FIGLIE DELLA CHIESA - LECTIO DIVINA «Tu hai parole di vita eterna»

La Parola Lectio XXI Domenica del Tempo Ordinario
Note del testo
Dinanzi all’iniziativa di Dio l’uomo e il popolo sono chiamati a prendere una posizione, a compiere una scelta. Le letture di questa domenica  pongono la loro attenzione proprio su questa decisione che interpella l’uomo e lo pone davanti a un’opzione che è per la vita o la morte.
Siamo alla conclusione del discorso sul pane di vita. Fino ad ora Gesù ha mantenuto l’iniziativa, rispondendo alle perplessità e alle mormorazioni dei Giudei. Ora sono gli stessi uditori che devono prendere una decisione. Avviene un importante cambiamento di soggetto: se prima erano i Giudei a manifestare incomprensione e ostilità, ora sono i discepoli ad avvertire la durezza di queste parole. Dai discepoli però sono distinti i dodici che, esposti alla medesima tentazione, rimangono fedeli. Essi sono legati alla persona di Gesù, anche se le parole sono ancora incomprensibili per loro.

Nella prima lettura Giosuè chiede una scelta decisa tra Jhwh e le divinità straniere, a cui Israele risponde con una professione di fede altrettanto ferma e decisa. Le esigenze della legge che il popolo deve osservare traggono la loro forza e autorità in ragione di un intervento gratuito e potente di Dio in favore d’Israele. Da qui nasce la necessità di ricordare quanto Dio ha fatto e compiuto, perché questo giustifica e fonda l’osservanza della legge. Il popolo d’Israele si trova davanti a uno di quei momenti in cui è invitato a riflettere sulla sua storia e sul dono di quella legge che implica una piena e totale appartenenza a Dio. L’adesione che Dio chiede attraverso le parole di Giosuè non ammette deroghe: Jhwh è infatti un Dio santo e geloso. L’alternativa dell’adesione a Dio non è la libertà, ma l’assoggettamento ad altri dei stranieri. L’uomo o il popolo che si allontana da Dio non sperimenta la libertà, ma la schiavitù dell’idolatria con l’illusione di aver trovato la strada della completa autonomia e libertà.



v. 60:

Sono i discepoli che dicono che il linguaggio di Gesù è duro. Sono coloro che hanno aderito alla proposta del Signore; questo linguaggio è duro: chi può intenderlo? Nelle parole di Gesù non c’è solo la risposta a una obiezione, ma c’è qualche cosa che ci dice ulteriormente cosa è l’Eucaristia. Notiamo che c’è sempre la connessione con la croce. Salire dov’era prima vuol dire salire al cielo, però si sale al cielo attraverso la croce, cioè l’innalzamento, come dice Giovanni. Il discorso del pane di vita, allora, è preludio, anticipazione e segno della croce che Gesù legge in questo modo. Gesù afferma che mediante l’Eucaristia noi veniamo resi partecipi, nel segno del pane e del vino, del mistero della croce che, per come si manifesta, dice la sussistenza di Gesù al Padre prima del mistero dell’incarnazione.



v. 61:

Gesù affronta lo scandalo, ma come accade spesso non ne riduce l’intensità ma l’amplifica: “E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?”. Con questa affermazione Gesù vuole condurre i suoi ascoltatori a riflettere ancora una volta sulla sua persona. L’ascesa corrisponde alla discesa di cui si è parlato nel discorso sul pane di vita. Ciò che scandalizza anche i suoi discepoli è in fondo la stessa pretesa dei Giudei, quella di conoscerne l’identità. Se si riconosce Gesù come unico mediatore per la salvezza, allora le sue parole non sono più dure, ma sono “Spirito e vita”. A chi crede alla rivelazione e mangia questo pane viene comunicato quello Spirito che può donare la vita.



v. 63:

Molti vorrebbero leggere qui un disprezzo per l’uomo. La carne è la natura umana, l’uomo con la sua intelligenza, la creatura. Questo significa che la creatura, con i suoi ragionamenti, qui non serve. Non è un disprezzo dell’uomo, della creatura: sarebbe un fraintendere completamente. È un modo per dire: Non potete affidarvi alla carne, la carne non serve qui. È lo Spirito che serve. Prima aveva detto: bisogna lasciarsi trascinare dal Padre.

