PADRE BALDO ALAGNA"CELEBRARE L’AMORE DEL PADRE…"

 31 luglio, 2015 at 18:37
Lettura Evangelica: (Giovanni 6,24-35) In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma
perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Commento alla Liturgia della Parola – Il vangelo di oggi ci ha introdotti nel vivo del discorso eucaristico di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Ap­parentemente, questo discorso non fa che ripetere in di­versi modi (ora in positivo, ora in negativo) gli stessi concetti: Io sono il pane della vita; la mia carne è veramente cibo; chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna. E nello stile di Giovanni svolgere un pensiero come per volute e ripetizioni cicliche. Se si guarda bene, però, ogni voluta ha un suo vertice e ogni ripetizione introduce una novità. Il vertice del brano è dato dalla per­sona del Padre: Non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi da’ il pane dal cielo quello vero. Gesù è un pane sul quale il Padre ha messo il suo sigillo. E uno spunto per svolgere un aspetto nuovo dell’Eucaristia: l’Eucaristia e la Trinità.

L’Icona di Abramo che ri­ceve i tre pellegrini. C’è una celebre icona russa di Rublev che, ispirandosi all’episodio di Genesi 18, 1-5, rappresenta la Trinità sotto forma di tre figure angeliche molto giovanili, leggere e slanciatis­sime. Nella loro quiete profonda, esse disegnano un movi­mento circolare, come una coppa, mentre con i gesti che si richiamano tra loro esprimono l’unità totale che li lega: l’uno s’immerge con lo sguardo nell’altro e si compenetra nell’altro. Le tre figure sono disposte intorno a una men­sa, sulla quale c’è una coppa con dentro la figura di un agnello. Un’idea teologica stupenda: la Trinità è raccolta nell’Eucaristia ed avvolge l’Eucaristia! Le tre persone divine sembrano dire a chi guarda: Siate una cosa sola come noi siamo una cosa sola! (cf. Gv. 17, 21). Oggi ci soffermiamo su una di queste misteriose pre­senze che circondano il nostro altare: il Padre (tratteremo dello Spirito Santo domenica prossima).

Il Padre mio vi dà il pane dal cielo: l’Eucaristia è, dunque, dono del Padre, un dono che prolunga quello del­l’Incarnazione: Dio ha tanto amato il mondo da dare a noi nell’Incarnazione (e continuare a darlo nell’Eucaristia) il suo Figlio unigenito (cf. Gv. 3, 16). La vita che viene a noi nell’Eucaristia è la vita che ha come fonte e principio il Padre e che attraverso Gesù Cristo si è riversata nel mondo: Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me (Gv. 6, 57). Nell’offertorio, rivolti a Dio Padre, diciamo: « Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pa­ne». Ora sappiamo fino a che punto ciò è vero; è vero del pane che offriamo, ma anche del pane che riceviamo, cioè dell’Eucaristia. L’Eucaristia, dunque, viene dal Padre. Ma la cosa più importante è quest’altra: l’Eucaristia conduce al Padre. Nella liturgia della Messa, ciò è messo in risalto dal fatto che tutto è proteso verso il Padre: il Canone è un dialogo, in cui la Chiesa, corroborata e, per così dire, tenuta in piedi dallo Spirito Santo, per mezzo di Gesù, si rivolge al Padre. Ma domandiamoci in che senso l’Eucaristia ci conduce al Padre. Per rispondere, bisogna sapere cos’è l’Eucaristia. Non è « una cosa » che si confeziona e si riceve, come si era indotti a pensare talvolta in anni passati. Questa è un’idea statica dell’Eucaristia, quasi materialistica. L’Euca­ristia – si diceva domenica scorsa – è anzitutto un even­to, qualcosa di dinamico. Nell’Eucaristia non c’è qualcosa, ma avviene qualcosa: un evento che determina, una pre­senza reale personale. E qual è questo evento? Gesù che offre tutto se stesso al Padre in oblazione perfetta, donan­dosi concretamente agli uomini: Cristo ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore (Ef. 5, 2): definizione perfetta e insuperabile dell’Eucaristia; essa è offerta di sé in sacrificio al Padre, ma a beneficio dei fratelli; ci sono tutti gli elementi!

In Gesù l’obbedienza perfetta del Nuovo Adamo. Quel « sì» libero che Dio ricercava dai giorni della creazione, senza mai ottenerlo né da Adamo, né da nessun altro, ora lo ottiene da Gesù. La volontà divina trova finalmente il pieno compimento in una libertà uma­na. Come una goccia di rugiada appesa a un fiore riflette l’intera volta azzurra del cielo, così la libertà di Gesù ab­braccia tutto il volere del Padre; c’è una sintonizzazione perfetta, un canale che si stabilisce tra cielo e terra e riapre il dialogo tra Dio e l’uomo. Si realizza così la piena compiacenza del Padre: Per questo il Padre mi ama: perché io of/ro la mia vita (Gv. 10, 17). La compiacenza di Dio che si era interrotta al se­sto giorno della creazione, ora ricompare sulla terra. Essa vagava, per così dire, senza avere dove posarsi, come la colomba uscita dall’arca di Noè, perché la terra era som­mersa dalle acque della ribellione (« le acque di Meriba »). Ora ha dove posarsi e difatti su Gesù, nel Giordano, si posa la colomba e con essa lo Spirito Santo, che è la com­piacenza del Padre: Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto (Mc. 1, il). Si realizza così la nuova creazione; il Padre guarda e si compiace di nuovo; tra cielo e terra ricompare, come dopo il diluvio, l’arcobaleno del­l’Alleanza. Ma, attenzione: di che cosa si compiace in realtà il Padre? Forse della sofferenza, del sangue e della morte del Figlio? Sarebbe mostruoso pensarlo! Si compiace dell’amo­re che quella morte dimostra e, per così dire, «libera »!

