MACHETTA Domenico SDB "Quale vita? La vita eterna"

2 agosto 2015 | 18a Domenica Tempo Ordinario B | Appunti per la Lectio
1ª LETTURA: Es 16,2-4.12-15
Tra l'uscita dall'Egitto e l'entrata nella Terra promessa c'è il tempo intermedio del deserto, il cammino faticoso di quarant'anni. Quaranta è il numero del tempo provvisorio, della prova. Il popolo deve affrontare le fatiche insite nel diventare liberi. Ad ogni difficoltà il popolo dell'Esodo
"mormora". Dio rende dolci le acque di Mara, li nutre con la manna, moltiplica i suoi interventi, ma il popolo non cessa di "mormorare".
È un verbo che ritroveremo nel Vangelo di Giovanni. La generazione dell'Esodo è la generazione di sempre, una generazione perversa, dal cuore duro, che cerca "segni". È la nostra generazione. Ogni mattina siamo invitati dal salmo 94/95 a non indurire il nostro cuore come a Massa e Meriba.

VANGELO: Gv 6,24-35
Gesù, nella sinagoga di Cafàrnao, dice alle folle: "Procuratevi il cibo che dura per la vita eterna". È un cibo che solo il Figlio dell'uomo può dare, "perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Lo "stampo" perfetto di Dio è su di lui. Gesù è l'Adamo perfetto. Gli dicono subito:
"Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?". La risposta di Gesù è di un'importanza fondamentale:
"Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato". Non si tratta di opere, ma di una sola opera: "Che crediate in colui che egli ha mandato". "Credere in" (greco: eis), che vuol dire adesione totale, fidarsi totalmente,
"giocare la vita per...".
Si tratta di conversione. Se c'è l'opera, verranno anche le opere. Si può anche coprire con tante opere la mancanza dell'opera, della scelta radicale di Gesù. Perché uno può anche buttarsi nelle opere cercando se stesso. L'opera, questo "credere in", suppone la morte di se stessi, il perdere la propria vita. È un cammino, un moto a luogo (eis + accusativo), un itinerario; è la fede. Naturalmente, questo "credere in" non è in potere dell'uomo, viene dall'alto, perché "il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo".
Quando uno incomincia a dire di "sì" al Signore, a decidersi senza riserve per lui, incomincia un travaglio, un percorso di capovolgimento. Dio incomincia a disorientarti, a farti toccare il tuo limite, anche l'esperienza di impotenza, fino a smontarti tutto. Quando sei ben rovesciato, allora ti ributta nel campo, ma ci vai in modo diverso, ti accorgi di non essere più necessario; non ti preoccupi più di fare tante cose, ma del modo con cui fare le cose; ti sentirai inviato da lui, che è il padrone della vigna e della messe; capirai che, prima che a te, il mondo sta a cuore a lui. Bisogna decidersi per l'unica opera: dire di sì al Signore.
Si sente in Giovanni il grande tema del libro dell'Esodo: lo scopo della liberazione dall'Egitto è l'Alleanza nuziale del Sinai. "Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me" (Es 19,3-4). "Venire a me", "credere", indicano la stessa realtà, lo scopo della nostra vita. Quando il popolo si accorge che il fine della liberazione non è il benessere materiale, ma l'incontro con Dio, va in crisi. Nel Vangelo si parla di pane della vita. Quale vita? La vita eterna, che Gesù, nella preghiera sacerdotale, definirà così: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3).
Davanti a questa realtà, continua oggi ad andare in crisi la generazione di Massa e Meriba, quella generazione del benessere che pretende segni, a cui non viene dato altro segno che quello di Giona.

MACHETTA Domenico

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