Se Gesù si è fatto carne, si è fatto ciò che non giova a nulla perché, dice: “la carne non giova a nulla”. Questa è la gratuità di Dio. È fondamentale per riassumere tutto ciò che non serve, perché in lui tutto è dono. Allora, questo ci può portare a dire che Gesù non è un illuso sulla“ bontà delle nostre azioni: Gesù sa della nostra condizione, la assume e noi ci cibiamo di ciò che lui ha assunto. Pensiamo allora alla considerazione che dobbiamo avere per ciò che non giova a nulla, per una vita diversa da quelle da cui si può trarre vantaggio.

Questo è un punto molto importante per la nostra fede. Dove lo prendiamo lo Spirito? Come facciamo ad affidarci allo Spirito? “Le parole che vi ho detto sono Spirito e vita”: affidatevi alle parole che vi ho dette. Le parole che io vi dico danno spirito e vita, danno la vita. Lasciarsi attrarre dal Padre, lasciarsi portare dallo Spirito vuol dire afferrarsi alle parole di Gesù. Afferrarsi a quelle parole, fondarsi su quelle.

Opponendo la carne allo Spirito, Giovanni non distingue due parti dell’uomo, ma descrive due modi di essere. La carne è l’uomo lasciato a se stesso e ai limiti delle sue possibilità: non può da sé percepire il senso profondo delle parole e dei segni di Gesù, né credere. Lo Spirito è la potenza di vita che rischiara l’uomo, gli apre gli occhi, gli permette di discernere la parola che si esprime in Gesù. Le parole di Gesù sul pane celeste rivelano una realtà divina che è sorgente di vita per l’uomo. Solo lo Spirito può darne l’intelligenza.



v. 64:

Non deve sfuggire che Gesù dinanzi alla reazione negativa di chi ascolta non modifica nulla di quanto detto o richiesto. Non è Dio che si adegua all’uomo, ma è l’uomo che deve conformarsi alla volontà e alle esigenze di Dio.



v. 65:

Davanti alla difficoltà Gesù ricorda quanto ha già affermato: per andare a lui bisogna essere attratti dal Padre. Questa affermazione apre lo spazio della preghiera, che coltiva in noi il senso della fiducia. La fede, la comprensione profonda di Gesù e del significato della sua vita va richiesta, ma la fede è anche una scelta; rispetto ai discepoli l’interrogativo si pone come un bivio davanti al quale occorre prendere una decisione.



v. 68:

La professione di fede di Pietro è strettamente legata alla domanda che pone: “Signore, da chi andremo?”. Non bisogna avere nessun altro per potere avere fede: Signore, da chi andremo? In fondo, il cammino che Gesù ha fatto fare ai suoi discepoli, è un cammino in cui ha fatto perdere progressivamente a loro ogni sicurezza, che non fosse Lui. Qui è presente il mistero della nostra stessa vita. È la fine di ogni idolatria. Non a caso, per diverse volte, Gesù in questo brano ha fatto riferimento alle vicende del deserto, perché fosse posta fine a ogni idolatria. In fondo, davanti a Dio, va affermata e dichiarata la nostra fede perché è vero, non sappiamo dove andare.

Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,60-69)
«Tu hai parole di vita eterna»

            L`evangelista ci racconta che il Signore restò con dodici discepoli, i quali gli dissero: "Ecco, Signore, quelli ti hanno abbandonato". E Gesù rispose: "Anche voi ve ne volete andare?" (Gv 6,67), volendo dimostrare che egli era necessario a loro, e non loro erano necessari a Cristo.

            Nessuno s`immagini d`intimorire Cristo, rimandando di farsi cristiano, quasi che Cristo sarà più beato se ti farai cristiano. Diventare cristiano, è bene per te: perché, se non lo diverrai, con ciò non farai del male a Cristo. Ascolta la voce del salmo: "Ho detto al Signore: Tu sei il mio Dio, poiché non hai bisogno dei miei beni" (Sal 15,2). Perciò «Tu sei il mio Dio, poiché non hai bisogno dei miei beni». Se tu non sarai con Dio, ne sarai diminuito; ma Dio non sarà più grande, se tu sarai con lui. Tu non lo fai più grande, ma senza di lui tu diventi più piccolo. Cresci dunque in lui, non ritrarti, quasi ne ricavasse una diminuzione. Se ti avvicini a lui, ne guadagnerai; ti distruggi, se ti allontani da lui. Egli non subisce mutamento, sia che tu ti avvicini, sia che tu ti allontani.

