Don Giorgio Scatto"Baciati da Dio nell'incontro con Gesù"
19° Domenica del Tempo Ordinario (anno B)
Letture: 1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51
MONASTERO MARANGO CAORLE (VE)
1Continua in queste settimane il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita.
«I Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo"».
Quelli che mormorano sono i rappresentanti della istituzione religiosa. Gesù aveva parlato di un dono che il Padre stava facendo agli uomini: «Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello
vero». Rifiutando il dono, essi rifiutano anche la sua origine divina. Conoscono molto bene la famiglia di Gesù, il suo paese, situato in un territorio privo di grandi memorie religiose, conoscono tutto di lui, e questo costituisce una pietra d’inciampo, un ostacolo insormontabile. Come può pretendere – quest’uomo – di avere un’origine divina?
«Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Era già capitato, quando il Maestro aveva chiesto ai discepoli di dire qualcosa su di lui, che non fosse una ripetizione di cose già viste. E alla risposta di Simone:«Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio», Gesù risponde: «Beato te, Simone, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». I Giudei, come sappiamo, sono persone che vedono Dio solo nella Legge, nella sua puntigliosa osservanza che discrimina e separa. San Paolo, che inizialmente apparteneva a questa categoria, arriva a dire che Cristo, con la sua Pasqua, ha abolito la Legge, proprio quella fatta di prescrizioni e di decreti. Cosa ha messo al suo posto? Un’altra Legge, più perfetta, più adatta ai tempi? No, ha messo la sua persona. Ora possiamo andare a Dio non attraverso il culto della Legge, ma nell’accoglienza della umanità di Gesù, nella quale il Padre ci mostra tutto il suo amore. Chi è fedele solo alla Legge, non può riconoscere che Dio è Padre, e che è sempre a favore dell’uomo.
Gesù è il dono del Padre, il segno del suo amore per tutti. E’ come il pane posto sulla tavola, perché tutti ne mangino. L’attività di Gesù, il suo amore per i poveri e gli oppressi, la sua prossimità, piena di misericordia verso tutti, non aiuta i cultori della Legge a porsi delle domande su Dio e sulla sua azione a favore dell’uomo. Non li aiuta ad aprirsi, a riflettere. Mi sono accorto che ci può essere anche una teologia, una spiritualità, una scienza che pretende di essere religiosa, e che invece separa e allontana dalla vita di Dio e dalla sua imprevedibile azione. Il grande teologo Karl Rahner, che ha scritto molti libri di non facile lettura e non accessibili a tutti, scriveva: «Se la teologia cessa di essere una teologia in ginocchio, nel senso di essere una teologia di un uomo che prega, per perdersi nei sentieri dell’intellettualismo, si degraderà in dilettantismo da borghesi antiquati». E questo lo capiscono tutti, anche i principianti. Mi sono talvolta scontrato con alcuni personaggi che si sono nutriti di codici e di codicilli, ma non hanno mai preso in braccio un bimbo o non hanno mai gioito del profumo di un fiore di campo. Come si fa ad essere esperti della Legge e non sapersi immergere nel mare profondo dello sguardo di Gesù, che è pura trasparenza dell’amore del Padre? Eppure, succede.
«Io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
I Giudei pensavano che la risurrezione finale fosse il premio dovuto a coloro che avevano perfettamente osservato tutta la Legge. Forse lo pensiamo ancora anche noi. Ma Gesù, che è l’unico che possiede pienamente la vita di Dio, afferma che la risurrezione dipende dall’adesione fiduciosa alla sua persona. Chiunque vede in Dio un alleato dell’uomo, e non un suo severo censore, si sentirà attratto verso Gesù.
E questo vale per tutti, non solo per alcuni o per un popolo che si sente privilegiato rispetto agli altri.
