P. Ermanno Rossi O.P"Puri e impuri. "

XXII Domenica Ordinaria – Anno B
(Mc 7, 1-8.14-15.21-23)
«Il capitolo VII di Marco ci offre un interessante dibattito intorno alla legge e alla tradizione. La pagina, se letta con attenzione, è di grand’attualità.
«Gli scribi sono i teologi e gli interpreti della legge: la loro ambizione era la fedeltà alla volontà di Dio. Ma credevano di essere fedeli
“ripetendola” e pensavano di essere attuali frantumandola in una casistica sempre più complicata. In tal modo finivano col chiudere la legge e con l'allontanarla sempre più dall'autentica volontà di Dio. Non è allargando o modificando la casistica che si attualizza la legge»[1].
Non abbiamo, ora, il tempo di fare dei rilievi storici sui farisei o sul pensiero dei maestri saggi d'allora. Basti dire che lo stesso Talmud elenca sette classi di farisei, di cui le prime cinque sono espressamente rimproverate e definite ipocrite. Il vangelo, riferendo la polemica tra Gesù e i farisei, semplifica e generalizza.
In realtà, il fariseo è l'espressione di una “logica” che può allignare dovunque. Fu presente - al tempo degli apostoli - anche tra i cristiani di origine giudaica: costoro, per motivi analoghi, non accettavano la comunione di mensa coi pagani[2]. Questa mentalità portò Paolo a rilevare la gratuità della salvezza: è la fede che salva, non la fiducia farisaica nell'osservanza della legge. C'è sempre la tendenza a fidarsi delle proprie opere, a confondere comandamento di Dio e tradizione degli uomini, a moltiplicare le osservanze secondarie a scapito dell'essenziale.
Quali insegnamenti possiamo, dunque, ricavare dalle parole di Gesù?
1. Ecco una prima affermazione importante: comandamento di Dio e tradizione degli uomini devono essere tenuti distinti perché non sono sullo stesso piano: perenne è il primo, provvisorio è il secondo.
Dice, infatti, Gesù:
«Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate le tradizioni degli uomini» (v. 8).
2. «Una seconda affermazione: Gesù rifiuta la distinzione giudaica fra puro e impuro, fra una sfera religiosa separata, in cui Dio è presente, e una sfera ordinaria, quotidiana, in cui Dio è assente»[3].
Gesù c’insegna che non c'è contrapposizione tra sacro e profano, non c'è divisione tra gli uomini, fra puri e impuri. Ricordiamo la faccenda dei cibi puri e impuri, e l'opinione dei farisei che, andando al mercato, c'era il pericolo di un’impurità, a causa del probabile contatto con peccatori e pagani. Abbiamo anche noi dei pericoli simili? Penso di sì, ad esempio verso gli extracomunitari, verso gli uomini di colore. C'è il pericolo di non considerarli fratelli, in tutto uguali a noi, di tenerli un po' alla larga, di nutrire verso di loro antipatia, non parlo poi del razzismo che spero sia condannato da tutti noi; ma qualche cosa può infiltrarsi inconsciamente anche in noi.
3. «Infine l'assurda tradizione del coràn (che permetteva ai figli, facendo una piccola offerta al Tempio, di disobbligarsi con coscienza tranquilla dal dovere di mantenere i genitori vecchi) rivela un'altra stortura: la casistica elaborata e ipocrita che finisce col vanificare quella legge che pretenderebbe servire»[4].
Può capitare anche a noi qualche cosa di simile? Io non so quali ragionamenti facciano coloro che si liberano dei propri genitori anziani relegandoli in case di ricovero, in particolare nel periodo di vacanza; se questo fosse fatto a loro, sarebbero contenti? Io ho visto piangere varie mamme anziane! Non parliamo, poi, dei maltrattamenti che vengono loro riservati! È penosissimo ascoltare queste confidenze, non infrequenti!
Dunque, ciò che contamina l'uomo non è ciò che entra nel corpo, ma ciò che esce dal cuore: sono i nostri cattivi pensieri, i nostri cattivi propositi, l'odio, il rancore… Sarà bene tenerci lontani da tutto questo.


Sono un Padre Domenicano della Provincia Romana e, attualmente, risiedo presso il Convento di San Domenico a Perugia.

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