“Voglio l’amore, non il sacrificio!”, dice Dio (Os. 6, 6). Il profumo non si sprigiona se non 5 infrange il vaso d’ala­bastro che lo contiene; ma ciò che piace non è il vaso rotto, è il profumo che c’è dentro. Dio – diceva Mosè al po­polo eletto – ti ha umiliato e ti ha messo alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore (Deut. 8, 2): questo vale di ogni prova che viene da Dio, anche della prova suprema dell’uomo-Dio; Dio prova sempre per tirare fuori il meglio dal cuore dell’uomo. Dicevamo la compiacenza del Padre; essa fu tale che egli non riuscì a tenerla segreta; esplose in tutta la sua forza e fu la Risurrezione! Il Padre ha risuscitato il Figlio suo da morte; voi l’avete ucciso, Dio l’ha risuscitato! (cf. Atti, 2, 23ss.). La Risurrezione è proprio questo: la so­lenne accettazione del Padre, l’Amen potente pronunciato sul sacrificio del Figlio: Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte… Per questo Dio l’ha esaltato (Fil. 2, 8s.). Questo fu l’Eucaristia-evento, cioè l’evento da cui nacque l’Eucaristia. Quando si dice il « mistero pasquale », si intende innanzitutto questo: l’obbedienza del Figlio spin­ta fino alla morte e la compiacenza del Padre spinta fino alla Risurrezione.

Oggi ! L’Eucaristia-sacramento è il rito che ripresenta, o attualizza oggi quell’evento. Esso esprime la forza che il sacra­mento possiede di rendere attuale, di oggi, l’obbedienza di Cristo e la compiacenza del Padre. Gli eventi, per la forza spirituale della memoria eucaristica, divengono contem­poranei nostri, o noi diventiamo contemporanei degli eventi. « Noi eravamo là! », dicevano gli Ebrei, ricordando l’Esodo nella cena pasquale; noi eravamo là, sotto la croce…; il vuoto di duemila anni è come annullato. Oggi sale dalla terra la grande obbedienza di Gesù e oggi scende dal cielo la grande compiacenza del Padre. Nell’Eucaristia è dato a noi di entrare in quel ro­veto ardente di obbedienza e di compiacenza; entrarvi, ma non per uscirne come si è entrati. Dall’Eucaristia non si esce mai « indenni », quando la si celebra veramente; essa brucia, consuma, assimila a Gesù, « contagia ». Noi entriamo in quel cerchio ideale dove cade tutta la com­piacenza del Padre e dal quale si leva ogni lode: « Per Cri­sto, nell’unità dello Spirito Santo, a te Dio Padre onni­potente, ogni onore e gloria! ».

L’Eucaristia è sacrificio di lode. Non c’è altra strada: nessuno va al Padre se non per mezzo di Gesù, cioè – ora e in con­creto – se non per mezzo dell’Eucaristia L’Eucaristia è la fessura nella roccia. Il mondo divino, la Trinità, è per noi una roccia impenetrabile e inaccessibile; ma si è aperto un varco, una porta, un costato, e per esso abbiamo accesso a Dio: Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo (Gv. 10, 9). La nostra vita entra, di nascosto, con Cristo in Dio! (cf. Col. 3, 3). Il Padre deve dire anche su di noi: «Tu sei mio figlio diletto: in te mi sono compiaciuto! ». E questo perché ci vede un tutt’uno con il Figlio. Non si tratta però di entrare semplicemente nella compiacenza del Padre, ma nella comunione con lui. Dio Padre pone anzitutto il principio dommatico: nell’Euca­ristia riceviamo la natura divina del Verbo incarnato; ma questa natura è unica e indivisa tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Figlio l’ha ricevuta dal Padre nella sua eterna generazione. Attraverso il Verbo incarnato, noi dunque « attingiamo » il Padre. L’umanità che Cristo ha in comune con noi ci permette di entrare in contatto con la divinità che egli ha in comune con il Padre. In questo senso profondo egli è il mediatore tra noi e Dio.

Importante capire l’Eucarestia per vivere da cristiani. Il comprendere l’eucarestia può permetterci di avere in noi « gli stessi sentimenti » che furono in Cristo Gesù. Uscendo dalla messa, infatti, possiamo dire le parole che Gesù pronunciò en­trando nel mondo: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà (Ebr. 10, 7). Ecco io vengo: alla fatica, allo stu­dio, ai conflitti, nei combattimenti di ogni giorno, al servizio dei fratelli. Il corpo, cioè la vita con tutte le sue risorse e in primo luogo la salute, ci appare un mezzo per fare la volontà del Padre, per aprire davanti a lui il vaso della nostra vita e farne uscire profu­mo di amore e di obbedienza: Vi esorto fratelli a offrire i vostri corpi in sacrificio spirituale, santo e gradito a Dio (Rom. 12, 1). Questo ci attira la sua compiacenza che è vita per noi. La compiacenza del Padre ha un nome proprio: si chiama lo Spirito Santo! Dobbiamo concepire un desiderio ardente: essere in questa Messa, con Gesù, l’Agnello immolato, dentro quella coppa al centro della tavola, sulla quale, nell’icona di Rublev, si appuntano gli sguardi dolcissimi e le dita benedicenti del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

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