Va anche ribadito che Dio non è immediatamente rappresentabile. Quando lo vuoi rappresentare, vuoi costruirtelo a tua immagine, renderlo visibile, ti fabbrichi un idolo. Anche questo succede, tante volte. Mi domando quale volto di Dio abbiamo predicato, se molti continuano a pensarlo come un potente, un dispotico regnante, un concorrente dell’uomo. Nemmeno la sua Parola è immediatamente udibile. Già i nostri fratelli ebrei dicevano che Dio non parla l’ebraico. Dio parla attraverso gli eventi della storia, parla attraverso i profeti. Parla anche attraverso profondi silenzi e notti oscure. Parla attraverso Gesù. Egli è la sua Parola indefettibile, colui che ha un’esperienza piena e immediata dell’amore e della vita di Dio. Qualcuno, recentemente, ha affermato che Dio è un bacio. Noi siamo baciati da Dio nell’incontro con Gesù. Quelli che sono come mummie imbalsamate dalla Legge, dal diritto, dal freddo rigore della disciplina, non possono ascoltare Dio, perché non sanno essere a favore dell’uomo. Non lo vedono mai, perché vedono solo loro stessi. Per questo si oppongono a Gesù. Aderire a Gesù comporta per l’uomo una nuova qualità di vita che, per la sua pienezza, è definitiva. “Vita eterna” significa esattamente “vita compiuta, realizzata” nella quale il desiderio del cuore ha raggiunto il suo culmine. Per sempre. Questa vita piena ci è donata solo – lo ripeto ancora una volta – dall’incontro con colui che è la vita stessa, Gesù di Nazareth.
Anticamente la Legge era chiamata anche “pane”: osservare tutta la Legge voleva dire assicurare la vita per il mondo futuro. Gesù afferma di essere un pane che, fin da ora, senza aspettare la fine dei tempi, comunica all’uomo la vita del mondo definitivo.
«Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
La vita di Dio non si comunica al di fuori della realtà umana di Gesù. E’ la sua carne che comunica lo Spirito.
Attraverso il dono della umanità di Gesù, consegnata a noi fino alla morte sulla croce, Dio entra pienamente e per sempre nella nostra storia. Dio diventa uno di noi.
E’ una carne che cerca un incontro.
Giorgio Scatto
Letture: 1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51
MONASTERO MARANGO CAORLE (VE)
1Continua in queste settimane il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao sul pane di vita.
«I Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: "Io sono il pane disceso dal cielo"».
Quelli che mormorano sono i rappresentanti della istituzione religiosa. Gesù aveva parlato di un dono che il Padre stava facendo agli uomini: «Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello
vero». Rifiutando il dono, essi rifiutano anche la sua origine divina. Conoscono molto bene la famiglia di Gesù, il suo paese, situato in un territorio privo di grandi memorie religiose, conoscono tutto di lui, e questo costituisce una pietra d’inciampo, un ostacolo insormontabile. Come può pretendere – quest’uomo – di avere un’origine divina?
«Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Era già capitato, quando il Maestro aveva chiesto ai discepoli di dire qualcosa su di lui, che non fosse una ripetizione di cose già viste. E alla risposta di Simone:«Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio», Gesù risponde: «Beato te, Simone, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». I Giudei, come sappiamo, sono persone che vedono Dio solo nella Legge, nella sua puntigliosa osservanza che discrimina e separa. San Paolo, che inizialmente apparteneva a questa categoria, arriva a dire che Cristo, con la sua Pasqua, ha abolito la Legge, proprio quella fatta di prescrizioni e di decreti. Cosa ha messo al suo posto? Un’altra Legge, più perfetta, più adatta ai tempi? No, ha messo la sua persona. Ora possiamo andare a Dio non attraverso il culto della Legge, ma nell’accoglienza della umanità di Gesù, nella quale il Padre ci mostra tutto il suo amore. Chi è fedele solo alla Legge, non può riconoscere che Dio è Padre, e che è sempre a favore dell’uomo.