            Quando, dunque, egli disse ai discepoli: «Anche voi ve ne volete andare?», rispose Pietro, quella famosa pietra, e a nome di tutti disse: "Signore, a chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68)...

            Il Signore si rivolse a quei pochi che erano rimasti: "Perciò Gesù disse ai dodici" - cioè a quei pochi che erano rimasti -: «"Anche voi ve ne volete andare?"» (Gv 6,67).

            Anche Giuda era rimasto. La ragione per cui era rimasto era già chiara al Signore, mentre a noi sarà chiara solo più tardi. Pietro rispose per tutti, uno per molti, l`unità per la molteplicità: "Gli rispose Simone Pietro: «Signore, a chi andremo?"» (Gv 6,68). Se ci scacci da te, dacci un altro simile a te. «A chi andremo?». Se ce ne andiamo da te, da chi andremo?

            "Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68). Vedete in qual modo Pietro, con la grazia di Dio, vivificato dallo Spirito Santo, ha capito le parole di Cristo. In che modo ha capito se non perché ha creduto? «Tu hai parole di vita eterna». Cioè, tu ci dai la vita eterna, nell`offrirci la tua carne e il tuo sangue.

            "E noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto" (Gv 6,69). Non dice Pietro, abbiamo conosciuto e abbiamo creduto, ma «abbiamo creduto e abbiamo conosciuto». Abbiamo creduto per poter conoscere; infatti se prima volessimo sapere e poi credere, non saremmo capaci né di conoscere né di credere. Che cosa abbiamo creduto e che cosa abbiamo conosciuto? "Che tu sei il Cristo Figlio di Dio (ibid.)", cioè che tu sei la stessa vita eterna, e tu ci dai, nella carne e nel sangue tuo, ciò che tu stesso sei. (Agostino, Comment. in Ioan., 11, 5; 27, 9)

L`Eucaristia, pane spirituale

            Nella notte in cui nostro Signore Gesù Cristo fu tradito, prese il pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Poi prese il calice e reso grazie disse: Prendete e bevete, questo è il mio sangue (cf. 1Cor 11,23-25). Gesù stesso si è manifestato dicendo del pane: «Questo è il mio corpo». Chi avrebbe ora il coraggio di dubitarne? Egli stesso l`ha dichiarato dicendo: «Questo è il mio sangue». Chi lo metterebbe in dubbio dicendo che non è il suo sangue?

            Egli di sua volontà una volta cambiò a Cana di Galilea (cf. Gv 2,1-11) l`acqua in vino, e non è degno di fede se muta il vino in sangue? Invitato alle nozze fisiche fece questo miracolo strepitoso. E noi non lo confesseremo molto più, avendo dato ai figli dello sposo (cf. Mt 9,15; Lc 5,34) la gioia del suo corpo e del suo sangue?

            Con ogni sicurezza partecipiamo al corpo e al sangue di Cristo. Sotto la specie del pane ti è dato il corpo, e sotto la specie del vino ti è dato il sangue perché tu divenga, partecipando al corpo e al sangue di Cristo, un solo corpo e un solo sangue col Cristo. Così diveniamo portatori di Cristo spandendosi il suo corpo e il suo sangue per le nostre membra. Così secondo il beato Pietro noi diveniamo "partecipi della natura divina" (2Pt 1,4).

            Una volta Cristo parlando ai giudei disse: "Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avete in voi la vita" (Gv 6,53). Quelli non intendendo spiritualmente le sue parole se ne andarono scandalizzati (cf. Gv 6,61.66), credendo che il Salvatore li invitasse alla sarcofagia.

            C`erano nell`Antico Testamento i pani della proposizione (cf. Lv 24,5-93; 1Mac 1,22; 2Mac 10,3) i quali proprio perché dell`Antico Testamento sono terminati. Nel Nuovo Testamento è un pane celeste e un calice di salvezza (cf. Sal 116,4) che santificano l`anima e il corpo. Come il pane è proprio per il corpo, così il Logos è proprio per l`anima.

            Non ritenerli come semplici e naturali quel pane e quel vino; sono invece, secondo la dichiarazione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda. Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione tu che sei giudicato degno del corpo e del sangue di Cristo...

