Umberto DE VANNA sdb"CUORE"

30 agosto 2015 | 22a Domenica - Tempo Ordinario B | Omelia
22a Domenica - Tempo Ordinario 2015
Per cominciare
Da questa domenica ritorniamo alla lettura continua del vangelo di Marco, che ci presenta una pagina polemica di Gesù, che contesta il legalismo e il fariseismo di coloro che praticano le leggi solo esteriormente, senza metterci il
cuore. Perché è dal cuore che nasce ogni virtù e trovano radice i nostri vizi.
La parola di Dio

Deuteronomio 4,1-2.6-8. Mosè presenta agli israeliti la legge, trasmessa da lui, ma che proviene da Dio ("Osserverete i comandi del Signore", dice). Legge che non può essere modificata perché non è opera di uomini, ma appunto di Dio. Questa legge, dice Mosè, sarà l'orgoglio del popolo perché lo apre alla saggezza e all'intelligenza, ma soprattutto perché è il segno della vicinanza del Signore al suo popolo.
Giacomo 1,17-18.21b-22.27. Comincia oggi e ci accompagnerà per cinque domeniche la lettera di Giacomo, che offre vivaci riflessioni sulla morale evangelica. Giacomo esorta i cristiani ad accogliere la parola di Dio, ma anche a metterla in pratica.
Marco 7,1-8.14-15.21-23. Dopo aver meditato, per cinque domeniche, il discorso di Gesù sul pane di vita, riprendiamo la lettura continua del vangelo di Marco, che ci accompagnerà fino alla fine dell'anno liturgico. Gesù entra in polemica con alcuni farisei e scribi venuti da Gerusalemme. Essi rinfacciano ai suoi discepoli di non rispettare il rito delle purificazioni, ma Gesù li difende e li invita a dare autenticità e interiorità alle pratiche della legge, evitando ogni ipocrisia e la pura esteriorità.

Riflettere...

o Oggi ci viene proposta una parte del capitolo sette di Marco, un lungo insegnamento di Gesù sul tema dell'osservanza della legge.
o Il popolo ebraico, a partire dall'alleanza del Sinai, si è arricchito di una legislazione di cui andrà giustamente fiero. La legislazione per un popolo è sempre una conquista di civiltà, altrimenti prevale la legge della giungla, la giustizia privata, la legge del più forte.
o Per l'ebreo poi, che faceva risalire la sua legislazione a Dio attraverso Mosè, la legge era anche il segno dell'alleanza e della predilezione di Dio. La legge ha sempre avuto per le autorità e il popolo ebraico un carattere sacro, e proprio per questo con il tempo divenne qualcosa di intoccabile. Inoltre, poco alla volta, per varie forme di estensione, forse anche per averne maggior rispetto, le autorità l'avevano caricata di tante altre norme. E al tempo di Gesù non si distingueva più tra legge e legge e tutto era da osservare con il massimo scrupolo e senza eccezioni.
o Alcuni farisei e maestri della legge venuti da Gerusalemme entrano in polemica con Gesù proprio a riguardo dell'osservanza della legge. Il maestro ha già insegnato e fatto miracoli straordinari e la sua fama è giunta fino alla capitale. Essi hanno visto che i suoi discepoli prendono cibo "con mani impure, cioè non lavate" e ne sono indignati.
o Molte erano le cose che se toccate rendevano impuri presso gli ebrei, e per essere garantiti, nessuno prendeva cibo senza lavarsi accuratamente le mani. "Accuratamente" voleva dire lavarsi fino al gomito, lavarsi due volte e con una certa quantità stabilita di acqua. La prescrizione di lavarsi le mani (e anche i piedi) nella Bibbia era riservata ai sacerdoti del tempio (Es 30,17-21), ma alcuni avevano adottato quest'usanza anche nelle case e la pratica si era pian piano diffusa tra il popolo, con la convinzione che il precetto fosse stato dato direttamente dal Signore. Per questo obbligava in modo assoluto.
o Naturalmente quello del lavarsi le mani è solo un esempio, perché le prescrizioni che si erano accumulate erano molto più numerose. E questo spiega la reazione di Gesù che appare quasi sproporzionata e radicale. Gesù infatti non si limita a polemizzare sul lavarsi le mani, ma mette in discussione l'interpretazione stessa che le autorità davano alla legge e alla tradizione.
o Sapendo di poterlo dire, Gesù li accusa apertamente di "ipocrisia" e di superficialità, di aver aggiunto alla legge di Dio disposizioni che sono nate per iniziativa di uomini, e di averli presentati come se venissero da Dio. E per dare peso alle sue parole, cita il profeta Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini" (Mc 7,6-7).
o Con la citazione di Isaia, Gesù allarga il discorso e presenta il centro del suo pensiero sulla legge e su tutto ciò che è puro e ciò che è impuro. Il pretesto glielo danno gli apostoli, che rientrati in casa lo interrogano.
o Il pensiero di Gesù è chiaro. Va rifiutata ogni forma di religiosità puramente formale, esteriore, rituale, abitudinaria, che non nasca dal cuore, che non coinvolga la persona, ma sia semplicemente qualcosa che viene compiuto per sola tradizione. Di chi intende ingraziarsi la divinità con una specie di scambio: io ti offro un capretto e tu mi mandi la pioggia; che maschera con l'osservanza esteriore di alcune leggi l'indisponibilità a cambiare vita, a evitare ingiustizie e discriminazioni. La vera religione invece, come dice anche Giacomo, è "visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo (Gc 1,27).