Gesù è il dono del Padre, il segno del suo amore per tutti. E’ come il pane posto sulla tavola, perché tutti ne mangino. L’attività di Gesù, il suo amore per i poveri e gli oppressi, la sua prossimità, piena di misericordia verso tutti, non aiuta i cultori della Legge a porsi delle domande su Dio e sulla sua azione a favore dell’uomo. Non li aiuta ad aprirsi, a riflettere. Mi sono accorto che ci può essere anche una teologia, una spiritualità, una scienza che pretende di essere religiosa, e che invece separa e allontana dalla vita di Dio e dalla sua imprevedibile azione. Il grande teologo Karl Rahner, che ha scritto molti libri di non facile lettura e non accessibili a tutti, scriveva: «Se la teologia cessa di essere una teologia in ginocchio, nel senso di essere una teologia di un uomo che prega, per perdersi nei sentieri dell’intellettualismo, si degraderà in dilettantismo da borghesi antiquati». E questo lo capiscono tutti, anche i principianti. Mi sono talvolta scontrato con alcuni personaggi che si sono nutriti di codici e di codicilli, ma non hanno mai preso in braccio un bimbo o non hanno mai gioito del profumo di un fiore di campo. Come si fa ad essere esperti della Legge e non sapersi immergere nel mare profondo dello sguardo di Gesù, che è pura trasparenza dell’amore del Padre? Eppure, succede.
«Io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
I Giudei pensavano che la risurrezione finale fosse il premio dovuto a coloro che avevano perfettamente osservato tutta la Legge. Forse lo pensiamo ancora anche noi. Ma Gesù, che è l’unico che possiede pienamente la vita di Dio, afferma che la risurrezione dipende dall’adesione fiduciosa alla sua persona. Chiunque vede in Dio un alleato dell’uomo, e non un suo severo censore, si sentirà attratto verso Gesù.
E questo vale per tutti, non solo per alcuni o per un popolo che si sente privilegiato rispetto agli altri.
Va anche ribadito che Dio non è immediatamente rappresentabile. Quando lo vuoi rappresentare, vuoi costruirtelo a tua immagine, renderlo visibile, ti fabbrichi un idolo. Anche questo succede, tante volte. Mi domando quale volto di Dio abbiamo predicato, se molti continuano a pensarlo come un potente, un dispotico regnante, un concorrente dell’uomo. Nemmeno la sua Parola è immediatamente udibile. Già i nostri fratelli ebrei dicevano che Dio non parla l’ebraico. Dio parla attraverso gli eventi della storia, parla attraverso i profeti. Parla anche attraverso profondi silenzi e notti oscure. Parla attraverso Gesù. Egli è la sua Parola indefettibile, colui che ha un’esperienza piena e immediata dell’amore e della vita di Dio. Qualcuno, recentemente, ha affermato che Dio è un bacio. Noi siamo baciati da Dio nell’incontro con Gesù. Quelli che sono come mummie imbalsamate dalla Legge, dal diritto, dal freddo rigore della disciplina, non possono ascoltare Dio, perché non sanno essere a favore dell’uomo. Non lo vedono mai, perché vedono solo loro stessi. Per questo si oppongono a Gesù. Aderire a Gesù comporta per l’uomo una nuova qualità di vita che, per la sua pienezza, è definitiva. “Vita eterna” significa esattamente “vita compiuta, realizzata” nella quale il desiderio del cuore ha raggiunto il suo culmine. Per sempre. Questa vita piena ci è donata solo – lo ripeto ancora una volta – dall’incontro con colui che è la vita stessa, Gesù di Nazareth.
Anticamente la Legge era chiamata anche “pane”: osservare tutta la Legge voleva dire assicurare la vita per il mondo futuro. Gesù afferma di essere un pane che, fin da ora, senza aspettare la fine dei tempi, comunica all’uomo la vita del mondo definitivo.
«Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
La vita di Dio non si comunica al di fuori della realtà umana di Gesù. E’ la sua carne che comunica lo Spirito.
Attraverso il dono della umanità di Gesù, consegnata a noi fino alla morte sulla croce, Dio entra pienamente e per sempre nella nostra storia. Dio diventa uno di noi.
E’ una carne che cerca un incontro.
Giorgio Scatto
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