            Avendo appreso queste cose hai piena coscienza che ciò che ti pare pane non è pane, anche se al gusto è tale, ma corpo di Cristo, e il vino che pare vino non è vino, anche se il gusto l`avverte come tale, ma sangue di Cristo. Di ciò anticamente David cantando disse: "Il pane fortifica il cuore dell`uomo, e il suo volto brilla d`olio" (Sal 104,15). Fortifica il tuo cuore, prendendo il pane come spirituale e si rallegri il volto della tua anima. Il tuo volto discoperto in una coscienza pura possa riflettere come in uno specchio la gloria del Signore (cf. 2Cor 3,18) e progredire di gloria in gloria nel Cristo Gesú nostro Signore al quale sia gloria nei secoli dei secoli. (Cirillo di Gerus., Catech. IV mist., 1-6.9)

I sacrifici dell`Antico e del Nuovo Testamento

            Ritieni con somma fermezza e non dubitare affatto che lo stesso Verbo di Dio, unigenito e fatto carne, offrì se stesso per noi in sacrificio e ostia a Dio, in odore di soavità (cf. Ef 5,2). A lui, al tempo dell`Antico Testamento, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, venivano sacrificati gli animali, dai patriarchi, dai profeti e dai sacerdoti; a lui ora, ai tempi del Nuovo Testamento, insieme con il Padre e lo Spirito Santo - con i quali egli ha l`identica natura divina - la santa Chiesa cattolica non cessa di offrire su tutta la terra, in fede e amore, il sacrificio del pane e del vino. Quelle vittime carnali erano una raffigurazione della carne di Cristo che egli, senza peccato, avrebbe immolato per i nostri peccati, e del sangue che avrebbe sparso in remissione dei nostri peccati.

            Questo sacrificio invece, è un ringraziamento e una commemorazione della carne di Cristo che egli offrì per noi, e del sangue che Dio stesso versò per noi. Di lui dice il beato Paolo negli Atti degli Apostoli: "Badate a voi e a tutto il gregge, in cui lo Spirito Santo vi ha posti come sovrintendenti per reggere la Chiesa di Dio, che ha acquistato con il suo sangue" (At 20,28). Quei sacrifici dunque rappresentavano simbolicamente ciò che a noi sarebbe stato donato; questo sacrificio invece mostra chiaramente ciò che ci è già stato donato. Quei sacrifici annunciavano che il Figlio di Dio sarebbe stato ucciso per i peccatori, questo invece annuncia che il Figlio di Dio è già stato ucciso per i peccatori, come attesta l`Apostolo che Cristo, "quando noi eravamo ancora infermi, a tempo opportuno, è morto per gli empi" (Rm 5,6) "e che quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio" (Rm 5,10). (Fulgenzio di Ruspe, De fide, 19, 60)




Noi siamo in Cristo un solo corpo, come l`acqua e il vino nel calice

            In verità, poiché noi tutti portava il Cristo, il quale portava altresì i nostri peccati, possiamo veder simboleggiati nell`acqua il popolo e nel vino il sangue di Cristo. Quando, in effetti, acqua e vino si mescolano nel calice, il popolo è raccolto in Cristo e la massa dei credenti si unisce e congiunge a lui, nel quale ha creduto. Una unione e congiunzione di acqua e vino, risultante da una mescolanza tale nel calice del Signore, che quella commistione non può più vicendevolmente separarsi.

            Di qui la conseguenza che neppure la Chiesa, cioè il popolo costituito come Chiesa, perseverante fedelmente e fermamente in ciò che ha creduto, nessuna cosa potrà separare da Cristo, sì da essere sempre unita e da restare un amore indivisibile.

            Dimodoché, il calice del sacrificio del Signore non può essere offerto con la sola acqua, e neppure con il solo vino. Infatti, se uno, per caso, offrisse il solo vino, il sangue di Cristo comincerebbe ad essere senza di noi; se invece fosse solo l`acqua, il popolo resterebbe senza Cristo. Quando poi l`uno e l`altra si mescolano e le confuse adunanze si uniscono tra loro vicendevolmente, allora si compie il sacramento spirituale e celeste. Per cui, il calice del Signore non è né la sola acqua, e neppure il solo vino, se l`uno e l`altra non si mescolano tra loro, come pure il corpo del Signore non può essere fatto di sola farina o di sola acqua, se entrambe non siano state radunate e congiunte sí da formare un solo pane solidamente compaginato.

            Ed è in questo stesso sacramento che il nostro popolo si mostra radunato; sicché, come molti chicchi raccolti insieme, macinati e intrisi formano un unico pane, così del pari in Cristo che è il pane del cielo, sappiamo di essere un sol corpo, nei quale noi tutti veniamo radunati e compaginati. (Cipriano di Cartagine, Epist., 63, 13)

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