella campagna polacca, si era fermata al pozzo, in un cortile.


Un bambino era rimasto incantato dallo zingaro: un pezzo d'uomo che aveva attinto acqua dal pozzo, e stava bevendo dal secchio, reggendolo con le sue forti mani, come si fosse trattato di una tazza.
Finito di bere, si asciugò la faccia bagnata e si chinò e scrutò il fondo del pozzo.
Il bambino, incuriosito, si alzò in punta di piedi e si chinò verso il parapetto per vedere che cosa ci fosse nel pozzo. Il gigante si accorse e lo sollevò tra le sue braccia. Gli domandò:
"Sai chi ci sta laggiù?".
Il bambino scosse il capo; ma poi, ripensandoci, disse: - Ci sta Dio.
"Guarda!" gli disse il gigante, e lo tenne alto sull'orlo del pozzo.
Nell'acqua ferma come uno specchio, il bambino vide riflessa la sua immagine: - Ma quello sono io!…".
"Ah! - disse lo zingaro - ora sai dove sta Dio".
Sì, lo zingaro aveva proprio ragione: Dio sta in ogni cuore puro.
Noi sappiamo benissimo che quando Dio creò l'uomo, disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza".
E Adamo, immagine di Dio, visse nel paradiso terrestre, finché si conservò puro, nell'amicizia di Dio.
E' questa la sorte di tutti coloro che conservano intatta l'immagine di Dio nel loro cuore: vivono come in paradiso.
Chiediamo quindi alla Madonna che conservi sempre puro e limpido il nostro cuore, affinché sia per Gesù un paradiso di delizie, e per noi una sorgente di gioia e di pace infinita.

2. Conclusione:

La cattiva intenzione

Luigi Pirandello, portando l'indice alla testa, diceva: "Il cattivo sta qui".

Infatti, non sono tanto le opere che denunciano la malvagità dei cuori, quanto piuttosto l'intenzione delle nostre azioni, un abituale modo di vedere la vita assolutamente anticristiano, le false apparenze che facilmente ci portano a dimenticare il vero fine della vita, la vera fratellanza, la giustizia, che vanno difese e amate ovunque e sempre.
Per il fatto di essere religiosi non possiamo disinteressarci dei grandi problemi che travagliano l'umanità intera.

Diceva Cesbron: " (Alcuni) cedono di non avere più egoismi perché li hanno messi al plurale".

E West aggiungeva: "Ricevere ed esigere è soltanto una faccia della medaglia dell'amore: dare è l'altra faccia, e soltanto lì si dimostra la buona qualità del conio".

A sua volta Jorge Borgés (1899) scriveva: "E' più facile morire per una religione che viverla integralmente".

Che importano le piccole devozioni o le osservanze esteriori, se il cuore è lontano da Dio? Gesù vuole il nostro cuore, la rettitudine delle nostre intenzioni.

L'intenzione dell'uomo è sommamente decisiva ai fini della vera moralità, perché è come la linfa di una pianta: se la linfa è buona o cattiva, la pianta darà frutti buoni o cattivi.

L'intenzione è la matrice morale che classifica le nostre azioni in senso religiosamente positivo o in senso negativo, sempre che tali azioni non siano già di per se stesse oggettivamente cattive.

Ogni nostro atto si colorisce di valore morale o di disvalore secondo la carica intenzionale di colui che agisce: se uno fa l'elemosina per farsi vedere è un superbo. Se fa l'elemosina per solidarietà è un galantuomo. Ma se uno fa un atto di carità al povero, perché vede in lui Gesù, allora abbiamo un'azione cristianamente valida e meritoria.

I fiori lanciati in aria da Santa Rosa da Lima con la precisa intenzione di innalzarli a gloria di Dio, formano, in alto, una croce luminosa d'incantevole bellezza, appunto come approvazione divina; mentre quelli del fratellino Ferdinando, gettati in aria solo per gioco, obbedendo alle normali leggi di gravitazione, ricadono subito a terra.

Non sono le azioni in se stesse che valgono dinanzi al Signore, ma è la purezza della ricerca: non sono i nostri atti che ci definiscono, ma è l'intenzione del cuore che ci rende accetti o meno graditi a Dio. Egli non guarda tanto a ciò che si dona, ma piuttosto al modo con cui si dona; non si compiace delle mani che offrono, ma predilige il cuore.

Agli occhi del Signore la differenza degli uomini non è segnata dal martello o dalla penna che essi adoperano, né dal bisturi o dal compasso che essi usano, non dai discorsi fatti in parlamento o in cattedra, né fa distinzione fra chi vola negli spazi da chi invece lavora nascostamente in un angolo della propria casa religiosa: il Signore misura la nobiltà e la grandezza morale solo dal cuore, dalla retta intenzione. Dinanzi a Lui un atto di amore vale più che tutto l'universo e la rettitudine morale per il Signore è come un cielo di luce.

NB/ Quanto qui di seguito è tra parentesi, si potrebbe saltare…

(Inoltre attraverso la retta intenzione possiamo superare l'apparente contraddizione fra azione e preghiera: il lavoro stesso diventa colloquio con Dio, preghiera.
Infatti, come le parole della consacrazione nella Santa Messa cambiano il pane nel Corpo di Gesù, così anche l'intenzione può trasformare in lode divina tutte le nostre azioni (cfr. Tobia 11,1-18).

Anzi, queste nostre stesse azioni giornaliere, talora noiose e dolorose, proprio in forza dell'intenzione vengono collegate fra loro dall'amore, come un filone d'oro, e diventano così parte di una liturgia personale di glorificazione a Dio: in tal modo il cristiano per mezzo della liturgia loda il suo Signore nel tempio e per mezzo della retta intenzione lo glorifica in casa, nella società, nell'universo.

Infine non dobbiamo dimenticare che dal proposito di fare tutto quanto per amore di Dio deriva all'anima consacrata tanta calma e serenità.


La sorgente della letizia interiore di Papa Giovanni XXIII era soprattutto quella sua volontà decisa di fare tutto quanto per la maggior gloria di Dio e di vivere in ogni istante secondo il beneplacito divino.
E' noto che il "Papa buono" viveva alla presenza di Gesù con la semplicità del bimbo che riposa sul seno della sua mamma. E' quella sua retta intenzione che determinava nel suo cuore come "un festino continuato" (Prov. 15,15).
Di certo, il pane come la libertà, sono indispensabili per l'uomo, ma il testimonio della buona coscienza è tutto per chi vuol vivere nella gioia).
Chi va all'estero può avere tanta moneta, ma non può comprare nulla, se non la cambia. Nel campo spirituale succede la stessa cosa: si possono avere e fare tante cose, ma solo con il cambio qualitativo mediante la retta intenzione possiamo comunicare con il paese di Dio e meritarci la divina approvazione, come leggiamo nel Salmo responsoriale di oggi: "Signore, chi abiterà nella tua dimora? Chi cammina con integrità ed agisce con rettitudine".

La Madonna ci conservi sempre un cuore retto e puro, affinché possiamo anche noi riposare come bimbi sul suo Cuore di Mamma.
                                                                        D. Severino GALLO sdb

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