Attualizzare

* È assolutamente affascinante questo Gesù che si fa difensore dei suoi apostoli dalle accuse lanciate dai farisei e dai maestri della legge, e che - senza peli sulla lingua e dando vita a una diretta e aperta polemica - richiama a un'osservanza religiosa degna di uomini liberi.
* "Che cosa voleva fare Gesù con questo piccolo gruppo di discepoli che, mangiando con mani immonde, sfidavano apertamente non solo farisei e scribi, ma una tradizione, fortemente radicata nel popolo, che interpretava tale uso come prescritto dalla legge di Mosè? Gesù in altre parole, era un rivoluzionario che incitava a disobbedire alla legge?… o voleva portare a compimento la legge di Mosè con la novità del vangelo? Fu detto agli antichi, ma io vi dico: il Verbo che un giorno parlò al popolo di Israele attraverso Mosè, ora si è fatto carne" (mons. Giovanni Benedetti).
* È chiaro che anche Gesù sapeva bene che la propria fede deve trovare espressione nelle leggi, nelle disposizioni, nella ritualità, nelle pratiche di pietà. Lui si scaglia soltanto contro le leggi e le pratiche che diventano fine a se stesse. Perché non è in esse che si trova la salvezza.
* La prima lettura ha sottolineato l'importanza che la legge aveva presso gli ebrei. Essi ne avevano una concezione specialissima. Era per loro "parola di Dio", esprimeva la sua volontà. La fedeltà all'alleanza passava attraverso la sua osservanza scrupolosa. I profeti la presentano con parole sublimi, e invitano a viverla con coerenza, come fa Isaia, citato dallo stesso Gesù: "Questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di precetti umani" (29,13).
* Una delle parole più ricorrenti negli scritti dei profeti, ma anche nelle letture che ci vengono proposte oggi, è la parola "cuore", che nella Bibbia non indica però nulla di sentimentale, ma la zona più interna e personale dell'uomo, la sua coscienza, il suo essere profondo, il suo atteggiamento globale nei confronti della vita. È di lì che parte, come dice Gesù, ogni malvagità, e si realizza o si rifiuta la fedeltà all'alleanza.
* Gesù prende decisamente le distanze da un'osservanza della legge automatica, rigida, pignola, ossessiva. Con il tempo l'organizzazione legislativa si era moltiplicata fino a originare 613 leggi: 248 ordini (uno per ogni ossa del corpo umano) e 365 proibizioni (una per ogni giorno dell'anno). Basta pensare a come ieri (ma ancora oggi) gli ebrei vivono il sabato, per capire che la legge era diventata per loro un impedimento a condurre una vita normale. Il moltiplicarsi delle leggi infatti e l'osservanza minuziosa si trasformano inevitabilmente in schiavitù. È da questa legge che l'apostolo Paolo affermerà che il cristiano è stato liberato.
* Come dicevamo, Gesù in questo è radicale e non reagisce tanto a questa o a quella legge, ma al fatto che la legge possa avere efficacia per se stessa, per una semplice osservanza automatica, perché anche un corpo ben lavato e purificato può nascondere cattivi sentimenti e ospitare un cuore lontano dallo spirito della legge. Anche il "segno di pace", che saremo chiamati scambiarci nel corso di questa celebrazione, e la stessa comunione eucaristica, possono diventare poca cosa, se non nascono dal cuore, se non hanno in se stessi una carica di verità.
* In ogni tempo la chiesa è chiamata a liberarsi dal fariseismo e da una falsa espressione di religiosità, che siano vissute come pretesto per non vivere con onestà e giustizia. Accendere una candela, fare celebrare delle messe, recitare il rosario, partecipare a una processione, avere il portafoglio pieno di immagini sacre possono essere ottime espressioni di religiosità, ma non salvano per se stesse, se non sono accompagnate dalla fede e dalla disponibilità alla conversione del cuore e alla tensione verso una vita nuova. Non basta frequentare i santuari se poi non ci preoccupiamo della onestà nella nostra vita professionale, delle persone che frequentiamo, dei discorsi che facciamo, dei film che vediamo, dei libri e delle riviste che leggiamo. Un'ingiustizia, una vendetta, un egoismo non si giustificano con una benedizione. La vera religione, ci dice oggi san Giacomo, consiste "nel non lasciarsi contaminare da questo mondo".
* Al tempo di Gesù il moltiplicarsi delle leggi oscurava proprio l'alleanza, quella che nasce da un rapporto profondo tra Dio e l'uomo. Una pratica di pietà che non tocca dentro, che non cambia l'anima, illude soltanto e rende ipocriti. Gesù chiede di essere semplicemente persone piene di dignità, schiette con se stesse, che rifiutano di fare cose di cui non sono convinte e che non esprimono alcuna verità interiore.
* In questo senso la chiesa è chiamata a un cammino di costante purificazione, rinnovamento, adattamento anche nei suoi riti e nelle varie espressioni di religiosità, perché esprimano sempre più facilmente e con trasparenza una fede dinamica, fresca, in linea con la sensibilità dell'uomo e del suo tempo.

Le grandi cerimonie pontificie

"Grande apparenza e formalismo; grandi rappresentazioni, ma dentro poca sostanza, poco spirito". Così il cardinale di Milano Ildefonso Schuster scrivendo a don Giovanni Calabria a proposito delle cerimonie pontificie vaticane a cui aveva partecipato.

 Umberto DE VANNA

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